Il Segretario del Sindacato Unitario Medici Ambulatoriali Italiani e nuovo portavoce di Alleanza per la Professione Medica parla dei temi caldi della categoria alle prese con Legge di Bilancio e rinnovi contrattuali
Contratti da rivedere «dopo 8 anni», una Legge di Bilancio che rischia di «affossare il Servizio sanitario», un’Alleanza per la Professione Medica da rivedere e rendere «più unita», in modo da evitare di disperdere le energie e «riuscire ad aggregare altre figure che, al momento, non ne fanno parte». Antonio Magi, Segretario Nazionale di SUMAI Assoprof, nonché portavoce di APM (Alleanza per la Professione Medica) spazia ai nostri microfoni sulle tematiche più calde che sono al centro del dibattito politico e sanitario di questo autunno e che continueranno a tenere banco per i prossimi mesi. Il tutto nel giorno in cui, con l’incontro convocato dall’Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) e rivolto ai sindacati, è entrata nel vivo la trattativa per il rinnovo del contratto del comparto sanitario.
Segretario Magi, si è da poco concluso il 50° Congresso del Sindacato. Tirando un po’ le somme cosa ne è uscito?
«È stato un bel congresso in cui abbiamo registrato una grande partecipazione. Tantissimi delegati sono venuti da tutta Italia per discutere un programma ben preciso per quel che riguarda la specialistica ambulatoriale, che rappresenta un rilancio della categoria in quanto è un unicum a livello internazionale. Si parla tanto di prendere in carico le malattie croniche e in questo momento la sanità italiana ha una figura professionale che tutti gli altri Paesi europei ci invidiano: lo specialista del territorio, che è l’anello di congiunzione fondamentale tra l’ospedale e la medicina generale. Il congresso è servito proprio per mettere a fuoco questo argomento, e devo dire che tra i vari interventi è stata proposta una modalità nuova di intervento e di integrazione tra le varie parti, in quanto non dobbiamo più parlare di figure differenziate nella sanità, che è un tutt’uno».
Legge di bilancio e contratto, quali sono le tematiche più calde di quest’autunno?
«Effettivamente, sarà un autunno molto caldo. Sono otto anni che non viene fatta una trattativa economica dei vari contratti. Nel frattempo, la specialistica ambulatoriale ha fatto grandi passi avanti perché ha cercato di venire incontro a quelle che sono le esigenze della sanità nazionale, attraverso un contratto normativo nel 2015 ai sensi della Legge Balduzzi, proprio per cominciare ad organizzare il territorio, quindi fare un contratto per un sindacato senza parte economica è un senso di grande responsabilità. Ovviamente, nella Legge di Bilancio non sono stati previsti i fondi necessari per la sanità pubblica per il rinnovo dei contratti, e questo è un brutto segnale perché prefigura un affossamento del Servizio sanitario nazionale. Recentemente c’è anche stata la dichiarazione di Garavaglia [Presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità, nda] che ha messo in evidenza il fatto che mancano i fondi previsti per i rinnovi dei contratti. Questo rimpallo di responsabilità non è un fatto positivo e per noi i responsabili sono tutti: lo Stato, che ha delle responsabilità ben precise date dalla Costituzione, ma dalla riforma del Titolo V anche le Regioni non sono più esenti da colpe. Io chiedo un senso di responsabilità da parte delle Istituzioni che devono mettere a disposizione le risorse, ognuno per proprio conto, necessarie per mantenere in vita il Servizio sanitario, che è un elemento fondamentale in questo Paese».
Facciamo un passaggio sull’Alleanza per la Professione Medica, di cui Lei è portavoce. Cosa deve fare questo soggetto per migliorare il proprio apporto alla sanità italiana?
«L’Alleanza per la Professione Medica ha intenzione di mettere in campo varie argomentazioni che riguardano sia l’atto medico, quindi la tutela della professione medica, che la politica sanitaria. La nostra è un’alleanza tra varie figure e varie organizzazioni sindacali finalizzata non soltanto ad una politica sindacale comune, ma anche alla “sponsorizzazione” e alla difesa della professione. Oggi purtroppo non si sa chi deve fare cosa e come deve farla: ci sono i medici che vogliono fare i direttori di aziende, i farmacisti che vogliono fare i medici, gli ospedalieri che vogliono fare i medici territoriali, e così via. Se ognuno facesse il proprio lavoro nel migliore dei modi sarebbe l’ideale, e secondo me è necessario che tutti si mettano insieme, ognuno per le proprie capacità, per un obiettivo comune, che è la salute del cittadino. Questa è una delle finalità che l’Alleanza per la Professione Medica vuole portare avanti. Per farlo dobbiamo capire che è necessario cambiare paradigma: non siamo tanti pezzi isolati di una sanità divisa, ma un unico gruppo che lavora per il cittadino».
Quindi servirebbe un maggior coordinamento tra le varie sigle che compongono l’Alleanza, e magari evitare fughe in avanti da parte di qualche soggetto che agisce in maniera un po’ più indipendente dagli altri.
«Secondo me sì, assolutamente. Bisognerebbe ritrovare un’unità più completa. La nostra idea di fondo è che attraverso APM, con questa nuova modalità e questi programmi, dobbiamo cercare di creare le condizioni per cui ci sia maggiore aggregazione di altre figure che in questo momento non ne fanno parte».