Flash mob e proteste davanti alle università. Solo uno studente su 7 potrà frequentare medicina e sul test scattano le polemiche sulle irregolarità
«Sogno di diventare medico, ci proverò fino a quando non ci riesco. In tutti i modi possibili…». È questa la frase che in modo motivato e convinto ripetono tanti ragazzi al termine dei test di ingresso alle facoltà di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria che hanno inaugurato la “lotteria” del numero chiuso in versione 2016. È questo il giorno fatidico che segna l’inizio della storia di un giovane medico o la sua prematura fine.
«Questi test sono solo una muraglia insormontabile – spiega Elisa Marchetti, Coordinatrice nazionale UDU –. Ogni anno ci troviamo di fronte a domande sbagliate, nozionismo fine a se stesso, violazioni dell’anonimato e altre irregolarità. Noi vogliamo aprire un dialogo con il Miur per ridiscutere questo esame. Ma nel frattempo per i tanti e troppi studenti che rimarranno fuori ingiustamente, l’unica possibilità resta quella dei ricorsi. Ogni anno come UDU raccogliamo segnalazioni alla nostra email ricorsi@unionedegliuniversitari.it».
Uno dei siti storicamente più attivi per raccogliere le segnalazioni e attivare i ricorsi legali è www.numerochiuso.info che già in queste ore sta valutando le tante mail arrivate dagli studenti di tutta Italia al noto sportello virtuale. «È un’assurdità questo test a crocette che non fa che ledere i diritti degli studenti», rincara la dose Andrea Torti, Coordinatore di Link che porta al collo, insieme a tanti suoi colleghi, un significativo cartello con su scritto “Volevo fare il medico ma ho trovato CHIUSO”. «Il numero chiuso fa parte della strategia per smantellare la sanità pubblica a favore di quella privata. La diretta conseguenza del numero chiuso è la riduzione del numero di medici che lascia quelli presenti nelle strutture pubbliche schiavi di interminabili turni massacranti per riuscire ad assistere tutti i pazienti», conclude Gianluca Lang FGC Sapienza.
Un futuro nella sanità resta l’obiettivo di migliaia di neo-diplomati, ma a fronte di un numero sempre maggiore di candidati, ci sono sempre meno posti a disposizione. È, dunque, tutta in salita la già ripida strada da intraprendere per diventare medico. E lo è fin dai primi metri. Il primo ostacolo da superare è appunto il temutissimo test di ammissione. Nei 38 atenei italiani, sedi del concorso, si sono presentati in 62.695 (lo scorso anno erano 60.639), ma di questi solo 9224 entreranno a Medicina e 908 ad Odontoiatria. Statisticamente, dunque, ci sono pochissime possibilità di farcela: uno ogni 6,5 aspiranti medici.
Ai freddi numeri va sommata la difficoltà della prova: in appena 100 minuti bisogna rispondere a 60 domande, potendoci dunque ragionare, per ognuna, al massimo per una novantina di secondi. Un tempo, oggettivamente, troppo breve per poter segnare la carriera universitaria, e di conseguenza il futuro professionale, di ragazzi appena maggiorenni. Per questo, da anni, gli studenti – insieme a coordinamenti e associazioni di riferimento ma anche avvocati, studi legali e gruppi di tutela – chiedono un sistema di selezione più meritocratico ed ispirato a criteri trasparenti. Nonostante le proteste, però, ben poco è cambiato.
Per questo all’università “Sapienza” di Roma dove hanno svolto la prova 5457 ragazzi (lo scorso anno erano 4990), dislocati in 77 aule della città universitaria, la prova è stata preceduta, come in altri atenei italiani, dai “flash mob” e dalle proteste dei sindacati studenteschi e dai principali riferimenti associativi degli universitari con un prologo messo in scena durante la notta davanti alla sede del Miur. Distribuita anche una guida-vademecum per tutelarsi durante e dopo il test nel caso di eventuali anomalie e presunte irregolarità.
Obiettivo, dunque, puntato al post-test senza particolari rimpianti sulla prova effettuata fatta eccezione per qualche domanda, soprattutto quelle di logica, particolarmente insidiosa sulle quali in molti hanno preferito lo 0 della mancata risposta piuttosto che rischiare il -0,4 in caso di errore. «Meglio non rischiare», hanno spiegato diversi candidati che hanno raccontato di aver passato l’estate, ed i mesi precedenti alla maturità, a prepararsi per la prova. Sul sistema del Numero Chiuso, invece, orientamento piuttosto disomogeneo tra pro e contro, ma tutti concordi sulla necessità di rivedere la prova in modo da renderla più meritocratica e meno legata alla fortuna o all’emotività.