Sono un anestetista dipendente di una clinica privata. Fino ad oggi, pur essendo dipendente, ho provveduto ad assicurarmi in proprio in quanto la mia struttura, per quanto ricordo, non ha mai stipulato alcuna polizza a protezione della sua responsabilità civile. Questa scelta ovviamente costituisce per me un costo al quale gradirei fare a meno! Le […]
Sono un anestetista dipendente di una clinica privata. Fino ad oggi, pur essendo dipendente, ho provveduto ad assicurarmi in proprio in quanto la mia struttura, per quanto ricordo, non ha mai stipulato alcuna polizza a protezione della sua responsabilità civile. Questa scelta ovviamente costituisce per me un costo al quale gradirei fare a meno! Le chiedo se sia vero che la nuova legge stia cambiando le regole del gioco a favore dei dipendenti delle strutture? Può darmi un’idea di questi cambiamenti?
Effettivamente la legge Gelli stabilisce forti innovazioni in termini di assicurazione e responsabilità facendo anche un po’ di chiarezza nei rapporti tra strutture ed operatori sanitari. La ratio è quella della protezione del paziente in forza della quale le Strutture devono garantire la tutela di tutti coloro che ricorrono alle loro prestazioni a prescindere da colui che le eroga. Indirettamente l’operatore sanitario dipendente, o assimilato, ne trae un vantaggio in quanto il legislatore ha stabilito che debba essere il datore di lavoro a provvedere a rispondere dei danni da questo procurati ai pazienti (con un limite, quello della colpa grave).
Conseguentemente Lei è esentato da stipulare una propria polizza di Responsabilità professionale in quanto è la struttura che deve provvedere in tal senso.
Lei, come dipendente della struttura, dovrà invece munirsi di una polizza che la garantisca dall’azione di rivalsa da parte di colui che ha pagato il danno (l’assicuratore o la stessa struttura) soltanto in caso di sua acclarata responsabilità per colpa grave.
Ma la legge concede alla struttura un’alternativa; quella che viene chiamata “autoassicurazione”, che in verità si realizza nella “non assicurazione”. Cioè la legge concede alla struttura di “tenersi il rischio in proprio” e quindi provvedere a far fronte direttamente con il suo portafoglio al risarcimento dei danni cagionati ai pazienti.
Questa alternativa concessa al datore di lavoro non dovrebbe modificare la posizione dell’operatore sanitario dipendente. Almeno lo speriamo. Infatti in caso di latitanza della struttura l’eventuale citazione effettuata dal paziente al medico dovrebbe essere dal giudice rigettata per mancanza di legittimazione passiva; come dire che il paziente non poteva citare il medico dipendente in quanto lo stesso risponde solo ed esclusivamente a seguito di rivalsa per colpa grave. Certo il medico subirà la seccatura di doversi costituire in giudizio.
Questa alternativa dell’autoassicurazione concessa alle strutture è quindi un’insidia, e non soltanto per coloro che ci lavorano, ma anche per i pazienti. Il panorama delle strutture private italiane infatti non è costituito soltanto da grandi e solvibili gruppi ma anche di piccole aziende che potrebbero non avere mezzi finanziari per far fronte a risarcimenti di entità medio-grande.