A Sanità Informazione Valentina Capogna racconta come ha ripreso in mano la sua vita, segnata dai DCA, da anni di bulimia nervosa: «Ho imparato ad ascoltare i segnali del mio corpo, allenare il muscolo del cuore, sciogliere la corazza coperta da chili di cibo. Per donare amore a me stessa e agli altri. Cambiando io, è cambiato tutto il mondo intorno a me»
Valentina è una ragazza di 27 anni con un sorriso radioso e tanta voglia di raccontarsi. Si definisce una persona caparbia, tenace e curiosa. Ma, soprattutto «con una grandissima capacità introspettiva. È la cosa che più mi ha colpito e portato a scoprire tante cose di me».
In cerca della sua «missione di vita» è un tecnico della prevenzione dell’ambiente e dei luoghi di lavoro. Ha lavorato in Ats durante l’emergenza Covid a Bergamo ed è ora «in cerca della sua strada». Quel che è certo, si sta dedicando ad un progetto importantissimo: scrivere un libro, frutto della vittoria personale sui disturbi alimentari. La condivisione di un’esperienza lunga, dolorosa e complicata, affrontata con forza, coraggio e determinazione. E la trasformazione in un messaggio di speranza per quasi tre milioni di persone.
I disturbi dell’alimentazione più diffusi sono: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED).
Nell’intervista a Sanità Informazione, Valentina riferisce appassionata la sua esperienza. «Ho sofferto per 10-11 anni di bulimia nervosa, alternata a fasi di anoressia e binge eating – ammette -. Definirei il disturbo alimentare come un’amica-nemica. La migliore alleata, l’ancora di salvezza nei momenti in cui stai male. Ti rifugi in lei perché non hai altro modo per reagire. La tua nemica perché poi ti toglie tutto ciò che è il bello della vita. Ti chiude in un piccolo mondo fatto di abbuffate, numeri e ossessioni da cui non riesci a vedere via d’uscita. Alcune emozioni e sensazioni – spiega – erano così forti che non riuscivo a viverle. Ho iniziato a “mangiarmi le emozioni” e ciò che c’era dietro».
Una storia iniziata molto presto, a soli 12 anni. «La mia vita è stata un continuo di diete, comune nelle persone con disturbi alimentari. La prima inizia giovanissima: avevo qualche chilo da perdere e alcuni problemi di salute. Mi ha seguito un’endocrinologa». Stare a dieta a quell’età significava non avere amici, rinunciare al gelato il pomeriggio, avere lo stress dei controlli settimanali. «Probabilmente ho incontrato la professionista sbagliata – prosegue – mi ha inculcato il fatto che se avessi perso peso sarei stata una brava bambina e se non avessi perso peso no. Me lo sono portato nel tempo. Da quel momento, un continuo sali e scendi fono a 14 anni quando penso sia iniziato il mio disturbo alimentare».
Gli obblighi producono su Valentina l’effetto contrario. «La restrizione mi ha portato a ricercare il cibo perché è arrivato un momento in cui il mio peso si è bloccato, anzi aumentava. La dottoressa mi rimproverava di aver mangiato ma io non mangiavo, ero perfetta. Con il tempo, si è scoperto che avevo un problema alla tiroide e l’iperinsulinemia. Per reazione, visto che non mangiavo e il peso non scendeva, ho iniziato a mangiare di nascosto tutto quello che trovavo in dispesa. Un giorno, poi due, tre, quattro e tutti i giorni». Inizia la bulimia nervosa.
