La nuova variante del virus Sars-Cov-2, chiamata XE, sembra essere più contagiosa delle sue sorelle omicron
Il mutevole virus Sars-CoV-2 assume una nuova forma, che è un mix della variante Omicron 1 e Omicron 2 (BA.1 e BA.2). Si tratta della variante chiamata XE, che è stata rilevata per la prima volta nel Regno Unito il 19 gennaio scorso e da allora sono oltre 600 le sequenze segnalate e confermate, stando a quanto riportato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Sappiamo ancora poco sul «comportamento» di questa variante, ma dalle prime informazioni che arrivano pare sia più contagiosa delle sue «sorelle» di circa il 10 per cento.
Benché si ipotizzi dunque un 10% in più di contagiosità per XE rispetto a Omicron 2, l’Oms precisa che, finché non verranno riportate «significative differenze nella trasmissibilità» del mutante «e nelle caratteristiche della malattia» che provoca, «inclusa la gravità», XE verrà considerata una variante appartenente alla «famiglia» Omicron. L’agenzia delle Nazioni Unite per la sanità continuerà a monitorare questa e altre mutazioni del coronavirus pandemico. XE è una variante ricombinante che si verifica quando un individuo viene infettato con due o più varianti contemporaneamente, mixando il loro materiale genetico all’interno del corpo del paziente. Non si tratta di un evento insolito e il fenomeno non è collegato a una maggiore contagiosità o letalità.
La nuova variante «è ancora sotto osservazione, per il momento non sembra più letale ma più contagiosa: ma è un fatto preoccupante, perché genera una diffusione del contagio enorme, tra pazienti, cittadini e operatori sanitari», dichiara il consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi. «Per evitarlo dobbiamo evitare che aumentino i casi», aggiunge. La notizia più confortante è quindi che la variante XE sembra essere meno letale. «Possiamo solo supporre che si tratti di un ulteriore passo del virus verso il depauperamento del suo potere aggressivo patogeno», ipotizza Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano
Invita a essere più cauti Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia. «Non si sa nulla, quindi è prematuro fare previsioni», sottolinea. «In Italia al momento sono stati segnalati pochissimi casi, probabilmente di importazione», prosegue il virologo. «Anche sulla possibilità che sia più contagiosa del 10% rispetto a Omicron 2 dico che è troppo presto per azzardare ipotesi: al momento – ribadisce – concentriamoci sulla variante Omicron 2, che è quella più diffusa. Non preoccupiamoci di qualcosa che potrebbe non arrivare a costituire un problema serio. Aspettiamo».
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