Capuano (Pres. Simedet): «Esperienza pandemica, ma anche ciò che riguarda la biosicurezza e i nuovi pericoli reali, biologici e chimici, dimostrano importanza di una formazione di qualità e costante». Monti (Vicepres. Simedet): «Creare strutture permanenti per contrastare rischi come pandemie o guerre»
Necessità di una formazione continua di livello, un progetto di legge volto a costituire nel nostro Paese un’agenzia nazionale per la sorveglianza e la prevenzione delle malattie diffusive e degli agenti chimici e nucleari che potrebbero incidere sullo stato di salute della popolazione, la creazione di strutture permanenti che potranno affrontare i vari eventi avversi (come, ad esempio, una pandemia), anche sfruttando le risorse in arrivo dal Pnrr. Sono queste alcune delle idee, da trasformare in progetti attuabili, emerse durante il V congresso nazionale sulla biosicurezza organizzato a Roma dalla Simedet (Società di Medicina Diagnostica e Terapeutica). Un incontro che si tiene in un periodo storico molto particolare, a cavallo tra una pandemia mondiale che si è assestata su livelli tutto sommato buoni (rispetto a quanto accaduto negli ultimi due anni) e una guerra che potrebbe evolversi in un rischio biologico e nucleare se l’escalation non si fermerà.
«Le principali tematiche affrontate dai relatori – spiega il Presidente della Simedet, Fernando Capuano –, riguardano un po’ tutte la necessità di una formazione continua di qualità» (come confermato dall’intervento del Professor Guido Rasi, consulente del Generale Figliuolo e direttore scientifico di Consulcesi). Il «minimo comun denominatore» che hanno «l’esperienza pandemica, ma anche ciò che riguarda la biosicurezza e i nuovi pericoli reali, biologici e chimici», è proprio quello della necessità di avere «una formazione di qualità e costante sia per le professioni sanitarie che per le forze armate». Soltanto se «ci prepariamo in maniera continua, anche con delle vere e proprie esercitazioni, potremo essere in grado di gestire le future pandemie», spiega Capuano.
Gli scenari di guerra di queste settimane non fanno discorso a parte: «I nostri operatori sanitari, i vigili del fuoco e le forze armate devono avere gli strumenti per valutare un’eventuale contaminazione. Insieme all’Onorevole Beatrice Lorenzin (presente all’evento) abbiamo lanciato un disegno di legge volto a costituire in Italia un’agenzia nazionale per la sorveglianza e la prevenzione non solo delle malattie diffusive ma anche degli agenti chimici e nucleari che potrebbero incidere sulla salute». Ma oltre ciò, durante il congresso «è emersa la volontà di fare rete. Purtroppo – spiega il Presidente Simedet – anche la pandemia ha mostrato la fragilità del nostro Ssn. I professionisti sanitari hanno lavorato tanto ma abbiamo riscontrato problemi logistici, di formazione e di tutela. Per questo la Simedet, insieme ad altri enti e istituzioni, vuole creare una rete volta a far emergere le buone pratiche e le eccellenze che ci sono state in questa pandemia».
«Finalmente – esordisce Manuel Monti, Vicepresidente Simedet e responsabile scientifico del congresso – siamo ritornati in presenza. In questa edizione abbiamo posto l’attenzione sulla pandemia e, in generale, su tutti gli eventi non convenzionali. Consideriamo che, purtroppo, viviamo la situazione della guerra in Ucraina e quindi, come abbiamo sentito tutti, si parla anche di rischio radiologico. Non dobbiamo però sottovalutare anche il rischio chimico e il rischio biologico in senso lato. Per questo, il congresso vuole essere un incontro a 360 gradi con varie figure professionali, visto che soltanto se siamo uniti riusciremo a vincere qualunque minaccia che potremmo incontrare in futuro». Insomma, un momento di «discussione in cui nascono idee», una delle quali è quella di «sviluppare, a partire da questo congresso, una sorta di agorà, una fucina di idee da cui poi, successivamente, creare strutture permanenti che possano prevedere i vari eventi ma, soprattutto, cercare di affrontarli».
Tema centrale di questo discorso è quello della formazione: «A mio parere – spiega Monti – è l’aspetto principale da tenere in considerazione». Questo perché, ad esempio, «in molti ospedali ci sono dei piani di massiccio afflusso bellissimi, ma il personale non li conosce. Diventa dunque obbligatorio fare formazione sul campo, sviluppare un continuo stimolo verso gli operatori, soprattutto in un periodo in cui il personale cambia per vari motivi, dai trasferimenti ai pensionamenti. Diventa dunque fondamentale fare formazione: senza formazione, possiamo anche realizzare piani bellissimi ma poi, questi, resteranno solo sulla carta», conclude Monti.
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