La Presidente della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) Barbara Mangiacavalli: «Giornata dedicata ai 90 infermieri morti per il Covid, ora più formazione e riconoscimento professionale»
Ricorre il 12 maggio la Giornata internazionale dell’infermiere, celebrata ogni anno con l’obiettivo di valorizzare questa figura professionale.
«Un esercito di 460mila lavoratori – si legge nella nota della Fnopi – uomini e donne che silenziosamente, ogni giorno, combattono nelle corsie degli ospedali, nei reparti di terapia intensiva, nelle residenze per anziani o a fianco di malati terminali. Le storie di coraggio e paura, tante, sono state raccontate durante l’emergenza sanitaria, quando gli infermieri sono diventati eroi. Hanno contato anche loro i caduti e hanno continuato a lavorare in prima linea, dove oggi lottano ancora.
La pandemia ha rivelato, però, le falle del sistema: un esercito insufficiente e, spesso, non adeguatamente armato. Oggi, nella giornata internazionale dell’infermiere, si tirano anche le somme e si guarda ai troppi fronti ancora scoperti. Secondo l’Observatory on healthcare organizations and policies in Italy (OASI) di Cergas Bocconi, oggi mancano all’appello 70mila unità. Non a caso, durante l’emergenza Covid, il Governo ha dovuto far fronte ai vuoti di organico consentendo a personale straniero di lavorare anche in strutture pubbliche senza il riconoscimento del titolo di studio e attualmente alcune regioni utilizzano professionalità non infermieristiche, con la formazione di personale socio sanitario. Oggi, nella giornata internazionale dell’infermiere, è un dovere fare un bilancio per comprendere come lo Stato deve supportare la federazione e i suoi iscritti che si sono battuti con modalità straordinarie negli ultimi due anni.
Sono in totale 456.069 gli infermieri in Italia, ma soltanto 395mila sono attivi, con una maggioranza assoluta di donne, che raggiunge il 78%, In base al Pnrr, sono necessari circa 50mila infermieri in più, ma il “DM 71” (delibera del Consiglio dei Ministri 21 aprile 2022), che definisce “Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”, prevede che si passi dall’attuale copertura del 4-6% per gli over 65 almeno al 10%. Percentuali che, secondo Oasi del Cergas Bocconi, si traducono così in un fabbisogno di circa 70.000 unità. Mentre in prospettiva, la cifra cresce ancora considerando gli infermieri già presenti nei servizi oggi esistenti sul territorio,
Secondo l’analisi sui dati della Rilevazione forza lavoro dell’Istat, circa il 40% degli infermieri occupati nel Servizio sanitario nazionale svolge lavoro straordinario. (circa 108mila unità su 270mila dipendenti). Nel 4,5-5% le ore di lavoro sono in eccesso rispetto ai normali parametri previsti. Inoltre, sempre secondo l’analisi della Rilevazione forze lavoro Istat, mentre risulta che il lavoro notturno è la modalità di lavoro meno diffusa nelle professioni tradizionali (lavora di notte solo il 10,2% degli occupati.) tra gli infermieri dei servizi ospedalieri il 57,8% afferma di aver lavorato di notte nelle ultime 4 settimane e il 44,4 per due o più volte ogni settimana. Le percentuali relative al lavoro domenicale, nelle professioni esterne al sistema sanitario, scendono sotto il 20%, per gli infermieri, invece, il lavoro domenicale è quasi la norma, e tocca il 68,3% nei servizi ospedalieri.
Durante la pandemia, per fare fronte alla carenza di infermieri, con decreti emergenziali sono stati richiamati in servizio momentaneo gli infermieri in quiescenza, è stata data, agli infermieri stranieri, la possibilità di lavorare in Italia, in strutture pubbliche e private, senza il riconoscimento di titolo e formazione. Attualmente, per far fronte all’assenza di professionisti, alcune regioni stanno prevedendo una formazione per operatori sociosanitari (Oss) da integrare nelle strutture.
La mancanza di personale infermieristico, nel breve-medio periodo non è ammortizzabile con interventi che incidano sul numero di infermieri formati negli Atenei e inoltre il numero di infermieri formati ogni anno non riuscirebbe a coprire le esigenze (considerando il turn over) nemmeno nei prossimi quindici anni.
