L’analisi di Fiaso su 12 ospedali sentinella evidenzia come il 16% dei parti sia avvenuto in area Covid e come il 47% delle gravide non sia vaccinato. Preoccupa il gravoso impegno gestionale. Guglielmino (SIRU): «Ci vuole il doppio dello sforzo per assicurare assistenza e cure adeguate e in sicurezza a tutte le pazienti»
Doppio percorso per l’assistenza dei pazienti e doppio carico di lavoro per gli operatori sanitari. Questa quarta ondata di Covid-19 non ha risparmiato neanche i reparti di Ginecologia e Ostetricia, costretti a «sdoppiarsi» per offrire cure e assistenza separatamente alle pazienti negative al virus Sars-CoV-2 e a quelle positive. I dati dell’ultima rilevazione Fiaso su 12 ospedali sentinella sono eloquenti: ben una donna su sei partorisce con il Covid. «Questo significa che le donne hanno paura di vaccinarsi e, di conseguenza, per assicurare assistenza e cure adeguate e in sicurezza a tutte le pazienti ci vuole il doppio dello sforzo», sottolinea Antonino Guglielmino, ginecologo e responsabile del Centro Unità di Medicina della Riproduzione di Catania e presidente della Società Italiana Riproduzione Umana (SIRU).
Il periodo di riferimento dell’indagine è la settimana che va dal 18 al 25 gennaio per un totale di 404 parti eseguite in 12 strutture. Di questi 65 sono avvenuti in area Covid. Complessivamente, dunque, il 16% delle gravide ha contratto l’infezione da Sars-Cov-2 e ha partorito con il Covid-19. «La presenza di pazienti gravide positive – commenta Giovanni Migliore, presidente Fiaso – pone un problema dal punto di vista gestionale: a differenza di tante altre condizioni di positività che possono essere gestite in reparti multidisciplinari, una partoriente positiva al Covid va ricoverata nei reparti di Ostetricia e questo impone la duplicazione dei percorsi per l’assistenza di pazienti negative e positive, che devono essere separate, con il conseguente raddoppio delle risorse necessario. È un impegno importante e ulteriore per le aziende sanitarie e ospedaliere che da due anni sono in prima linea nell’emergenza. Occorre rivolgere ancora una volta un appello alla vaccinazione a tutte le donne incinte che ancora non hanno aderito alla campagna».
In effetti, la principale causa di questa situazione è la scarsa adesione delle donne incinte alla vaccinazione anti-Covid. Stando alla rilevazione della Fiaso, tra le donne risultate positive al momento del parto, il 60% non era vaccinato e il 5% aveva sviluppato sintomi respiratori e polmonari tipici della malattia da Covid. Per fortuna un solo neonato, figlio di una donna non vaccinata, ha contratto l’infezione. L’indagine ha inoltre analizzato la condizione vaccinale di tutte le partorienti, sia le donne positive al virus sia le donne senza infezione: la percentuale delle vaccinate era solo del 53%. Di contro, questo significa che il 47% delle donne in attesa e in procinto di partorire non aveva ancora fatto la profilassi vaccinale contro il virus Sars-CoV-2, nonostante sia raccomandato dal ministero della Salute e dalle società scientifiche dei ginecologi e dei pediatri. «Una donna incinta su due – dice Migliore – non è vaccinata e il rischio, con l’ampia circolazione della variante Omicron, di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2 durante i nove mesi, nei quali la donna è più suscettibile, è altissimo e può generare complicanze nella gravidanza, per la salute della donna e del bambino. È necessario insistere sulla necessità di vaccinarsi in gravidanza per prevenire l’infezione e minimizzare il rischio di complicanze; in questo il ruolo dei ginecologi è fondamentale per fugare le paure di una donna in attesa».
La principale preoccupazione non va solo alle difficoltà di gestione dei reparti di Ginecologia e Ostetricia, ma alla salute delle donne e dei loro bambini. «Le evidenze scientifiche sono chiare: il vaccino anti-Covid è sicuro sia per la donna in gravidanza che per il suo bambino», sottolinea Guglielmino. «Al contrario l’infezione Covid-19 aumenta il rischio per la partoriente e per il nascituro. Ancora una volta – conclude – invitiamo le donne a prendere la decisione giusta per sé stesse e per i loro figli, cioè vaccinarsi contro Covid-19».
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