Colacurci (SIGO – Università Vanvitelli): «Per gestire al meglio questi disturbi puntare su maggior accudimento della gravida e supporto emotivo/psicologico, soprattutto nel post parto»
Le voglie e la nausea. Due fattori che dalla notte dei tempi si legano indissolubilmente alla fenomenologia della gravidanza. Due fattori solo apparentemente opposti, più spesso speculari e concomitanti, in quel coacervo di contraddizioni sintomatologiche che è lo status gravidico, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
E allora ecco che a un desiderio irrefrenabile di un cibo in particolare si può accompagnare un senso di disgusto generale o verso altri specifici sapori e odori. Da sempre si cerca, a tutti i livelli, di dare una spiegazione a questi due fenomeni, sui quali aleggiano, però, molti più falsi miti e credenze popolari che fondamenti scientifici. Ne abbiamo parlato con il professor Nicola Colacurci, Ordinario di Ginecologia presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e neopresidente della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia).
«Le voglie in gravidanza non trovano riscontro in alcun fondamento scientifico. Se le donne manifestano un particolare desiderio di alimenti dolci, ad esempio, non dipende assolutamente da deficit nutrizionali specifici della gravidanza, ma sono più probabilmente manifestazioni esteriori di un aumentato desiderio di accudimento da parte della gravida, di una maggiore esigenza di sentirsi accolta e amata da parte del partner e dal contesto familiare. Quel che è vero è che in gravidanza i gusti cambiano, a causa del riequilibrio ormonale e della funzionalità dei vari organi: alimenti che prima della gravidanza risultavano sgraditi diventano improvvisamente appetibili, e viceversa, allo stesso modo, possiamo dire, dei cambiamenti del gusto che spesso intervengono tra l’infanzia e l’età adulta».
«Assecondare questi desideri è sicuramente possibile, purché non interferiscano con il mantenimento dell’aumento ponderale entro la soglia consigliata che è di circa 10 chili in tutta la gravidanza, e tenendo presente che nel primo trimestre non dovrebbe aversi aumento ponderale. Il rischio è di incorrere in complicazioni come gestosi e diabete gestazionale che possono essere molto pericolose. Insomma, sì a qualche sgarro, ma con moderazione. C’è poi bisogno di sradicare un certo tipo di cultura che ancora oggi vuole che la donna in gravidanza “mangi per due”. Non è solo la donna a doversi emancipare da questo falso mito, è tutto il contesto familiare di riferimento. Viceversa, la gravida deve mangiare per uno ma alimentarsi al meglio, seguire una dieta il più possibile sana e varia, e praticare con moderazione attività fisica».
«La nausea, come altre manifestazioni neurovegetative frequenti in gravidanza, ad esempio il vomito o la scialorrea, è un’espressione dell’inconscia mancanza di adattamento allo status della gravidanza. Si tratta non a caso di un fenomeno che tende a scomparire dopo il primo trimestre, e per combattere il quale, fortunatamente, esiste un valido prodotto in commercio privo di controindicazioni per mamma e bambino. Il consiglio, tuttavia, che diamo alle gravide alle prese con questo disturbo è di focalizzarsi su di esso il meno possibile, di accettarlo in qualche modo. Solo in casi rari abbiamo l’estremo dell’iperemesi gravidica, che richiede dieta liquida e talvolta ospedalizzazione, quest’ultima valida anche per allontanarla da un contesto che a livello inconscio può agire negativamente sull’importanza dei sintomi. Ricordiamo che l’80% delle gastropatie sono da attribuire a fattori psicologici».
«La gravidanza è sicuramento un momento unico e impegnativo dal punto di vista psichico ed emotivo: la donna deve ripensare sé stessa, dal punto di vista personale e sociale, indipendentemente dal fatto che la gravidanza fosse desiderata o meno, e questa nuova responsabilità, che dura per la vita, può essere inizialmente destabilizzante. Così come può essere destabilizzante il momento del parto e soprattutto il postpartum, un altro momento in cui la donna ha forte bisogno di supporto emotivo e talvolta psicologico per evitare, o porre rimedio, ai fenomeni del baby blues e di una eventuale depressione postpartum».
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