I progetti già realizzati da Intersos, il vicedirettore regionale per l’Afghanistan: «Operativi due Trauma Point, due centri di salute e tre cliniche mobili. Trattiamo la malnutrizione grave tra i bambini. Sosteniamo psicologicamente, legalmente ed economicamente le categorie fragili»
«Mentre le temperature scendono sotto lo zero, mancano cibo e beni di prima necessità: la vita di un milione di bambini è in pericolo. Diciotto milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari urgenti, 3,5 milioni in più del 2018». Matteo Brunelli, vicedirettore regionale di Intersos per l’Afghanistan, racconta così le condizioni in cui versa il Paese. Una situazione che ha visto con i propri occhi durante la sua ultima missione in Afghanistan, la quinta degli ultimi ventiquattro mesi, dopo due anni consecutivi trascorsi nel Paese.
I progetti di Intersos, attivi da vent’anni in Afghanistan, sono concentrati nelle province di Kandahar e Zabul, dove l’associazione umanitaria garantisce il supporto a diversi centri di salute primaria. «Forniamo attrezzature sanitarie, medicinali, ma ci occupiamo anche del salario di medici e professionisti sanitari – dice Brunelli -. Il Sistema Sanitario Nazionale è controllato dal Ministero della Salute ma, considerata la grave crisi governativa in atto, non ci sono più i soldi per sostenerlo: sono mesi che gli specialisti non ricevono lo stipendio».
Nonostante il periodo turbolente attraversato dall’Afghanistan renda più difficile portare avanti anche i progetti già in essere, Intersos punta ad allargare le sue attività durante il 2022. «Vogliamo poter garantire una maggiore tutela della salute materno-infantile», spiega Bruelli. In Afghanistan solo il 60% dei parti avviene in presenza di assistenza sanitaria e 600 donne su 100 mila muoiono di parto. Si tratta di un numero 300 volte superiore a quello registrato in Italia, dove i casi di morte sono 2 ogni 100 mila. «Prevediamo non solo di inaugurare un reparto di ginecologia e ostetrica all’ospedale di Kalat, capoluogo della provincia di Zabul, ma anche di istituire dei punti nascita in zone periferiche che possano garantire alle donne parti in sicurezza ed anche, laddove necessario, il trasferimento in ambulanza in ospedali adeguatamente attrezzati», aggiunge il vicedirettore regionale di Intersos per l’Afghanistan.
Nella Provincia di Kandahar, nei distretti di Maywand e Panjwaye, Intersos gestisce due Trauma Point, strutture sanitarie specializzate, attive h24, in grado di fornire primo soccorso alle persone ferite ma anche alle vittime di incidenti stradali e domestici. «Attraverso i Trauma Point, dove vengono curate dalle venti alle trenta persone al giorno, forniamo anche attrezzature essenziali, farmaci e materiale medico di altro genere», aggiunge Brunelli.
Ed è in posti come questi che s’incontrano e s’intrecciano le vite degli abitanti del luogo e degli operatori di Intersos. Come quella di Zainullah, un ragazzino di 15 anni, arrivato al Trauma Point di Panjwai per farsi curare un brutto taglio alla testa. O di Matiullah, un diciottenne che, arrivato nel centro medico per farsi fasciare le ferite, ha raccontato di aver trascorso tutta la sua esistenza tra i combattimenti. «Il dottor Ismatullah Irfan, un chirurgo generale di 31 anni, originario della provincial di di Zabul, che da sei mesi lavora con Intersos nel distretto di Panjwai – dice Brunelli – ci ha raccontato che “uno dei più grandi problemi per la popolazione a livello sanitario è la mancanza di consapevolezza”».
Non è un caso, dunque, che Intersos, già negli anni passati si sia attivata per offrire assistenza psico-sociale, supporto economico e legale alle persone vulnerabili, in particolar modo alle donne (incluse le sopravvissute a violenza di genere), a bambini e anziani. «Sosteniamo il sistema sanitario anche con due centri di salute e tre cliniche mobili – aggiunge il vicedirettore regionale di Intersos per l’Afghanistan -. Ci occupiamo del trattamento terapeutico della malnutrizione acuta tra i bambini e da quando è esplosa la pandemia siamo in prima linea anche nella lotta al Covid-19. Il sostegno internazionale, di Intersos come di tutte le altre organizzazioni umanitarie – conclude Brunelli – resta l’elemento fondamentale per evitare il crollo dei servizi essenziali, dalla sanità, all’istruzione, fino all’accesso al cibo».
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