L’articolo 5 del Jobs Act modifica l’attuale regime di deducibilità di alcune spese inerenti alla formazione dei medici e di tutti i lavoratori autonomi. Il nuovo regime prevede l’integrale deduzione, entro un limite massimo annuale, delle spese per l’iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale
Tutele per i lavoratori autonomi. Si torna a parlare del Ddl “Jobs act autonomi” (n. 2233 proposto dalla Commissione Lavoro con firmatario il presidente Maurizio Sacconi) che dopo la presentazione del Governo Renzi d’inizio 2016 e il lasciapassare ottenuto ad agosto da parte della Commissione Lavoro del Senato, è stato discusso il 26 ottobre in occasione della consultazione definitiva dell’Aula di Palazzo Madama, ultima fermata prima della revisione ufficiale della Camera. Prossimo appuntamento il 2 novembre. Nella riforma in discussione, particolarmente rilevante l’articolo 5 del testo, sulle norme di carattere fiscale inerenti alla deducibilità dei costi per i liberi professionisti.
Cosa cambierà? Attualmente le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale, incluse quelle di viaggio e soggiorno, sono deducibili nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Una volta che il Ddl sarà entrato in vigore, i liberi professionisti potranno detrarre per intero dal reddito spese, un massimo di 10 mila euro impiegati per l’aggiornamento formativo, master, congressi e potranno inoltre beneficiare dello stesso diritto circa gli esborsi sostenuti per l’orientamento, la ricerca di servizi lavorativi e la certificazione personale delle competenze per un massimo di 5 mila euro l’anno. Un cambiamento fiscale non da poco che sicuramente rappresenterà un impulso per incentivare la formazione professionale.
Insomma si va verso una norma che prevede la deducibilità totale delle spese. Lo conferma Giuseppe Renzo, presidente dalla Commissione albo Odontoiatri della Fnomceo che sul Sole 24 Ore dichiara che la novità è: «All’interno del disegno di legge n. 2233 attualmente in discussione presso la Commissione Lavoro del Senato, in cui è inserito l’art. 5 sulla “Deducibilità delle spese di formazione e accesso alla formazione permanente”. Spese integralmente deducibili, entro il limite annuo di 10.000 euro». E che siano deducibili «Entro il limite annuo di 5.000 euro le spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi accreditati ai sensi della disciplina vigente – Conclude Renzo -. Siamo soddisfatti per l’inserimento nello “Statuto dei lavoratori” autonomi della totale deducibilità delle spese di formazione continua dei professionisti, inclusi odontoiatri e medici».
Ma qual è il panorama del lavoro autonomo in Europa e soprattutto quale lo stato d’animo dei medici e dei professionisti in generale relativamente alla formazione obbligatoria? In Italia è evidente che tra i diritti reclamati dai liberi professionisti, è tenuto particolarmente a cuore il tema delle deduzioni fiscali rispetto alla formazione essenziale ai fini dell’esercizio della professione.
E nel resto d’Europa? Cosa pensano i lavoratori autonomi francesi, inglesi e tedeschi, del diritto all’aggiornamento? Oggi in Europa i lavoratori autonomi sono oltre 9,5 e rappresentano il 4% della forza lavoro. In molti Paesi, specialmente europei e del mondo anglosassone vi è stata una ulteriore evoluzione della formazione, dall’Educazione Continua (ECM) allo Sviluppo Professionale Continuo (CPD Continuous Professional Developement). Esso indica il mantenimento sistematico, il miglioramento e la continua acquisizione di conoscenze, abilità e competenze non solo nella propria area professionale ma anche in altre discipline. Questo ovviamente comporta costi per i professionisti, infatti i sistemi CPD di tutta Europa sono molto articolati e mostrano criteri differenti in base alle professioni ed ai Paesi. Nonostante le differenze, in ogni caso, in tutti i Paesi, i professionisti evidenziano un elemento comune: l’onere dei costi e la mancanza di tempo come le principali barriere alle attività di aggiornamento.
«In Francia, ad esempio, il programma CPD include tutte le professioni sanitarie (1,7 milioni di professionisti) ed esclude ogni relazione con i produttori e distributori di farmaci e presidi» spiega Sergio Bovenga, Comitato Centrale FNOMCeO che getta luce sul sistema di educazione continua nel settore medico in Francia. «I programmi CPD sono approvati dopo valutazione indipendente di un comitato scientifico sulla base di criteri stabiliti. Gli obblighi in materia di CPD vengono soddisfatti una volta che il professionista partecipa a qualsivoglia programma. I cambiamenti chiave introdotti nel 2016 (sempre in Francia) sono: ottemperare all’obbligo CPD in un periodo di 3 anni, l’obbligo deve combinare l’aggiornamento delle proprie conoscenze, una valutazione della pratica professionale ed il risk management. Ci deve essere un dossier elettronico personale. Infine l’obbligo CPD dovrebbe comprendere attività in linea con le priorità definite dal ministero della salute e dagli Ordini professionali».
«I dati pubblicati dal Ministero della Salute Francese nel 2014 hanno evidenziato che solo il 31,8 dei medici ed il 13,5 degli odontoiatri francesi compie completamente il percorso formativo CPD e questa è la ragione per la quale a febbraio 2016 sono state introdotte alcune modifiche al sistema».