La decisione dell’Aifa di consentire ai medici di famiglia di prescrivere gli antivirali contro Covid-19 rappresenta un’occasione d’oro per far uscire gli mmg dall’isolamento burocratico a cui sono stati relegati
Quando l’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato i medici di medicina generale alla prescrizione degli antivirali contro Covid-19, molti colleghi hanno espresso i loro dubbi e le loro perplessità. Il timore, per certi versi giustificato, è aver dato ai medici di famiglia l’ulteriore responsabilità di gestire un tipo di terapia effettivamente molto delicata. In parte condivido queste preoccupazioni, ma dall’altra parte ritengo che la decisione dell’Aifa sia stata necessaria e certamente appropriata.
I medici di medicina generale sono laureati in medicina e previo specifico aggiornamento professionale possono e devono avere la possibilità di prescrivere qualsiasi farmaco. Anzi aver incluso i medici di medicina generale nella gestione degli antivirali può essere considerata un’occasione d’oro per correggere un errore di sistema che ha portato alla progressiva esclusione dei medici di famiglia dall’innovazione. Oggi i medici di famiglia vengono sommersi dalle scartoffie. Il loro lavoro viene troppo spesso mortificato dalle incombenze burocratiche.
Questa involuzione del ruolo del medico di medicina generale è stato un processo lento che va avanti da molti decenni. Per molto tempo in Italia, infatti, è prevalsa un tipo di politica più farmaco-economica che famaco-clinica. Per decenni la prescrizione dei farmaci è stata limitata al solo ambito specialistico. Ma in quella che dovrebbe essere l’evoluzione naturale della gestione di un nuovo farmaco, si dovrebbe iniziare autorizzando alla prescrizione prima gli specialisti e poi allargare progressivamente ai medici di medicina generale. È solo così che possiamo potenziare davvero la medicina del territorio di cui abbiamo avuto più volte prova di averne assoluto bisogno.
Questo però non significa riportare improvvisamente i medici di medicina generale al loro vecchio ruolo. Includerli nell’innovazione significa innanzitutto fornire gli strumenti che consentano loro di governarla. E l’unico strumento che abbiamo a disposizione è la formazione Ecm, seguita poi da un’attenta verifica dell’acquisizione delle conoscenze disponibili. La formazione a cui mi riferisco non quella a cui moltissimi di loro sono stati abituati in tutti questi anni. Ma un aggiornamento professionale nuovo, specifico, veloce e di semplice accesso. Di cui purtroppo oggi in Italia abbiamo solo pochissimi esempi.
Non serve più una formazione Ecm fatta da lunghissimi papiri da studiare e valutare o pesanti e noiosi corsi da seguire, che rubano tempo al già convulso lavoro ordinario. Bisogna invece concepire e soprattutto applicare un sistema formativo moderno ed efficace, che sfrutti le possibilità offerte dalla tecnologia. Penso ad esempio ai corsi multimediali con possibilità di accedere a immagini, video e materiali interattivi. Penso a verifiche veloci e mirate, a cui può seguire un’abilitazione automatica.
Se tutto questo fosse stato messo a sistema già dall’inizio della pandemia avremmo potuto contare sull’aiuto di un più numeroso esercito di professionisti, ben radicati nel loro territorio. Se avessimo condiviso progressivamente tutto il sapere accumulato sul virus Sars-CoV-2 e su Covid-19 di settimana in settimana con i medici di medicina generale, sono convinto che la gestione dell’emergenza ne avrebbe giovato molto e, con essa, anche i pazienti. Ma con i “se” e con i “ma” non possiamo cambiare il passato. Tuttavia, possiamo fare meglio per il futuro.
Aver autorizzato i medici di medicina generale a prescrivere gli antivirali può essere quindi un’opportunità per tutti. A cominciare dai pazienti che possono avere un più semplice e veloce accesso a un trattamento contro Covid-19 che si è rivelato molto promettente nel prevenire l’ospedalizzazione e la mortalità. Ma anche per i medici di medicina generale che – o almeno così mi auguro – possono iniziare ad uscire da quell’isolamento burocratico in cui sono stati relegati ormai da molto tempo. E per il sistema sanitario in generale, così bisognoso di una medicina territoriale più solida e forte. Stiamo parlando di un cambiamento importante, per certi versi vitale. considerato che ancora oggi non sappiamo quando l’emergenza Covid-19 finirà. Ma è un cambiamento che va gestito e governato con coscienza, conoscenza e formazione continua.
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