Il presidente della Commissione sanità della Lombardia auspica un cambiamento importante. E sulla gestione regionale degli mmg dice: «Si spera, lo Stato gestisce il fabbisogno di medici nelle università e in 10 anni la Lombardia ha perso mille medici»
Per i medici di medicina generale potrebbero esserci novità all’orizzonte. A chiederlo sono le Regioni, in particolare la Lombardia, che non ha mai fatto mistero di volere maggiore autonomia di gestione, per garantire al territorio una copertura adeguata alle esigenze dei cittadini. Sanità Informazione ha fatto qualche domanda a questo proposito ad Emanuele Monti, presidente della Commissione Sanità per la Regione Lombardia.
«L’Europa ha vincolato sette miliardi del PNRR legati a fondi per la sanità a una riforma delle cure primarie, la legge relativa ai medici di base in Italia è ferma al 1978 e ne discutiamo da tanto tempo. Chiediamo un aggiornamento allo Stato, chiediamo di investire sui medici di famiglia e che ci siano più persone a disposizione. Noi abbiamo avuto negli ultimi 10 anni un taglio lineare di mille medici di base, con gli altri che devono raccogliere molti più pazienti facendo grande fatica. Lo abbiamo visto anche nel tilt che c’è stato sulla medicina territoriale visto durante la pandemia, legato al fatto che un medico ha in gestione tantissime persone. L’Europa è arrivata a chiedere azioni immediate, le Regioni stanno lavorando con il governo per trovare una soluzione.
«Io più volte mi sono espresso sull’argomento, non credo che il contratto di lavoro cambi il modo di lavorare. Che poi il medico sia dipendente o libero professionista come oggi non va ad incidere sull’erogazione del servizio, sul metodo e sul modo di lavorare. La verità è che bisogna rivedere una legge che è stata ferma per troppi anni, scaricando sulle Regioni un taglio netto sulla medicina territoriale che si è subito fortemente. Io spero che su questa riforma nazionale il ministro Speranza sia capace di renderla effettiva valorizzando e non tagliando, dando più strumenti e meno burocrazia».
«Questa è la speranza, noi abbiamo chiesto più autonomia per le Regioni. Sulla sanità molte competenze sono in ambito regionale ma altre no, sull’ambito delle cure del territorio molte competenze sono rimaste allo Stato. L’accordo collettivo è gestito a livello nazionale e se ci sarà l’occasione di poter spostare il baricentro sulle Regioni, ci siamo resi conto che ad oggi tutto ciò che è gestito a livello regionale è più vicino ai cittadini e funziona meglio. Essendo più vicini a chi usufruisce del servizio anche gli errori vengono segnalati e corretti con velocità. Basti vedere che lo Stato gestisce il numero di mmg nella programmazione universitaria e abbiamo visto quanti errori sono stati fatti. Solo in Lombardia su settemila medici, mille sono stati tagliati in 10 anni. Un errore dettato da chi fa scelte molto lontano dal cittadino, a Roma e non a Milano».
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