Il 15 marzo si celebra la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, una ricorrenza che, da oltre un decennio, propone una riflessione sui disturbi del comportamento alimentare. Mamma Francesca: «Non si ammalano solo le donne, fate attenzione anche ai maschi»
«Non mangio perché non ho il coraggio di uccidermi e so che, così, prima o poi morirò». Quando ha pronunciato queste parole Lorenzo aveva poco più di 15 anni. Un’affermazione che ha spezzato il cuore di mamma Francesca ma che le ha anche dato il coraggio di prendere una delle decisioni più difficili della sua vita: separarsi da suo figlio.
«Lorenzo è stato ricoverato per un anno intero in una clinica specializzata nella cura dei disturbi del comportamento alimentare. È entrato a settembre e fino a Natale non ho potuto mai vederlo – racconta la donna -. Sono passate settimane prima che potessi sentire almeno la sua voce al telefono». Lorenzo ha cominciato a soffrire di disturbi del comportamento alimentare all’età di 14 anni. Ha lottato per sei lunghi anni, poi due anni fa, quando ne aveva 20, il suo cuore ha smesso di battere.
Dalla scomparsa di Lorenzo, Francesca ha raccontato più volte la storia di suo figlio, nonostante rivivere quei momenti le provochi, ogni volta, un dolore lacerante. Ed ha deciso di farlo di nuovo oggi, 15 marzo 2022, in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, una ricorrenza che da oltre un decennio propone una riflessione sui disturbi del comportamento alimentare.
Anoressia, bulimia, binge eating, ortoressia, bigoressia, disturbo da ruminazione, picacismo, sindrome da alimentazione notturna, sono tutti disturbi legati a un anomalo rapporto con il cibo. I disturbi del comportamento alimentare sono la seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. In Italia ne soffrono 3 milioni di persone, il 10% sono uomini.
Ed è proprio per puntare i riflettori sui giovani di sesso maschile che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, spesso sottovalutati rispetto alle donne, che Francesca ha deciso di rendere pubblica la malattia di suo figlio.
«Lorenzo è il più grande dei miei quattro figli. Ha cominciato a manifestare un disagio nei confronti del cibo a 14 anni. Inizialmente, giustificava le sue difficoltà dicendo di sentirsi in ansia per il primo anno di liceo, forse perché poco convinto della scelta fatta. Lorenzo è sempre stato, fin da piccolissimo, preciso ed esigente con sé stesso. Ma questa volta c’era qualcosa di più – dice mamma Francesca -. Non si trattava della sua solita ricerca di perfezione. Sentivo che la situazione mi stava sfuggendo di mano, così ho chiesto aiuto ad uno psichiatra».
Ed è stato proprio durante una delle sedute con lo specialista che Lorenzo è riuscito a liberarsi di un macigno che portava ormai dentro da troppo tempo. La psichiatra gli ha chiesto: «Lorenzo perché non mangi?». E lui ha confessato: «Non mangio perché non ho il coraggio di uccidermi e so che, così, prima o poi morirò». Poco dopo, Lorenzo è stato ricoverato in una struttura specializzata nella cura dei disturbi del comportamento alimentari.
«Dopo un anno è tornato a casa e sembrava essere il Lorenzo di un tempo: aveva messo su diversi chili ed aveva ripreso a sorridere, ad uscire con gli amici, aveva una fidanzata. La sua vita, le sue abitudini sembravano simili a quelle di qualunque altro ragazzo della sua età» dice Francesca.
Purtroppo, si trattava di mera apparenza: Lorenzo continuava a convivere con i suoi tormenti interiori. «Quando è arrivato il periodo dell’esame di maturità è crollato di nuovo», racconta mamma Francesca. Ma questa volta né lei, né suo marito, né i tre fratelli hanno potuto fare niente per aiutarlo.
«Lorenzo era diventato maggiorenne e quindi poteva decidere da solo se farsi curare. Quando diventava talmente debole da non reggersi in piedi finiva in ospedale, ma appena gli esami del sangue tornavano nella norma firmava le dimissioni. Le ultime firmate risalgono al dicembre 2019. Io ero disperata – confessa la donna -. Ero certa che se Lorenzo fosse tornato a casa, questa volta, non ce l’avrebbe fatta». E così è stato.
«Sembrava una sera come tante. Io ero in cucina a preparare la cena. Lorenzo era andato in camera sua a riposare un po’. Quando il padre è rientrato in casa ha aperto la porta della sua stanza per salutarlo e si è accorto che non respirava più. I suoi fratelli hanno provato a rianimarlo, così come i soccorritori arrivati poco dopo in ambulanza. Ma non c’è stato nulla da fare: il suo cuore aveva smesso di battere e non ha mai più ripreso a farlo», racconta Francesca con la voce rotta dal pianto.
Proprio quella sera Lorenzo aveva rassicurato la sua mamma dicendole: «Sì, mamma. È vero sono molto magro. Ma mi sento bene, in forze. Sono certo che insieme ce la faremo». Queste parole continuano a risuonare nella mente di Francesca e la tormentano.
«Da quando Lorenzo si è ammalato nessun medico ha mai pronunciato la parola malattia, né davanti a lui, né dinanzi a noi genitori. Si parla sempre e solo di disturbi del comportamento alimentare». Ma per Francesca la parola “disturbo” non rende giustizia ad un mostro che per lei è a tutti gli effetti una malattia.
«Credo che Lorenzo sentendo parlare sempre e solo di “disturbo” si fosse convinto di soffrire di qualcosa di non molto grave, di qualcosa che avrebbe potuto gestire anche da solo. E invece no – assicura Francesca -. L’anoressia, la bulimia, sono malattie da curare alla stessa stregua di altre gravi patologie, come un cancro. Con l’aggravante che quando si diventa così magri da non riuscire a stare in piedi anche il cervello ne risente e ragionare lucidamente non sempre è possibile. Lorenzo firmava le sue dimissioni senza rendersi conto che quella firma potesse metterlo in pericolo di vita».
Lorenzo, pian piano, infatti, stava ricominciando ad amare la vita. Ci stava provando con tutto sé stesso: aveva stilato persino una lista di buoni propositi, di azioni da compiere, di cose da fare con le persone a lui più care.
«Ogni volta che ne portava a termine una metteva anche una crocetta per tenere sempre l’elenco aggiornato. Con me voleva fare una colazione fuori – dice mamma Francesca -. Ma io continuavo a rimandare, dicendogli di dedicarsi prima agli altri. Con me trascorreva già moltissimo tempo e non volevo che rinunciasse a delle ore in compagnia dei fratelli, della sua fidanzata, degli amici. O, forse, inconsciamente quel procrastinare alimentava le mie speranze che lui avesse ancora una vita intera davanti a sé. Poi, però, di tempo non ce n’è più stato. Se n’è andato via prima che tutta la lista dei desideri fosse completata».
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