Salute 13 Gennaio 2022 12:32

Decidere chi curare, negli ospedali è allarme “codice nero”. Zuccarelli (OMCeO Napoli): «Serve obbligo vaccinale»

Sulle diverse politiche europee di gestione dell’emergenza: «È necessaria unità e strategie comuni, a cominciare da una campagna vaccinale internazionale»

Decidere chi curare, negli ospedali è allarme “codice nero”. Zuccarelli (OMCeO Napoli): «Serve obbligo vaccinale»

È uno spettro che aleggia sinistro sin dagli esordi della pandemia, che evoca scenari più che drammatici, che coinvolge la sfera etica e umana prima ancora che quella clinica. È il “codice nero”, una procedura di triage ospedaliero che costringe, in situazioni di estrema emergenza, a decidere chi curare e chi no in base a chi ha maggiori chance di sopravvivenza. Nei giorni in cui il dilagare della variante Omicron sta mettendo nuovamente in ginocchio le reti dell’emergenza urgenza, l’appello di molte associazioni di categoria è di mettere in atto tutte le misure necessarie affinché il codice nero non debba essere applicato. Sul tema si è pronunciato ai nostri microfoni il presidente dell’OMCeO di Napoli, Bruno Zuccarelli.

Presidente, stiamo davvero andando verso questo il “codice nero”?

«Oggi come oggi si riesce ad assistere tutti in modo adeguato. Ma è innegabile che la situazione peggiora di giorno in giorno. Considerando che il picco potrebbe aversi a fine gennaio o inizio febbraio, dobbiamo mettere in atto tutte le misure per non trovarci in condizioni simili a quelle della seconda ondata, nell’autunno 2020, in cui avevamo sicuramente meno positivi ma molti più ospedalizzati e decessi, e file di ambulanze in attesa fuori ai Pronto Soccorso. Non possiamo correre il rischio di replicare quelle scene».

Cosa è cambiato oggi rispetto a un anno fa?

«Abbiamo ora dalla nostra l’arma dei vaccini, che attenuano il quadro clinico dei positivi, tuttavia l’estrema diffusività della variante Omicron ha a sua volta un ruolo. Intanto perché vengono colpiti coloro che, per motivi di salute o scelta personale, non sono vaccinati, ed è chiaro che aumentando il numero di positivi rispetto alle ondate precedenti, aumentano in percentuale coloro che necessitano di ricovero o cure intensive. Il carico di lavoro è enorme, sia per i colleghi di medicina generale che sono alle prese con l’assistenza a svariate decine di positivi tra i loro assistiti, con tutto il corollario di oneri burocratici, sia per i colleghi del 118 e dei reparti ospedalieri. Quello che preoccupa in special modo è l’assistenza ai cittadini per altre patologie, dalle oncologiche alle cardiovascolari alle dismetaboliche, perché bloccare le attività ambulatoriali significherà gioco forza lasciar riacutizzare molte patologie croniche con un ulteriore aggravio sulle reti dell’emergenza-urgenza».

Cosa scongiurerà il rischio di un collasso del sistema?

«Intanto è importante lanciare un messaggio positivo e di incoraggiamento: l’anno scorso eravamo in lockdown, le nostre vite erano in standby, oggi invece grazie ai vaccini gli immunizzati possono condurre una vita molto più simile a quella normalità cui eravamo abituati. Fondamentale è procedere a spron battuto con le vaccinazioni, anche della fascia 5-11, e con le dosi booster, riprendere con maggior rigore la sanificazione degli ambienti e mantenere tutte quelle precauzioni che ormai ben conosciamo ma sulle quali, forse, abbiamo abbassato la guardia. Il rammarico è che ancora non si proceda a un vero e proprio obbligo vaccinale generalizzato».

Sul fronte della gestione dell’emergenza l’Europa è spaccata: l’approccio anglo-iberico, ad esempio, sta tendendo a una convivenza col virus alla stregua di un’influenza, senza testare, per dirne una, tutte le persone che presentano sintomi. Lei cosa ne pensa?

