D’amico (Anmil): «Negli ultimi due anni 191 mila infortuni sul lavoro sono stati causati da infezione da Covid-19. Il 73% si sono verificati in sanità, in 4 casi su 10 tra gli infermieri. Oltre 800 persone, tra coloro che hanno contratto il virus, hanno pagato con la vita»
Le donne sono state le più colpite, ma sono principalmente gli uomini ad aver pagato con la vita. «Tra il 2020 e il 2021 sono 191 mila gli infortuni sul lavoro, denunciati all’Inail, causati da Covid-19. Il 73% si sono verificati in sanità. In 131 mila casi, circa il 68%, le vittime sono di sesso femminile. Percentuale che si capovolge se si osservano i dati relativi alle persone che hanno perso la vita a causa di Sars-CoV-2 contratto su luogo di lavoro: su 811 morti in 24 mesi (2020-21) 669 sono uomini».
È questa la fotografia scattata, per Sanità Informazione, da Franco D’amico, responsabile dei servizi statistici Anmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) che, in occasione della Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro 2022, ha elaborato i dati dell’Open data Inail.
L’incidenza degli infortuni sul lavoro è stata fortemente influenzata dalla pandemia da Covid-19, tanto che con il decreto 18 del 17 marzo del 2020 l’infezione da Sars-CoV-2 è stata equiparata a qualsiasi altro infortunio sul lavoro. «Il condizionamento del Covid ha agito in due diverse direzioni – spiega D’Amico -. Da un lato, la crisi economica scaturita dai ripetuti lockdown, nel 2020 ha bloccato molte attività produttive. Dall’altro, l’emergenza in corso ha aumentato il carico di lavoro in sanità. Di conseguenza, in tutti quei settori in cui c’è stata la chiusura totale, un ridimensionamento o l’adozione dello smart-working gli incidenti sono nettamente calati. Al contrario, in ambito sanitario gli infortuni sono aumentati del 180%, passando dai 30 mila del 2019 agli 84 mila del 2020. Nello stesso anno 67 sanitari hanno pagato con la vita. In precedenza, gli infortuni mortali in sanità oscillavano tra i 15 e i 20 ogni dodici mesi».
Nel 2021, a seguito della ripresa, seppur lenta, dell’economia, gli infortuni sui luoghi di lavoro extra-sanitari sono tornati a crescere come negli anni pre-pandemia. «In sanità, invece, la situazione è nettamente migliorata – racconta il responsabile dei servizi statistici Anmil -. Nel 2021 si sono verificati 40 mila infortuni tra medici e professionisti sanitari, con un calo del 52%. Quelli mortali, con 21 casi totali, sono diminuiti del 70%».
Sono gli infermieri le principali vittime del Covid-19 (40% del totale), seguiti dagli OSS (20%), medici (6%) e personale ausiliario (5%). Anche la distribuzione geografica degli infortuni appare tutt’altro che omogenea: in Lombardia si sono verificati il 27% degli incidenti, il 15% Piemonte, segue il Veneto con 11 punti percentuali, poi Emilia Romagna con 9 , Lazio 6, Toscana e Liguria 5%. Già disponibili alcuni dati parziali relativi all’anno in corso: «Durante il primo bimestre del 2022 i casi di infezioni da Covid-19 contratti sul luogo di lavoro sono stati 19 mila, contro i 10.550 dello stesso periodo dello scorso anno», dice D’Amico.
Gli infortuni sul lavoro Covid-correlati rappresentano circa l’80% del totale, «il restante 20% è dovuto a scivolamenti, urti, strappi che si verificano a seguito di sollevamento di cose o persone che pesano eccessivamente», sottolinea l’esperto. Per avere dati relativi a malattie professionali associate a disagi o disturbi psicologici, invece, bisognerà attendere ancora un po’. «Stress e sindrome da burnout hanno senza dubbio colpito medici e infermieri in questo periodo di pandemia, più che in qualsiasi altro momento, per l’enorme carico di lavoro che si sono trovati a gestire. Ma quali siano le reali conseguenze provocate e quante persone abbiano effettivamente colpito lo potremmo rilevare solo nelle statistiche successive in cui – conclude – sarà possibile valutare anche gli esiti a lungo termine della pandemia».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato