La Fnomceo e la Cimo-Fesmed rispondono all’assessore della Lombardia Letizia Moratti, secondo la quale gli infermieri potrebbe sostituire e contribuire alla carenza di medici di famiglia
Infermieri «supplenti» dei medici di famiglia? Per i medici è ingiusto e inconcepibile. Dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) e dalla Federazione Cimo-Fesmed arriva la secca condanna alle parole attribuite alla vicepresidente e assessore al welfare della Lombardia Letizia Moratti. L’assessore, intervenendo ieri al convegno Sidmi (Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche) avrebbe parlato di affidare agli infermieri un ruolo di «supporto e supplenza per affrontare la carenza di medici di medicina generale». La sperimentazione sarebbe, secondo Moratti, già «in corso presso alcune Asst» lombarde.
«È inconcepibile che si tenti di mettere in contrapposizione due professioni con competenze diverse e sinergiche, che devono collaborare, non essere l’una l’alternativa dell’altra», commenta Filippo Anelli, presidente di Fnomceo. «La carenza di medici, di Medicina Generale e specialisti – spiega Anelli – è frutto dell’inefficace e non corretta programmazione delle attività formative messa in atto dalle Regioni. Non si può, ora, ribaltare la responsabilità sui medici, sugli infermieri e soprattutto sui cittadini, che dovrebbero pagare con un’assistenza monca, improvvisata e inappropriata le colpe dei decisori».
«Se queste determinazioni dovessero essere applicate – continua Anelli – il risultato sarebbe un livello di tutela della salute assolutamente inadeguato, in quanto orfano delle competenze mediche. Un contesto dove i professionisti, le competenze, i percorsi di studi così diversi e specifici diventerebbero assolutamente inutili, superflui, in quanto indiscriminatamente intercambiabili e rimpiazzabili. Una situazione paradossale, che dovrebbe far riflettere seriamente tutta la società civile». La Fnomceo chiede alla politica il «rispetto per le professioni e per i professionisti, e l’individuazione di risorse per i sanitari e dunque per una vera riforma della sanità, che non può limitarsi agli interventi previsti dal Pnrr, dedicati quasi esclusivamente alle strutture e alle infrastrutture».
Rincara la dose Cimo-Fesmed. «Ma cosa studiamo a fare per 11 anni, noi medici, se poi – dice Guido Quici, presidente di Cimo-Fesmed – ai non specialisti delle cooperative è consentito lavorare in ospedale e adesso agli infermieri lombardi è addirittura concesso di essere i supplenti dei medici di medicina generale? Ma cosa li teniamo a fare corsi di laurea di 6 anni e scuole di specializzazione di 4-5 anni se quello che vi impariamo non è ritenuto necessario per il nostro lavoro? Se la risposta alla carenza dei medici è assumere chiunque possa fare compagnia al paziente, senza considerare la sua formazione, trasformiamo il corso di laurea in Medicina in un corso triennale e aboliamo le specializzazioni».
«Evidentemente la sicurezza delle cure e la tutela della salute dei cittadini non interessano più a nessuno», aggiunge Quici. «L’assessore Moratti – prosegue Quici – si è forse dimenticata che diagnosi e prescrizione delle terapie spettano al medico? Cosa dovrebbero fare gli infermieri-supplenti? E pensa davvero che ci siano infermieri – continua – disposti a rinunciare al loro ruolo fondamentale di assistenza al paziente per caricarsi di responsabilità cui non sono preparati? Sarebbe pronta a farsi visitare e curare da chi non ha le competenze adeguate, e spiegare ai cittadini che chiunque è meglio di nessuno? E di raccontare onestamente che la situazione in cui oggi si trova la Lombardia è frutto di anni di errata programmazione, e non di chissà quale disastro imprevedibile?».
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