di Muzio Stornelli, dirigente infermieristico
La guerra in Ucraina ha rubato la scena mondiale al Covid-19. Dalle prime pagine farcite di dati sul Coronavirus, ora siamo passati a giornalisti “dal fronte” che stoicamente, raccontano il delirio e la catastrofe che sta “uccidendo” il popolo ucraino. L’eco che raggiunge l’Italia è gravido di profughi traumatizzati, spaventati e bisognosi di assistenza sociale, psicologia e sanitaria.
In virtù di ciò il nostro Servizio Sanitario Nazionale deve ancora una volta riorientare la risposta assistenziale, calibrando gli interventi in base allo scenario che si va delineando a causa dell’invasione Russa in terra Ucraina. Dati ANSA ci riferiscono che nella nostra nazione sono attualmente rifugiati 47153 cittadini ucraini, di cui 24032 donne, 4052 uomini e 19069 minori. A tal riguardo alcune Regioni hanno allertato tutti i presidi ospedalieri al fine di attivare il PEIMAF, ovvero il Piano Emergenza Interna per il Maxi afflusso di feriti. Si tratta del sistema di risposta rispetto ad una situazione straordinaria come, ad esempio, una catastrofe: evento di maxiemergenza che coinvolge un numero elevato di vittime e le infrastrutture di un determinato territorio producendo un’improvvisa e grave sproporzione tra richieste di soccorso e risorse disponibili. La sua caratteristica e l’effetto estensivo. Inoltre, un simile evento comporta necessariamente una risposta differita, con ripercussioni sulla sua immediata efficacia.
Un recente documento della Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma traccia gli obiettivi peculiari del PEIMAF: ridurre il tempo di confusione e di abbassamento della capacità di cura degli ospedali, processo che si verifica sempre in condizione di eventi subitanei e inattesi, che si caratterizzano per la sproporzione tra il numero dei feriti e le risorse disponibili, equazione tipica delle maxi-emergenze.
Il requisito fondamentale del piano di emergenza è la sua efficacia in termini di:
Operativamente parlando il PEIMAF è strutturato in 4 fasi:
Verosimilmente in questa fase del conflitto si parla esclusivamente di rifugiati in cerca di un luogo d’accoglienza e protezione; tuttavia, potrebbe essere una buona idea rivedere i vari PEIMAF, al fine di velocizzare ancora di più, qualora ce ne fosse bisogno, la risposta sanitaria ad una vera e propria maxi emergenza.
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