Il centro di adroterapia oncologica di Pavia, unico in Italia per il trattamento di tumori radioresistenti, nei prossimi tre anni raddoppierà le macchine, mentre ha avviato nuove sperimentazioni su pancreas, esofago, melanomi e per utilizzare i protoni nel trattare le aritmie refrattarie ai farmaci
Il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica), uno dei sei centri al mondo in grado di trattare i cosiddetti tumori inoperabili o radioresistenti raddoppia le macchine ed esplora nuove terapie. Unico in Italia, si trova a Pavia a pochi metri dal Policlinico San Matteo.
Per molti è l’ultima spiaggia, di sicuro nel sincrotrone sono riposte le speranze di oncologi, scienziati e di tutti coloro che lavorano per strappare alla morte un paziente affetto da un tumore particolarmente aggressivo o raro, e in futuro potrebbe diventare anche un’ancora di salvezza per pazienti con aritmie refrattarie ai farmaci.
«Il sincrotrone è un particolare tipo di acceleratore in cui convivono campi elettrici e magnetici che variano nel tempo – spiega Simone Savazzi Fisico del CNAO -. Tra gli elementi fondamentali del sincrotrone c’è la cavità RF che accelera il fascio giro dopo giro fino a far raggiungere l’energia richiesta per il trattamento con protoni o ioni di carbonio».
Quello che differenza un sincrotrone da altri acceleratori (ad esempio quello presente nel CERN) è la capacità di cambiare l’energia in maniera attiva, «Ogni terapia viene modulata sul paziente e dunque viene studiata la dose e come deve essere erogata – racconta Viviana Vitolo, medico radioterapista che si occupa di patologie del distretto gastroenterico, sarcomi e del distretto addominale e pelvico -. Poi, viene trascritta nel linguaggio della macchina che attiva il fascio e raggiunge in mezzo secondo la velocità di 80 mila chilometri. L’energia prodotta viene trasferita sul paziente collocato nella sala di trattamento, andando a colpire ogni singola particella del tumore fino a coprire tutto il volume».
Una seduta giornaliera dura cinque minuti. Per la terapia con ioni e carboni sono sufficienti 16 sedute, mentre per i protoni ne occorrono tra 25 e 30 con almeno due campi di direzione diversi. «Il paziente sdraiato – prosegue il medico – viene ancorato al lettino con una maschera termo plastica. Dalla macchina viene rilasciato il fascio di particelle selezionate per la terapia, di protoni o di ioni di carbonio a seconda dello stadio e della sede della malattia. Noi trattiamo per definizione i tumori radioresistenti quindi i sarcomi, i tumori delle ghiandole salivari, quindi del distretto testa e collo, di melanomi mucosi sia del distretto Cervico cefalico che ginecologico; trattiamo tumori del distretto neuro oncologico in particolare meningiomi siti in sedi critiche. I protoni che sono più selettivi dei raggi X e possono dare dei vantaggi quando la sede del tumore è vicina al nervo ottico o al tronco encefalico, mentre lo ione carbonio è più aggressivo verso i tumori come i sarcomi che hanno una minore capacità di risposta elettromagnetica». A distanza di due o tre mesi, risonanza magnetica e tac diranno se la terapia ha dato esito positivo, e dunque se la massa tumorale ha arrestato la crescita o è regredita. «I risultati su tumori delle ghiandole salivari, e sui sarcomi lasciano ben sperare», aggiunge Vitolo.
Diversi gli studi clinici attivi su impiego di protoni e ioni di carbonio in ambito oncologico per il trattamento del tumore al pancreas, dell’esofago e dei melanomi mucosi del distretto ginecologico. Importanti progetti vedranno il Cnao protagonista anche in altri ambiti di ricerca: «Si tratta dell’utilizzo delle radiazioni per il trattamento delle tachicardie ventricolari – sottolinea il medico – , questo è un campo completamente nuovo anche per la radioterapia convenzionale, e consiste nell’utilizzo delle radiazioni in pazienti con aritmie refrattarie ai farmaci e alle ablazioni trans catetere e che non hanno alternative di trattamento. Da qualche anno si sta valutando l’uso della radioterapia e ora si lavora con i protoni. Il trattamento consiste nell’erogare una singola dose di 25 gray nella regione del cuore dove ha origine l’aritmia. L’idea è che i protoni possano essere più vantaggiosi dei fotoni anche in questo ambito. Noi abbiamo trattato un singolo paziente in ambito compassionevole a fine 2019 con risultati incoraggianti e adesso facciamo parte di un gruppo di studio di un network europeo che sta testando la creazione di un protocollo comune, e di un database per trovare la modalità ottimale di gestione di questa tipologia di paziente» precisa.
«Nei prossimi tre anni ci sarà una grossa espansione – aggiunge Simone Savazzi – è prevista l’installazione di una macchina solo di protoni che avrà una testata rotante e quindi permetterà di entrare ed erogare il fascio da qualunque direzione e permetterà di ampliare il range dei trattamenti clinici e fare molti più pazienti pediatrici di quelli fatti fino ad ora. Inoltre, verrà installato un piccolo acceleratore di protoni dedicato alla produzione di un fascio di neutroni per una terapia binaria che prevede l’azione combinata di due elementi: isotopo del boro e neutroni termici. È una sorta di chemioterapia fatta con le particelle, il boro viene iniettato nel paziente attraverso un veicolante e va a legarsi alle cellule tumorali, ma a differenza della chemioterapia non è un isotopo radioattivo e non emette radiazioni e quindi non darà gli effetti collaterali tipici es perdita di capelli», precisa il fisico -. «I neutroni andranno ad interagire con il boro che produce elementi radioattivi. In questo modo si andrà a colpire la singola cellula tumorale e quindi potrà essere utilizzato per tumori molto complessi o addirittura metastatici» conclude.
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