Per il Sottosegretario Sileri la sanità ha bisogno di investire sul personale, aumentando le retribuzioni e puntando sulla formazione
«Il territorio è la vera rivoluzione culturale della nuova sanità, ma abbiamo bisogno di investire di più sul personale». Il Sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri torna a parlare di quello che l’ultimo rapporto dell’Eurispes definisce i due capisaldi della riforma della sanità: le cure domiciliari e l’assistenza territoriale.
«Al centro del progetto finanziato dal PNRR c’è la medicina del territorio, da intendersi come area geografica con le variabilità legate per esempio ai flussi lavorativi o turistici, con i pazienti che hanno caratteristiche specifiche di età e patologie prevalenti – spiega Sileri – . La nuova sanità – aggiunge – sarà sempre meno ospedalo-centrica, e più ancorata al territorio, con le Case di Comunità ed un ruolo migliore per i medici di famiglia».
Il rapporto dell’Eurispes, presentato questa mattina, afferma che la pandemia «ha posto le basi per una pianificazione intesa al potenziamento e alla riorganizzazione della rete sanitaria». Un provvedimento chiave su questo fronte è il PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che, sulla scorta dei progetti contenuti in particolare nella missione 6, pianta le radici su cui far crescere la riforma dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria territoriale. «La finalità che sembra ispirare il processo riformatore è quella di rafforzare l’assistenza sanitaria e sociosanitaria attraverso l’incremento della domiciliarità e la conseguente riduzione della istituzionalizzazione delle persone più fragili» si legge nel report.
Ma non ci può essere alcuna riforma se non si investe sugli operatori della sanità, in primis i medici di famiglia. «Per questi ultimi occorre migliorare le condizioni di lavoro che oggi spesso sono soffocati dalla burocrazia, e fornire ad essi strumenti che consentano loro di filtrare al meglio le esigenze che vengono dal territorio», dice Sileri. «Ma potenziare il territorio vuol dire anche valorizzare figure professionali che non possono più essere le stesse di 15 anni fa come gli infermieri specializzati, ed applicare soluzioni innovative come la telemedicina. Nel nuovo sistema – continua – al centro c’è il paziente, e la parola chiave è “prossimità di cura”».
«Occorre investire sul personale – spiega Sileri – in una duplice direzione: anzitutto vanno aumentate le retribuzioni, che sono al di sotto delle medie degli altri paesi, per evitare che molti sanitari lascino a 40/45/50 anni, o peggio i giovani dopo la specializzazione vadano all’estero e non tornino più. La seconda cosa è investire sulla formazione, che è una cosa che non si avverte, non fa notizia, non “fa cassa”. Con la formazione migliorano le prestazioni sanitarie, si riducono i tempi di ricovero e di recupero, si migliora la produttività e il rientro al lavoro del paziente».
«È fondamentale inoltre – aggiunge Sileri – la partnership pubblico-privato: non è ammissibile infatti che una sanità che punti all’eccellenza non interagisca col territorio e con l’ambiente circostante: università, industria, etc. Oggi spesso chi lavora nel pubblico ha paura di fare partnership con l’ambiente privato, o forse è pregiudizio. Ma la partnership, beninteso con regole fissate dal pubblico, è indispensabile per fornire una sanità di qualità: la storia dei vaccini Covid ne è un chiaro esempio».
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