«Sicuramente i tamponi non vanno usati come screening di massa o come lasciapassare, in caso di negatività, per atteggiamenti imprudenti, ma solo in presenza di sintomi o di contatti a rischio. Al di là di ciò, queste strade diverse prese dai vari Paesi europei rappresentano a mio parere il fallimento dell’obiettivo di uniformità nella gestione dell’emergenza. Ogni Stato ha le sue regole, ma il punto è fare i conti con la variabile principale in gioco: la globalizzazione, e l’assenza di fatto di confini o dogane. Avere il 90% di copertura vaccinale in Italia, ma avere il 10% in altri Paesi non porta a nulla, perché se nel momento in cui riusciamo contenere i contagi arriva un aereo dall’altra parte del mondo con tre positivi, magari a un’ulteriore variante, non se ne esce più. Chiudere i confini non è ipotizzabile, l’unica è strada è perseguire una politica di vaccinazioni internazionale. La sanità è un bene comune su cui deve esserci un approccio unitario, almeno a livello europeo».

 

 

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
I migliori ospedali d’Italia? Sul podio Careggi, l’Aou Marche e l’Humanitas di Rozzano
A fotografare le performance di 1.363 ospedali pubblici e privati nel 2023 è il Programma nazionale sititi di Agenas. Il nuovo report mostra un aumento dei  ricoveri programmati e diurni. Ancora in affanno invece i ricoveri urgenti. Boom di interventi per il trattamento tumore maligno della mammella che supera addirittura l’asticella del 2019. Aumenta la tempestività di accesso entro 90’ all’angioplastica coronarica nei pazienti con infarto. In Sicilia la struttura “più” veloce
Anestesisti cercasi, AIOP lancia l’allarme: «A rischio sale operatorie e terapie intensive»
Beretta (AIOP Lombardia): «Con l’apertura dei concorsi pubblici molti specialisti si sono spostati lasciando il privato in difficoltà. Ora si punta sul mercato extra Ue. Chiesta al Ministro Speranza l’equipollenza dei titoli fino al 2024»
«Precipitoso consentire visite in ospedali, facciamo attenzione», i timori di Palermo (Anaao)
Il segretario Palermo di Anaao afferma di essere preoccupato delle nuove misure che da domani consentiranno ai parenti di fare visita ai propri cari ricoverati
di Redazione
Ucraina: attacchi a ospedali e ambulanze, la denuncia dell’Oms
L'Oms ha dichiarato che, negli ultimi giorni, sono aumentati gli attacchi alle strutture sanitarie dell'Ucraina, come ospedali e ambulanze
Iss, Rt a 0,73 e ricoveri ospedalieri ancora in discesa. Solo una regione a rischio alto
Continua a migliorare il quadro della pandemia nel nostro paese. I nuovi dati del report dell’Istituto Superiore di Sanità indicano un Rt medio di 0,73 e un calo dei ricoveri in area medica e intensiva
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Percorso Regolatorio farmaci Aifa: i pazienti devono partecipare ai processi decisionali. Presentato il progetto InPags

Attraverso il progetto InPags, coordinato da Rarelab, discussi 5 dei possibili punti da sviluppare per definire criteri e modalità. Obiettivo colmare il gap tra Italia e altri Paesi europei in ...
Advocacy e Associazioni

Disability Card: “Una nuova frontiera europea per i diritti delle persone con disabilità”. A che punto siamo

La Disability Card e l'European Parking Card sono strumenti che mirano a facilitare l'accesso ai servizi e a uniformare i diritti in tutta Europa. L'intervista all'avvocato Giovanni Paolo Sperti, seg...
Sanità

I migliori ospedali d’Italia? Sul podio Careggi, l’Aou Marche e l’Humanitas di Rozzano

A fotografare le performance di 1.363 ospedali pubblici e privati nel 2023 è il Programma nazionale sititi di Agenas. Il nuovo report mostra un aumento dei  ricoveri programmati e diu...