Il tiflologo lavora in stretta connessione con l’ambiente in cui vivono i soggetti con disabilità visiva e con le persone che frequenta. Tranfa (tiflologa): «A tutte le figure coinvolte nel percorso di crescita e formazione dell’individuo ipovedente o non vedente offriamo la possibilità di apprendere metodologie specifiche e strategie che possano facilitare e favorire il percorso educativo»
Aiuta le persone con disabilità visive nel loro percorso di educazione e istruzione. Lo fa da decenni, ma ancora non ha ottenuto una definizione del suo profilo professionale, né del suo percorso formativo e non ha uno specifico albo professionale. Si tratta del tiflologo, un professionista attivo soprattutto in ambito scolastico, dagli asili nido fino alle scuole di ogni ordine.
Per chiarire quali siano le sue mansioni e competenze, la sua formazione e i luoghi in cui opera ci siamo rivolti all’Istituto dei Ciechi di Milano, un punto di riferimento d’eccellenza per le disabilità visive, attivo fin dalla prima metà dell’800.
«Il Tiflologo – spiega Valeria Tranfa, tiflologa, coordinatrice del servizio di consulenza Tiflologica dell’Istituto dei Ciechi di Milano – è un professionista, un pedagogista specializzato nelle aree educative, tiflopedagogiche e tiflodidattiche con comprovata esperienza nell’ambito della disabilità visiva». Il tiflologo non lavora da solo, ma in stretta connessione con l’ambiente in cui vive il disabile e con le persone che frequenta sia in ambito familiare, che sociale o scolastico. «Il tiflologo – continua Tranfa – svolge il suo ruolo coordinandosi costantemente con la famiglia, l’assistente alla comunicazione, gli educatori, i docenti e tutti gli specialisti, dai medici ai professionisti sanitari, che seguono il paziente».
«Il Tiflologo, comprendendo l’impatto che il deficit visivo ha sulla percezione della realtà e sullo sviluppo psicomotorio del disabile, è in grado di fornire indicazioni utili e coerenti alla definizione del Piano Individuale, in sintonia con il percorso educativo». Gli strumenti utili allo sviluppo delle capacità e delle competenze della persona con disabilità visiva, non vengono forniti solo al diretto interessato, ma anche a chi si prende cura di lui e della sua educazione e formazione. «A tutte le figure coinvolte nel percorso di crescita e di formazione dell’individuo ipovedente o non vedente offriamo la possibilità di apprendere metodologie specifiche e strategie che possano facilitare e favorire il percorso educativo. L’apprendimento della letto-scrittura ad esempio – sottolinea la coordinatrice del servizio di consulenza Tiflologica dell’Istituto dei Ciechi di Milano – avviene attraverso l’utilizzo di specifici sistemi, come il braille, o tecnologie, come i computer con display braille o screen reader per i non vedenti, software ingrandente o ausili ottici, elettronici, informatici, digitali e altro materiale tiflodidattico per la lettura degli ipovedenti».
Così come le persone affette da disabilità visive acquisiscono gli strumenti per adeguarsi agli ambienti della vita quotidiana, allo stesso modo, anche i luoghi devono essere adeguati alle peculiarità dell’individuo che li frequenta. «Il Tiflologo offre indicazioni operative alle famiglie, suggerendo le giuste strategie per garantire un passaggio armonico tra l’ambiente domestico e quello scolastico, con particolare attenzione agli aspetti relazionali e comunicativi. Il Tiflologo si integra nelle Istituzioni Scolastiche e Formative contribuendo a costruire e a realizzare gli obiettivi del Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.).
A partire dalla fine degli anni ’80, a seguito dell’evoluzione tecnologica e dell’introduzione dell’informatica in ambito scolastico, è stato necessario individuare percorsi specifici di apprendimento che permettessero ai ragazzi con disabilità visiva di rimanere a passo coi tempi. «Un’innovazione – conclude la tiflologa – che gli ha permesso di accedere a strumenti, come un dizionario o un vocabolario della lingua italiana, fino a quel momento completamente inaccessibili ai non vedenti».
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