Dieci studenti di una scuola superiore dedicano due ore del loro tempo libero alla settimana a ragazzi autistici coetanei, insieme giocano a calcio, ascoltano musica, raccontano barzellette e chiacchierano, proprio come fanno gli amici. È questo ciò che accade nel progetto messo a punto dalla fondazione I bambini delle Fate di Franco Antonello in 12 città italiane e che coinvolge scuole, imprenditori e associazioni con la convinzione che nessun ragazzo autistico deve essere lasciato solo
Chi trova un amico trova un tesoro, recita un famoso proverbio. Lo sanno bene gli adolescenti che fanno dell’amicizia un pilastro della loro esistenza. Eppure, ci sono ragazzi a cui questo dono sembra essere precluso perché vivono in un mondo ovattato nel quale accedono solo i genitori, i famigliari stretti e gli insegnati di sostegno. Sono i ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico costretti a convivere con un profondo senso di solitudine sin dall’infanzia.
Per alleviare questa condizione i Bambini delle fate, fondazione nata nel 2005 da un’idea dell’imprenditore Franco Antonello ha dato origine alla Banca del tempo sociale. Una progettualità che si pone come obiettivo proprio l’idea di offrire occasioni di inclusione sociale a ragazzi autistici e agli studenti delle scuole superiori tra i 16 e i 20 anni una esperienza formativa nel mondo del sociale in una struttura organizzata con la super visione di un tutor. Così l’idea di Franco Antonello di dare un amico al figlio ventenne Andrea, affetto da autismo dall’età di due anni, fa sì che nasca un progetto di inclusione sociale che oggi è una delle più belle realtà de I bambini delle fate.
«Metti dieci studenti di una scuola superiore con ragazzi autistici coetanei due ore la settimana, e il gioco è fatto. Insieme fanno sport, ascoltano musica, raccontano barzellette e chiacchierano, proprio come fanno tutti gli amici». A raccontare come funziona la Banca del tempo sociale è Federico Camporese responsabile del progetto «L’obiettivo è superare la solitudine che caratterizza tutti questi ragazzi disabili e le loro famiglie. Siamo partiti dal principio di fare impresa sociale, che è il focus de i bambini delle fate, ed è nato un progetto che va incontro ad una specificità fuori da ogni logica sanitaria e terapeutica, ma che riguarda tutte le famiglie di un adolescente con disabilità. Si tratta di fatto di una banca del tempo libero, strutturata con scadenze e forme precise di gestione dove i ragazzi con disabilità possono vivere momenti di quotidiana amicizia con gruppi di coetanei e la supervisione di un tutor». Giocare a pallone, andare a mangiare un gelato, visitare un museo o fare shopping rappresentano i momenti di tempo libero che i ragazzi condividono.
Sono 12 le banche del tempo sociale attive oggi in Italia, da Trieste fino a Salerno, passando per Milano, Bologna e Roma. In particolare, il modello innovativo ha preso piede nel nord est terra di Franco Antonello e dei Bambini delle Fate che hanno la casa madre a Castelfranco Veneto.
Ognuna di queste realtà è programmata direttamente dalla Fondazione che si occupa della raccolta dei fondi che servono a finanziare e avviare il progetto che viene poi realizzato direttamente sul territorio in collaborazione con un’associazione no profit e un istituto scolastico. Ognuno con un proprio ruolo: la fondazione si occupa della raccolta fondi sul territorio con il coinvolgimento attivo di aziende e imprese locali, gli enti del terzo settore individuano i ragazzi disabili da inserire nel progetto e formano i tutor, mentre la scuola sceglie tra gli studenti delle classi terze e quarte i ragazzi, tre alunni da affiancare ad ogni ragazzo autistico.
«Il progetto è creato in un’ottica di continuità negli anni – spiega Martina Strazzabosco coordinatrice de La banca del tempo sociale – perché ciò che aveva rilevato Franco e che ha dato origine a I bambini delle Fate è stata proprio la mancanza di continuità nelle progettualità che andavano a generare molta confusione e disillusione nell’utenza». «Famiglie e ragazzi disabili vivevano costantemente con la spada di Damocle sulla testa – interviene Federico – perché i soldi finivano, i bandi terminavano, gli operatori erano sottopagati a causa delle poche risorse e così cambiavano di anno in anno. Franco Antonello che era un imprenditore di successo e si affacciava in questo mondo per la disabilità del figlio, si è subito reso conto che il sistema così non poteva funzionare, allora ha cercato di superare la criticità diffondendo nel mondo imprenditoriale il concetto di impresa sociale».
In 17 anni i Bambini delle fate hanno sostenuto oltre 3800 famiglie con ragazzi disabili, avviato 101 progetti, coinvolto oltre 3800 sostenitori privati e 900 imprenditori. «È una grande innovazione, la raccolta fondi sul territorio è continuativa, gli imprenditori vengono associati a progetti specifici e in cambio ottengono visibilità e responsabilità sociale d’impresa con la possibilità di detrarre i costi. Si tratta di un abbonamento al sociale che funziona», ammette il responsabile del progetto. «Il principio vale anche per le scuole che scelgono di entrare nella Banca del tempo sociale – riprende Martina –. I tutor rappresentano una figura chiave perché hanno il compito di monitorare le uscite e i momenti di convivialità tra ragazzi disabili e studenti delle scuole».
Per i ragazzi delle scuole superiori il tempo dedicato al progetto viene convertito in crediti formativi, mentre la valutazione fatta mensilmente dai tutor permette agli alunni che si sono distinti e impegnati di più di ricevere una borsa di studio messa a disposizione dai Bambini delle Fate. Ogni partecipante, riceverà, inoltre, come ulteriore riconoscimento per il suo impegno, dei buoni da spendere nelle librerie della propria città.
«La nota positiva di questo progetto è che oltre all’impegno scolastico gli alunni coinvolti si affezionano talmente tanto ai ragazzi disabili che anche dopo la scuola continuano a frequentarli – aggiunge Federico -. Si creano vere e proprie amicizie che poi si gestiscono in autonomia». «Questo è il più grande successo della Banca del tempo sociale: riuscire a creare momenti di quotidiana normalità fra adolescenti come accade tra amici che si incontrano per divertirsi e passare del tempo assieme», conclude Martina.
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