Oggi sono circa 22 milioni le persone con cronicità in Italia: 8,8 milioni con almeno una patologia cronica grave e 12,7 milioni con due o più malattie croniche in tutte le fasi della vita. Nel 2028 il numero di malati cronici salirà a 25 milioni e dei pazienti multi-cronici a 14 milioni. Per questo il Pnrr punta su un’assistenza territoriale sanitaria, ma anche sociale e, soprattutto, di prossimità. Gli sviluppi dovranno essere tangibili già quest’anno con l’attuazione del decreto ministeriale 71. L’obiettivo è lo sviluppo di una rete territoriale dell’assistenza sociosanitaria che consenta la vicinanza ai pazienti partendo dall’idea della “casa come primo luogo di cura”’, per arrivare alle ‘Case della comunità’ e alla rete ospedaliera con l’ammodernamento delle dotazioni tecnologiche. È essenziale quindi per la professione infermieristica, nell’impossibilità di un’immediata crescita quantitativa, una crescita qualitativa. Oggi, nella Giornata internazionale dell’infermiere, è fondamentale avviare un confronto che consenta di individuare azioni strutturali in grado di rafforzare le tutele verso una professione determinante per una corretta erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
Secondo studi internazionali (come Rn4Cast, pubblicato su The Lancet), ipotizzando che si riuscisse ad avere un rapporto di un infermiere ogni sei pazienti e nello staff fosse presente, almeno il 60% di infermieri laureati, potrebbero essere evitate 3.500 morti l’anno. Nella dotazione organica, rapporto infermiere/pazienti, a ogni aumento di un’unità paziente per infermiere, la probabilità di morte del paziente aumenta del 7%. A ogni aumento del 10% di personale infermieristico laureato corrisponde una diminuzione del 7% di mortalità. Le carenze di personale e la necessità di fare ricorso al lavoro straordinario portano a un elevato tasso di fungibilità della professione, impiegata in tutte le situazioni in cui l’assistenza scarseggia, senza tenere in alcun conto il livello di formazione raggiunta dalla maggior parte degli infermieri attraverso il conseguimento della laurea triennale o magistrale.
L’età media degli iscritti agli ordini è 52,2 anni (era 45,6 nel 2019), quella dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale 56,49, con differenze nelle regioni, dove il blocco del turn over è totale (in Campania tra iscritti all’albo e dipendenti ci sono 8,4 anni) e minori in quelle a Statuto speciale, che si comportano in autonomia (in Friuli-Venezia Giulia la differenza è 1,38 anni a sfavore dei dipendenti), seguite dalle Regioni Benchmark: in Emilia-Romagna, Lombardia e così via. Le Regioni che hanno il maggior numero di infermieri al di sotto di 28 anni sono: Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Sicilia. Le Regioni che hanno il maggior numero di infermieri al di sopra dei 58 anni sono: Lombardia, Sicilia, Lazio, Campania e Emilia-Romagna».
«Durante la pandemia sono morti 90 infermieri, in questo numero rientrano anche sei suicidi, dedichiamo a loro, ai nostri ‘caduti’, la giornata internazionale dell’infermiere. E’ necessario che, alla luce di quanto è successo durante la pandemia e per impedire che in futuro situazioni emergenziali possano coglierci impreparati, il Governo intervenga in modo incisivo, sia sui numeri, visto che secondo le stime mancano 70mila unità, sia sulla formazione e il riconoscimento professionale – commenta Barbara Mangiacavalli presidente della Fnopi – È quindi auspicabile – ha aggiunto – l’avvio di un processo di riforma dei percorsi accademici, che dovrà tradursi in un graduale ampliamento dei numeri programmati e, in particolare, nell’accesso a lauree magistrali a indirizzo clinico, con l’obiettivo di sviluppare e valorizzare le specificità della professione infermieristica ampliando formalmente le competenze dell’infermiere sia in termini di autonomia e responsabilità, sia per la capacità di programmazione, regolazione e autocontrollo sulle attività di propria competenza nei diversi ambiti» conclude.
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