L’intervista al presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID): «Le persone con diabete e obese che contraggono l‘infezione hanno un rischio di andare in ospedale, in rianimazione e morire dalle 2 alle 4 volte più alto. Il Long Covid può aumentare i livelli di glucosio nel sangue tra le persone con diabete di tipo 1 e 2». Vediamo perché
Ancora prima dello scoppio della pandemia di coronavirus, i ricercatori prevedevano una pandemia di obesità e diabete, visto l’incremento di queste due malattie a livello mondiale.
In Italia, primo paese occidentale raggiunto da Sars-CoV-2, il legame tra diabete e rischio di sviluppare Covid-19 grave è stata subito manifesta agli esperti. Al contrario delle ipotesi iniziali, sembra che i diabetici non presentino un rischio maggiore di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2. È, invece, assolutamente certo l’enorme effetto negativo esercitato dal diabete sulla probabilità che un soggetto positivo necessiti di ricovero, di terapia intensiva e soccomba al virus. Anche un’iperglicemia sconosciuta al momento del ricovero per Covid-19 – presente nel 40% dei pazienti – è un potente fattore di rischio per l’andamento sfavorevole della malattia.
Ad oggi, la ricerca diabetologica a cui partecipa attivamente la Società Italiana di Diabetologia (SID), indaga i meccanismi immunologici di risposta all’infezione. Si cerca di capire se esiste la possibilità che il nuovo coronavirus aggredisca le beta cellule pancreatiche, conducendo allo sviluppo del diabete. Inoltre, analizza il Long Covid, le conseguenze a lungo termine sui guariti e sull’intera popolazione.
Sono tante le domande a cui cercano di rispondere gli esperti. La prima, se la pandemia abbia impresso un’accelerazione alla crescita del diabete nel nostro Paese. E non solo per la possibilità che il coronavirus distrugga le cellule che producono insulina ma anche per l’adozione di stili di vita poco sani. La seconda, se le persone con diabete siano maggiormente a rischio di sviluppare il Long Covid. E la condizione caratterizzata da sintomi persistenti dopo la guarigione e che, in molti casi, possono confondersi con le complicanze croniche del diabete.
Con il presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) Agostino Consoli abbiamo approfondito a 360°la relazione tra diabete e Covid-19 e chiarito le sfaccettature di questa associazione.
«Per quanto si fosse pensato all’inizio che il diabete conferisse anche una maggiore suscettibilità all’infezione questo non sembra essere il caso. Il diabetico e il non diabetico si contagiano in maniera simile. Per l’obeso questo è meno chiaro: ci sono alcuni dati che fanno pensare ad un aumento della possibilità di contrarre la malattia ma sostanzialmente sembrerebbe non ci sia un aumentato rischio di infezione. Molto diverso è il discorso sul rischio dell’outcome. Le persone con diabete e obese e ancora di più i diabetici obesi che contraggono l‘infezione hanno un rischio di andare in ospedale, in rianimazione e morire dalle 2 alle 4 volte più alto rispetto a chi non ha il diabete. Questo rischio, per ciò che riguarda i diabetici, è particolarmente più elevato quanto peggiore è il contorno della malattia al momento dell’infezione nelle prime fasi. È un circolo vizioso: il diabetico ha una prognosi peggiore, la malattia peggiore nel diabetico, peggiora il controllo metabolico e aumenta la glicemia. E le due cose fanno un corto circuito».
«Il vaccino protegge tanto i diabetici quando i non diabetici. A parità di ciclo vaccinale il diabetico una volta che si infetta avrà qualche possibilità in più di outcome sfavorevole. Detto questo, una volta che ho completato il ciclo vaccinale le possibilità di avere outcome sfavorevoli sono per fortuna abbastanza basse sia per diabetici che non diabetici, un pelo di più per i primi».
«Lo studio schematizza una serie di dati che tendono in quella direzione. Le persone non diabetiche che contraggono l’infezione da Covid e in particolare chi ha poi il post Covid hanno rispetto, alle persone che non hanno contratto la malattia, un rischio maggiore di avere glicemia alta, dover usare farmaci o le due cose insieme. Questo rischio è più alto tanto più il rischio di diabete era già aumentato prima di contrarre il Covid. Mi spiego: una persona che ha familiarità per diabete è inattiva, è obesa, non mangia fibre, frutta e verdure ha un rischio alto di sviluppare il diabete. Più sono questi elementi maggiore è il rischio nel momento in cui insorge l’infezione. È come se questo rischio venisse moltiplicato. Peggio stavo come rischio all’inizio più ho possibilità che l’infezione mi scateni la malattia. Il Covid rende manifesto un diabete che era lì per arrivare».
«Sì, sia di tipo 1 che di tipo 2. Il Long Covid si trascina con sé un’alterazione, uno stato infiammatorio che nel caso della malattia acuta è intenso. Nel Long Covid permane a livelli meno elevati e questo stato infiammatorio ha una serie di conseguenze negative sul metabolismo lipidico. Da una parte, riduce la capacità di agire dell’insulina, induce quindi una resistenza all’insulina. Dall’altra, e questo riguarda chi ha il diabete di tipo 2, che hanno ancora un pancreas che risponde, questo tipo di ambiente da lunga infiammazione peggiora la possibilità delle cellule di intercedere l’insulina».
«Spezzare mi sembra eccessivo, però, a tutti i livelli, l’attività fisica sana – non c’è bisogno della maratona ma di 10mila passi al giorno – di tipo aerobico, anche non particolarmente intensa, aiuta in genere. Aiuta chi è grasso, chi è magro, chi ha avuto o non avuto il Covid. Dovrebbe far parte della routine di ciascuno. Questo può mitigare gli effetti negativi del Long Covid e dell’infezione che possono portare il metabolismo aldila della soglia di rottura e scatenare il diabete».
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