In vista della riunione che si terrà a Vienna dal 21 al 23 giugno l’Associazione Italiana Epidemiologia ha scritto al Ministero degli Esteri affinché il nostro paese sia almeno spettatore dell’incontro come Germania e Norvegia. Il capogruppo: «L’obiettivo è il disarmo nucleare dell’Italia. I danni immediati in termini di morti e feriti che risulterebbero dall’esplosione di una bomba atomica, supererebbero di gran lunga la capacità di assistenza sanitaria del Paese»
“NO alla detenzione di armi nucleari”, questo l’appello lanciato dall’Associazione Italiana Epidemiologia (AIE) al Governo italiano. L’occasione è la riunione che si terrà a Vienna dal 21 al 23 giugno per il trattato internazionale di proibizione delle armi nucleari approvato nel 2021 dalle Nazioni Unite e che sancisce lo stop non solo all’uso, ma anche alla detenzione di armi nucleari. L’Italia non aderisce e questo è il motivo per cui l’AIE nei giorni scorsi ha fatto recapitare una missiva al Governo affinché si allinei con gli Stati aderenti.
«Il nostro intento è convincere i governanti a partecipare, in una prima fase da spettatori per poi dare l’adesione», spiega Pirous Fateh-Moghadam dirigente medico dell’osservatorio epidemiologico del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento e capogruppo di lavoro nella commissione AIE per la Pace.
«L’obiettivo è il disarmo nucleare del paese il che starebbe a significare la messa al bando di tutte le testate nucleari. Secondo le stime fatte da ICAN (International Compaign for the abolish nuclear weapons), l’associazione che organizza la riunione di Vienna, sono una quarantina sul territorio nazionale, in particolare ad Aviano e Chieti – spiega il capogruppo AIE per la Pace – un passaggio assolutamente necessario per preservare il mondo intero. La prevenzione per evitare una guerra nucleare è necessaria perché riguarda tutti ed ora esiste una situazione di pericolo reale, per questo l’Italia non può restare fuori. Dobbiamo partecipare alla riunione di Vienna almeno da spettatori, come faranno Germania e Norvegia».
Il messaggio dell’associazione scientifica che riunisce epidemiologi italiani è chiaro, come si legge nella lettera destinata al Ministro degli Esteri: «Le armi nucleari provocano danni immediati in termini di morti e feriti, che superano di gran lunga la capacità di assistenza sanitaria anche in contesti ben organizzati. Le nostre infrastrutture sanitarie non sono e non possono essere preparate per la catastrofe umanitaria che risulterebbe dall’esplosione anche di una sola bomba atomica in una delle nostre città».
Le parole degli epidemiologi fanno leva proprio sulle conseguenze che uno scoppio avrebbe sulla popolazione. «Ospitare le armi nucleari significa essere disponibili ad utilizzarle – ribadisce Pirous Fateh-Moghadam -. Anche se solo per difesa significa essere disposti comunque a sterminare la popolazione civile di un altro Paese perché gli effetti sulla popolazione e sulle infrastrutture sarebbero tali da generare una catastrofe umanitaria».
Per far comprendere gli effetti che avrebbe lo scoppio di una testata nucleare sulla salute della popolazione l’AIE sta lavorando anche alla redazione di schede informative che stimano le conseguenze dell’impatto prendendo da esempio alcune città italiane. «Per fare questo vorremmo replicare la metodologia di ICAN che, grazie ad un algoritmo, ha prodotto una stima dei danni che ci sarebbero in una località. Prendendo ad esempio la città di Trento con una potenza dell’arma nucleare che è di gran lunga superiore a quelle utilizzate a Hiroshima e Nagasaki, uno scoppio in centro città causerebbe 50 mila morti e altrettanti feriti; non solo le infrastrutture sanitarie verrebbero polverizzate e rimarrebbero all’incirca 2000 posti letto in tutta la provincia non sufficienti per far fronte all’emergenza e i feriti morirebbero abbandonati con nessuna possibilità di ricorrere all’assistenza sanitaria necessaria».
Lo scenario che si verrebbe a generare, secondo la simulazione fatta dal sito ICAN sarebbe apocalittico: «Nella zona dell’impatto tutto verrebbe vaporizzato, mentre l’alone di radiazioni che si svilupperebbe nelle aree limitrofe provocherebbe la morte di migliaia di persone nell’immediato e negli anni successivi per cancro. L’onda d’urto distruggerebbe gli edifici, provocherebbe incendi e ustioni di terzo grado nelle persone – mostra nel dettaglio il capogruppo della commissione AIE per la Pace –. Più lontano l’onda d’urto farebbe scoppiare le finestre provocando altri feriti. L’effetto delle radiazione sarebbe ancora più forte se la bomba nucleare dovesse scoppiare a terra».
Sono nove le nazioni che posseggono testate nucleari: Russia, USA, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan Israele e Corea del Nord. Cinque invece quelle che le ospitano sul proprio territorio: Germania Belgio, Olanda, Turchia e Italia e poi ci sono altri 26 Stati che, pur non avendo armi nucleari, si sono dichiarati a favore del possesso e dell’uso. «C’è chi sostiene che il terrore tenga in equilibrio la situazione, ma non possiamo fare leva sulla paura per evitare una distruzione di massa. Potrebbe sfuggire di mano la situazione ed allora sarebbe impossibile evitare l’irreparabile. Dobbiamo allora fare massa critica – conclude il rappresentante di AIE -. Oltre alla lettera del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Epidemiologia e del gruppo di lavoro per la Pace che abbiamo mandato al Ministero degli Esteri, stiamo raccogliendo sul nostro sito le firme di medici, scienziati e cittadini impegnati nella promozione della salute. È importante che tutti coloro che hanno a cuore il nostro Paese e il mondo intero diano voce a questa iniziativa».
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