«La tecnologia può supportare il malato e chi lo assiste. Necessario renderne effettivo l’uso e la sua accettazione anche in contesti sociali e organizzativi» così l’ingegner Mauro Grigioni, direttore del centro TISP all’ISS, in occasione del Convegno ‘La figura del caregiver: tecnologie e ausili per migliorare la qualità della vita’ tenutosi all’Istituto Superiore di Sanità
In Italia sono il 17.4% della popolazione (dati Istat). Parliamo dei caregiver, professionisti o familiari che si prendono cura di pazienti fragili con disabilità, infermità o malattia. Un lavoro non facile, che richiede molta dedizione, cui si affiancano diverse tecnologie in grado di supportare il difficile compito. Ma quali sono le tecnologie in grado di dare sostegno al paziente e al caregiver? Ne abbiamo parlato con l’ingegner Mauro Grigioni, direttore del centro TISP all’ISS, in occasione del Convegno ‘La figura del caregiver: tecnologie e ausili per migliorare la qualità della vita’ tenutosi all’Istituto Superiore di Sanità.
«Negli ultimi anni – ha spiegato Grigioni – è stato riconosciuto che il pieno coinvolgimento del caregiver nell’assistenza favorisce l’inclusione del paziente e ne migliora la qualità di vita, tanto che la sua figura è stata riconosciuta dal punto di vista legislativo: la legge di bilancio 2018 ha, infatti, istituito un fondo di 20 milioni di euro l’anno per il triennio 2018-2010. Dobbiamo poi renderci conto che siamo in un momento di trasformazione digitale di tutta la società, non soltanto del SSN, e la Welfare technology, un concetto che viene dal nord Europa che si sta espandendo anche con i programmi comunitari della Comunità Europea, ci permetterà di mettere in rete alcune tecnologie e servizi che renderanno alcune attività dei caregiver fluide e semplici senza disuguaglianze».
Un tipo di personalizzazione che si può ottenere grazie agli algoritmi di intelligenza artificiale, che già sono stati inseriti in alcune piattaforme di ricerca della Comunità Europea. «Va detto che questa trasformazione digitale – ha aggiunto Grigioni – l’abbiamo imparata tutti attraverso i nostri smartphone, un complemento digitale alla nostra comunicazione che ci permette di avere accesso ad abilità anche laddove non le abbiamo o non abbiamo le competenze. Lo sviluppo di competenze e abilità in qualunque persona con qualunque condizione, nel particolare contesto in cui si trova, permetterà di superare molte disuguaglianze che hanno i pazienti fragili o disabili rispetto a chi fa vita attiva a 360°».
Non è più soltanto un problema di persone anziane ma di tutte quelle persone che perdono o non hanno delle competenze a causa di malattia o dalla nascita. Si pone necessaria dunque un’operazione di sistema per integrare la tecnologia in contesti sociali e organizzativi. Qualche esempio? «Sicuramente lo smartphone – ha risposto Grigioni – che è in grado di permettere a una persona non vedente di indicargli dove ci sono gradini grazie a una mappa del luogo oppure può indicare come arrivare a uno sportello di un edificio pubblico. Questo è già possibile con alcune applicazioni. Un altro esempio è il monitoraggio delle condizioni di vita. Non tutti i braccialetti che sono in commercio sono dispositivi medici ma comunque danno informazioni sul battito, sull’attività motoria. Questo permette un monitoraggio di una persona cui si deve prestare sorveglianza. Non parliamo, poi, dei sistemi per far aderire una terapia farmacologica quindi prendere la medicina alla giusta ora. Si potrà fare molto di più aiutando anche i caregiver a superare alcune fatiche sia per quanto riguarda alcune barriere fisiche, come ad esempio il peso, sia alcune difficoltà psicologiche legate ad interventi continui e ripetitivi che possono essere sostituiti da macchine facendo salva la relazione umana con la persona assistita».