Dopo l’Epivir, il farmaco che ha trasformato la lotta all’AIDS, il Professor Francesco Bellini, Presidente di Klox Technologies, presenta a Roma un sistema rivoluzionario in grado di rimarginare piaghe e ferite gravi aperte da anni. E annuncia: «Apriremo ad Ascoli il centro di produzione mondiale»
Una lampada e un gel per curare piaghe e ferite gravi che non si rimarginano da anni. Sembra una tecnologia uscita direttamente da una puntata della serie tv Star Trek, e invece questo nuovo sistema biofotonico è stato appena presentato a Roma nella Sala Zuccari del Senato. LumiHeal, questo il suo nome, è un’innovazione «che sta cambiando e cambierà per sempre il modo di trattare questi danni – spiega ai microfoni di Sanità Informazione il Professor Francesco Bellini, Presidente di Klox Technologies, l’azienda che ha sviluppato il sistema – e permetterà, con la drastica riduzione dei tempi di guarigione, una cospicua riduzione dei costi di ospedalizzazione per le strutture sanitarie».
Andando nel dettaglio tecnico, il sistema è composto da un gel topico arricchito con molecole fluorescenti (cromofori) che fungono da foto-convertitori quando sono esposti ad una lampada multi LED. Nel procedimento viene sfruttata la combinazione tra la potenza della luce, la sua fluorescenza e l’ossigeno: illuminando determinati cromofori si innesca una cascata di reazioni biologiche a livello molecolare che ripristinano e riavviano il processo di guarigione delle ferite: «La tecnologia è tale che fra un paio di anni – chiarisce ancora Bellini – i pazienti potrebbero essere in grado di curarsi direttamente da casa, perché si tratta di un sistema molto semplice e alla portata di chiunque: tutto quel che c’è da fare è applicare il gel sulla ferita, illuminarla per cinque minuti e ripetere la procedura giorno per giorno. È tutto molto semplice e i costi sono veramente molto bassi, specialmente se paragonati a quelli di altri trattamenti in uso oggi. Per non parlare dei tempi di guarigione che vengono abbattuti».
In questo senso, i risultati finali degli studi effettuati e i casi clinici già affrontati dimostrano che il sistema biofotonico è facile e sicuro da utilizzare e ha un impatto positivo sulla riduzione del dolore e sul rischio di infezioni. Ha dunque tutte le carte in regola per poter diventare un’opzione ottimale per il trattamento e la gestione di lesioni di difficile guarigione e ferite croniche, che costituiscono il 4% dei costi totali del Servizio Sanitario Nazionale.
L’ideatore del sistema, insieme al suo team di Klox Technologies, è il Professor Francesco Bellini, protagonista di una storia personale che ha i contorni della leggenda. Nato ad Ascoli Piceno, Bellini all’età di 20 anni si è trasferito in Canada, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in chimica organica e dato il via alla sua brillante carriera: detentore di circa 30 tra brevetti e co-brevetti, ha collaborato alla fondazione dell’azienda farmaceutica BioChem Pharma, che ha immesso sul mercato il prodotto antivirale Epivir, il più utilizzato per combattere l’AIDS. Nel 2005 è stato nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e nel novembre 2012 ha ricevuto la laurea honoris causa in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche dalla Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute dell’Università di Camerino. Dal 1987 ad oggi ha ricevuto, in tutto il mondo, un totale di 27 tra onorificenze e premi legati alle sue attività in materia di imprenditorialità, ricerca scientifica ed economia. Ora tutte le sue energie in campo scientifico sono indirizzate alla biofotonica, ma la sua mente è già impegnata sulle prossime ricerche e i progetti in cantiere non finiscono qui: «Abbiamo delle società – ammette Bellini – che si occupano di studiare e combattere patologie come la tosse, i problemi alla vista e l’Alzheimer».
Bellini, nel corso della sua vita professionale, si è dunque contraddistinto per l’impegno nella ricerca e nell’innovazione farmaceutica ed è stato il primo a capire le potenzialità del sistema biofotonico, inizialmente pensato per la cura di bocca e denti: «Qualche tempo fa – spiega ancora Bellini – alcuni specialisti mi hanno convinto a fare ricerca e ad investire in questo tipo di tecnologia che, fino ad allora, veniva utilizzata solo per sbiancare i denti. L’abbiamo sviluppata e oggi possiamo utilizzare LumiHeal per trattare le piaghe e le ferite difficili. Quando ho visto i risultati dei primi trial su pazienti vittime di incidenti, a letto da molto tempo e impossibilitati a muoversi, non ci potevo credere: avevano ferite che non si rimarginavano da anni e grazie a questo sistema siamo riusciti a rimarginarle tra il 70 e l’80 per cento. Le potenzialità sono enormi: dai risultati che il prodotto ha ottenuto nei casi in cui è stato utilizzato su persone vittime di ustioni, possiamo dire che fa veramente dei miracoli…».
La sua lunga esperienza in Canada gli permette di giudicare con maggiore neutralità il sistema sanitario italiano, che definisce «un buon sistema, perché è accessibile a tutti. Ci si lamenta della sua lentezza, ma in Canada, che molti reputano il sistema sanitario migliore, bisogna comunque aspettare parecchio tempo…». Nonostante il suo forte legame con il paese nordamericano, Bellini ha sempre mantenuto un grande attaccamento alla sua terra d’origine, in cui, in questi anni, sta cercando di veicolare iniziative e investimenti: di recente è diventato il Presidente dell’Ascoli Picchio FC (la squadra di calcio della città che gioca in Serie B) e produce vino in quelle terre con la Cantina Domodimonti. Forte anche la sua preoccupazione per gli effetti dei recenti terremoti che hanno colpito Ascoli e le Marche: «Era una zona fiorente, ora non lo è più. Ecco perché ho promesso che, se questo progetto continuerà ad avere successo, farò anche qualcosa di bello per la comunità. In questo momento la produzione del gel per il LumiHeal è fatta da terzi, ma se tutto funziona come deve, apriremo un centro proprio ad Ascoli e impianteremo qui la produzione mondiale. Ne ho parlato al consiglio di amministrazione e ai miei dirigenti e siamo tutti d’accordo. L’apertura dell’impianto produttivo darebbe lavoro ai ricercatori e alle tante persone di questo territorio che sono in difficoltà».