Sempre più spesso si sente parlare di Medicina unica e Salute unica (One health) e della possibilità/necessità che un approccio integrato tra le due medicine, umana e veterinaria, possa rappresentare un valido metodo per gestire le problematiche sanitarie che alla luce della globalizzazione sempre più comportano nuovi scenari di emergenze che difficilmente riescono a mantenersi […]
Sempre più spesso si sente parlare di Medicina unica e Salute unica (One health) e della possibilità/necessità che un approccio integrato tra le due medicine, umana e veterinaria, possa rappresentare un valido metodo per gestire le problematiche sanitarie che alla luce della globalizzazione sempre più comportano nuovi scenari di emergenze che difficilmente riescono a mantenersi all’interno di scenari classici che, ormai incongrui, non sono in grado di affrontarle come ad esempio il concetto di “malattia esotica” che, anche alla luce di quanto si verifica nel nostro pianeta anche razie al mutamento del clima, non può più rappresentare un approccio realistico sia dal punto di vista operativo sia in ambito di ricerca.
Detto questo possiamo sostenere che in Italia questo concetto è da sempre presente poiché la medicina veterinaria, anche negli stati preunitari, ha sempre visto la sua collocazione nella sanità intuendo quanto la cura e la prevenzione delle epizoozie fosse naturalmente vantaggiosa tutelando, oltre all’economia (produzioni zootecniche e alimenti di origine animale), la salute umana con la prevenzione delle zoonosi soprattutto di quelle alimentari.
Quindi la collocazione nell’amministrazione sanitaria invece che in quella dell’agricoltura, come nella quasi totalità di nazioni è sicuramente da considerare sì un’anomalia ma positiva e rappresentativa di un modello che appunto a pieno titolo rappresenta anche una peculiarità socio-economica del nostro paese sin dalla sua unificazione.
Infatti tale ordinamento prende origine da allora quando, su proposta del primo direttore della Sanità del Regno Luigi Pagliani, veniva riformata da Francesco Crispi l’organizzazione sanitaria e quindi alla fine del 1888 veniva emanata una con cui si stabiliva l’unicità dell’organizzazione della sanità: i servizi medico e veterinario venivano entrambi inseriti all’interno del Ministero dell’Interno mentre prima del 1865 erano separati dando così, come detto, una primogenitura italiana a quel modello di attività di medicina unica attualmente conosciuto come One Health.
Questa visione fu ulteriormente ribadita, e per certi versi rafforzata, con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale vedendo la collocazione operativa della veterinaria nei Dipartimenti di Prevenzione delle aziende sanitarie con un’unica ma grande pecca che perdura a tutt’oggi e cioè quella del costante sottofinanziamento, anche rispetto a quanto stabilito come minimo di legge, delle risorse e questo, seppur con diversificazioni, in tutte le regioni italiane.
Questo sta anche ad indicare la costante scarsa propensione della politica nazionale, ma anche regionale, ad assegnare le giuste risorse alla prevenzione primaria (mantenere sani i sani) i cui risultati non si colgono immediatamente e la cui valutazione, a differenza delle attività cliniche, è di difficile effettuazione col deludente risultato che politici e amministratori troppo assillati dal contingente difficilmente fanno sforzi per investire nella prevenzione che non paga se non sul lungo periodo.
Un esempio che può valere per tutti è rappresentato dall’eradicazione nel 1974 della rabbia (la madre di tutte le zoonosi) che ha comportato anche un decisivo cambiamento nel rapporto uomo-cane che fino ad allora vedeva in quest’ultimo un amico sì ma da tenere a dovuta distanza visto il ruolo di “untore” che poteva assumere all’improvviso. Ora i cani sono, insieme a molti altri animali, una presenza fissa nelle nostre case tanto che qualcuno ne chiede (!) l’inserimento nello stato di famiglia. A questo riguardo va ricordata un’altra “invenzione” italiana rappresentata, in un mondo sempre inurbato, dall’Igiene Urbana Veterinaria a cui compete studiare e affrontare le problematiche nel rapporto uomo/animali in ambiente urbano.
Il quadro è completato ricordando un’altra peculiarità rappresentata dalla rete dei dieci Istituti Zooprofilattici Sperimentali che, nati per fornire assistenza agli allevatori, hanno ampliato le loro attività e competenze contribuendo ad assicurare anche con la ricerca la salute dei cittadini italiani.