A gennaio 2017, arrivata ad un’obesità di secondo livello con più di 40 chili di sovrappeso, Valentina pensa di aver trovato la sua ancora di salvezza. Ad una dieta rigorosa associa ore ed ore di attività fisica che le permettono di perdere in un anno più di 30 chili. Arrivando alla laurea felice «con il vestito dei sogni, pensando che essere magra potesse essere la cosa più bella». In realtà, il suo corpo era allo stremo. «Pensavo solo alle calorie e all’ossessione continua per quel numero sulla bilancia che doveva scendere. Volevo di più, allo specchio mi vedevo sempre grassa. Ero dentro al disturbo con tutte le scarpe». Negli anni, infatti, sperimenta le ricadute. «Nel 2019, in poco tempo, ho preso 10 chili con le abbuffate nonostante mi allenassi. Ero in un loop e dovevo fare qualcosa».
A novembre 2020, Valentina decide di affidarsi al centro per disturbi alimentari della sua città. L’umore è a terra, la psichiatra le prescrive un antidepressivo. «Ho accettato di prendere il farmaco e ho iniziato la terapia con la psicologa. Quando mi ha diagnosticato la bulimia nervosa sono rimasta sorpresa perché non ho mai vomitato. Un altro falso mito della bulimia è che il vomito è la compensazione. Per me, lo era la palestra. Ci ho messo mesi per capirlo».
Navigando sui social, Valentina si imbatte nei gruppi di consapevolezza alimentare di Imma Venturo, soul & life style coach delle donne. «Mi ha accolto a braccia aperte nel suo piccolo mondo, mi ha dato la mano sull’uscio di casa sua». Dalla prima telefonata, si rende conto di essere sulla strada giusta da intraprendere in aggiunta alla psicoterapia e al percorso nutrizionale. «A livello pratico mi ha portato ad acquisire consapevolezza che quello che ho dentro è immenso, di avere della qualità nascoste. Abbiamo lavorato sul rapporto con il mio corpo, eliminato la bilancia. Ho imparato ad ascoltare i segnali del mio corpo, allenare il muscolo del cuore, sciogliere la corazza coperta da chili di cibo. Per donare amore a me stessa e agli altri. Ora sullo specchio ci sono scritte frasi motivazionali a indicarmi il grande valore che ho. Sono più l’essere che l’apparire. Cambiando io, è cambiato tutto il mondo intorno a me». E poi, la grande spinta della community. «Siamo sorelle di cuore, se una di noi sta male c’è un sostegno unico».
Tanti i punti fermi da coltivare e allenare per crescere, aumentare le proprie consapevolezze e rinascere. Uno di questi, per Valentina, è il diario. Fedele compagno di vita, lo porta sempre con sé per dare forma ai suoi successi. «Il diario è stato la mia salvezza – aggiunge -. Racconto la giornata, scrivo le cose per cui sono grata, le cose per cui sono fiera e come ho coltivato la mia autostima. Io adesso le mie emozioni le vivo e attraverso la scrittura le rendo tangibili. Il percorso di quest’anno. diventerà un libro». E poi meditare, soffermarsi sulla bellezza delle piccole cose, rispettare il proprio corpo. Amarsi, in una parola. «Il disturbo alimentare ti toglie la gioia di vedere il sole che splende, il canto degli uccellini. Rileggere il diario nel tempo mi fa capire quanta strada ho fatto. È il mio alleato, al posto del cucchiaio per le abbuffate. E poi il valore aggiunto di Imma è aver portato le mie stesse scarpe. Ha avuto un disturbo per 25 anni, meglio di lei credo nessuno mi possa comprendere. Ho pensato se c’è riuscita lei posso farlo anche io: la luce in fondo al tunnel».
Ora Valentina ha raggiunto, con soddisfazione, il suo equilibrio. Ha accettato sé stessa ed il suo corpo. È finalmente serena. Domani sarà la giornata mondiale dei DCA, fenomeno enormemente cresciuto in pandemia. Su questo, afferma: «È fondamentale parlarne e sensibilizzare la popolazione. Se me ne avessero parlato a 15-16 anni, avrei preso consapevolezza prima di avere un problema. Nel mio caso, i campanelli d’allarme sono stati l’isolamento e l’aumento repentino di peso. Ma attenzione. Siamo molto bravi a nascondere i disturbi alimentari».
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