One Health 20 Dicembre 2022 16:55

«Liquido seminale contaminato da metalli pesanti», nelle Terre dei Fuochi italiane è allarme sui giovani

Pubblicato lo studio che rileva altissime concentrazioni nello sperma più che nel sangue. Montano (SIRU): «Stili di vita corretti non bastano, occorrono interventi ambientali per preservare fertilità»

«Liquido seminale contaminato da metalli pesanti», nelle Terre dei Fuochi italiane è allarme sui giovani

Concentrazioni massicce di metalli rilevate nello sperma di ragazzi in perfetta salute e con stili di vita e alimentari esemplari. Il dato di è già per sé è allarmante, perché accende un riflettore sulla limitatezza dell’impatto che i comportamenti volontari individuali hanno sulla nostra salute rispetto ai fattori ambientali. Ma le dimensioni numeriche del fenomeno sono ancora più inquietanti: sono infatti stati pubblicati su International Journal of Environment Research and Public Health i risultati del primo studio di biomonitoraggio umano per la ricerca di 26 metalli nel sangue e nello sperma mai effettuato su giovani maschi sani (323) non fumatori con età media di 19.5 anni, omogenei per caratteristiche antropometriche e stile di vita, residenti in tre aree geografiche fortemente inquinate: Brescia-Caffaro, Valle del Sacco, Terra dei Fuochi.

I risultati dello studio FAst

Lo studio, denominato FASt (Fertilità, Ambiente, Stili di Vita) coordinato da Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL Salerno nonchè Presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU), e finanziato dal Ministero della Salute all’ASL Salerno in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, Università di Brescia, Napoli, Milano, ENEA, segue uno studio precedente pubblicato nel 2021 effettuato sullo stesso campione umano. Ebbene, se nello studio del 2021 si evidenziarono sì alti rischi riproduttivi nei giovani ragazzi di queste aree, ma anche gli effetti benefici di dieta mediterranea ed attività fisica sulla fertilità, ora il discorso è diverso. Gli autori della pubblicazione, Luigi Montano e Marco Trifuoggi, prof. Associato di Scienze Chimiche dell’Università Federico II di Napoli, ci spiegano perché. «Stavolta sono state osservate differenze statisticamente significative nel contenuto di metalli fra i tre gruppi di maschi, da mettere in relazione più alle condizioni ambientali di residenza che agli stili di vita individuali. Le differenze fra le aree, peraltro – affermano gli autori – si sono rivelate maggiormente nello sperma piuttosto che nel sangue, indicando il liquido seminale come bio-accumulatore, precoce e sensibile indicatore di esposizione ambientale».

L’impatto della contaminazione nelle varie aree

Lo studio ci dice che nell’area di Brescia-Caffaro i valori dell’arsenico superano la media riscontrata in giovani adulti di età compresa tra i 18 e 35 anni dall’Istituto Superiore di Sanità, ed il fenomeno di bioaccumulo è più evidente nello sperma rispetto al siero ematico, sia per macro-elementi essenziali sia per elementi in tracce non essenziali e potenzialmente tossici. In particolare, le concentrazioni di arsenico, bario, litio, piombo, rubidio, antimonio, stagno e stronzio sono da 2 a 10 volte superiori nel seme rispetto al siero ed emergono differenze più marcate tra le tre aree investigate. Si tratta per la maggior parte di metalli correlati all’inquinamento industriale (insistente soprattutto nell’area Brescia-Caffaro e Valle del Sacco) ma anche utilizzati, nonostante i divieti, in agricoltura come pesticidi ed erbicidi (l’arsenico), oppure, come il piombo, presenti nelle verdure coltivate nei pressi di discariche abusive (particolarmente impattanti nel Casertano). Lo zinco, che svolge un ruolo critico nella spermatogenesi e nella stabilizzazione della membrana degli spermatozoi e della cromatina nucleare, è in concentrazione 10 volte superiore nel seme rispetto al siero e concentrazione due volte superiore nell’area di Brescia-Caffaro. «Secondo i nostri risultati – afferma Montano –  la determinazione degli elementi potenzialmente pericolosi, simultaneamente, nello sperma umano e nel siero del sangue, potrebbe essere utile per ipotizzare una correlazione con l’inquinamento ambientale e in particolare il liquido seminale può essere identificato come nuovo biomarcatore dell’esposizione ambientale».

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Infertilità: un’emergenza globale

Proprio la questione dell’estrema sensibilità del liquido seminale quale “sentinella” precoce della Salute Ambientale e Generale rappresenta il fulcro del Progetto di ricerca EcoFoodFertility, coordinato anch’esso dal dottor Montano. EcoFoodFertility, che dalla Terra dei Fuochi si è ampliato coinvolgendo nella ricerca diverse aree italiane e non e altrettanti enti universitari e di ricerca, trova ulteriore conferma in questo studio finanziato dal Ministero della Salute, indicando proprio negli “indicatori di fertilità” come il seme di un possibile nuovo approccio per la valutazione precoce di impatto ambientale, sorveglianza sanitaria e prevenzione primaria per le popolazioni a rischio. «D’altronde – osserva Montano – gli inquinanti ambientali, hanno come bersaglio elettivo proprio il sistema riproduttivo, in particolare maschile, tanto che diversi studi descrivono un calo progressivo della qualità seminale negli ultimi decenni ed un calo globale della conta spermatica per millilitro del 51.6% dal 1973 al 2018, con un forte accelerazione del calo negli ultimi 20 anni anche in aree del mondo una volta ritenute ad alta fecondità come Africa, Asia, Sudamerica. L’infertilità maschile è un’emergenza globale che mette a repentaglio la salvaguardia della specie umana – conclude Montano – ma sulla quale non vi è ancora piena consapevolezza in ambito politico e sanitario».

 

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