L’esperto: «La legislazione italiana è la più stringente, ciononostante non tutti i ristoranti rispettano le norme anti-contaminazione»
Secondo il rapporto dell’OMS del 2015 sulle tossinfezioni alimentari, ogni anno in Europa 23 milioni di persone si ammalano a causa del consumo di cibo contaminato e 5 mila sono i decessi correlati. Reazioni allergiche, intossicazioni, parassiti intestinali: può capitare che da un momento conviviale come può essere il consumare un pasto al ristorante possano scaturire queste spiacevoli conseguenze. In alcuni casi (per fortuna isolati) queste conseguenze possono essere drammatiche, come insegna la vicenda della morte di un quindicenne napoletano, avvenuta alcune settimane fa dopo un’intossicazione da sushi all you can eat.
Un episodio che ha riacceso i riflettori sui temi della sicurezza alimentare, su quella filiera che va dall’approvvigionamento delle materie prime fino al piatto servito in tavola, passando per le modalità di conservazione e preparazione. E, ovviamente, per i controlli, che in Italia sarebbero particolarmente accurati rispetto a quanto accade negli altri Paesi. Ce ne ha parlato nel dettaglio il dottor Raffaello Robertiello, tecnologo alimentare, Responsabile qualità e HACCP presso uno dei principali gruppi di ristorazione collettiva del Sud Italia.
«La legislazione italiana in materia è tra le più stringenti al mondo, così come la gestione delle verifiche e dei controlli per cui in linea teorica i rischi sarebbero minimi. Ma veniamo alla pratica. I rischi maggiori che si corrono mangiando al ristorante riguardano sicuramente le allergie: non tutti i ristoranti rispettano adeguatamente le norme atte ad evitare le contaminazioni per chi soffre di celiachia e allergia al lattosio. In secondo luogo troviamo le intossicazioni come la salmonella e in generale le infezioni batteriche riconducibili a una cattiva gestione delle materie prime o dell’igiene del personale, come tifo, paratifo, colera, anisakis, epatite a».
«Sicuramente i ristoranti in cui viene servito pesce crudo hanno un margine di rischio molto maggiore. Questo perché la catena del freddo, che prevede l’abbattimento del pesce fresco a -18°, deve essere scrupolosamente rispettata dal momento della pesca (entro 2 o 3 ore al massimo) fino a quando il prodotto non viene conservato, lavorato e servito. La cottura consente di evitare molti rischi, ma in generale è bene conoscere l’origine del pescato, se lontano da zone di scarico che costituiscono un forte rischio di colera o anche di epatite a. Per quanto riguarda la carne, invece, particolare attenzione alla cottura soprattutto della carne di suino, che potrebbe essere veicolo di tenia, il parassita comunemente conosciuto come “verme solitario”. Questo rischio si abbatte solamente con la cottura, ad una temperatura di almeno 85 – 90°.
«I parametri che un esercizio di ristorazione deve rispettare sono molti: innanzitutto deve redigere il manuale HACCP, cioè il controllo dei punti critici ovvero dove potrebbero esserci delle contaminazioni e dei rischi per il consumatore. C’è poi il controllo della merce in entrata, il controllo delle date di scadenza, dell’integrità delle confezioni, assicurare una corretta conservazione dei cibi separandoli in base alla temperatura richiesta, rispettare le corrette modalità di scongelamento, le tempistiche tra le preparazioni e il servizio, controllare l’igiene degli strumenti, dal cuocipasta alla friggitrice passando per i taglieri che, ricordiamo, devono essere in plastica e non in legno».
«I controlli dipendono dal tipo di esercizio di ristorazione. Se oltre all’HACCP ci sono anche degli standard qualitativi cioè delle certificazioni ISO9001, saranno gli stessi enti che hanno rilasciato la certificazione ad effettuare i controlli, oltre alle Asl che inviano periodicamente le loro squadre per effettuare controlli a campione, sia di tipo burocratico, che visivo, sia qualitativo sulle preparazioni. In caso di segnalazione, invece, intervengono i NAS».
«È molto importante avere occhio, come si dice, guardarsi intorno per capire se qualcosa non va. L’abbigliamento del personale è un biglietto da visita importante, è fondamentale che sia pulito e in ordine, così come la pulizia delle unghie. Buon segno se il ristorante dispone di cucina a vista, che permette di osservare lo stato dei vari elementi e strumenti. La pulizia dell’ambiente, dei tendaggi, del tovagliato e delle stoviglie è un segno positivo, così come quella degli utensili “in comune” come oliera e saliera. Ma la cosa davvero fondamentale, e qui torniamo al principio del nostro discorso, è che sul menu siano specificati gli allergeni. In particolare, per tutelare i clienti affetti da celiachia, è necessario che ci sia un’area della cucina adibita esclusivamente alla preparazione di alimenti per celiaci, con utensili adibiti esclusivamente alla lavorazione degli alimenti per celiaci, che gli alimenti per celiaci vengano conservati in un’area separata dagli altri cibi, per evitare qualsiasi contaminazione».
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