Per Annamaria Mancuso, Coordinatrice del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, «occorre trasparenza, vogliamo capire come vengono assunte alcune decisioni che incidono sulle nostre vite». L’EMA ha istituzionalizzato il coinvolgimento già dal 2005
Hanno realizzato anche un videoappello, nella convinzione di portare avanti una battaglia giusta. Le 43 associazioni dei pazienti riunite nel Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” vanno avanti nel loro intento di rendere concreta la partecipazione attiva delle associazioni dei pazienti nei processi decisionali e di valutazione che portano all’approvazione dei farmaci.
Sul punto, le associazioni registrano un ritardo ormai non più giustificabile di AIFA rispetto ad EMA (European Medicines Agency): chiedono che all’interno delle Commissioni di valutazione dei medicinali dell’Agenzia Italiana del Farmaco vi siano rappresentanti dei pazienti per valutare l’impatto delle terapie sulla qualità di vita, comprendere meglio l’utilizzo quotidiano dei farmaci e consentire un loro impiego più sicuro e sostenibile.
L’Agenzia europea del farmaco, al contrario di AIFA, ha istituzionalizzato questo coinvolgimento già dal 2005, grazie all’art. 78 del Regolamento n.776/2004, che conferisce all’Autorità regolatoria europea la responsabilità di interagire con le organizzazioni dei pazienti e consumatori.
«Dall’Europa bisogna prendere tutto ciò che è positivo mentre spesso non è così – sottolinea Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna onlus e Coordinatrice del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” –. Per esempio, l’EMA ha strutturato da tanto tempo il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti nei processi decisionali».
«I pazienti sono quelli che assumono il farmaco – ricorda ancora Mancuso -. Spesso si decide anche in base a parametri economici ma noi vogliamo vedere se questi parametri corrispondono anche all’effettiva qualità. Faccio un esempio: perché in Europa ci sono a disposizione alcuni farmaci per i pazienti oncologici che in Italia non ci sono ancora? Noi vogliamo essere lì e capire come vengono assunte alcune decisioni. Serve trasparenza, crediamo sia fondamentale come pazienti essere lì».
Fino ad oggi l’unico mezzo di dialogo approntato da AIFA per interagire con i pazienti, denominato OPEN AIFA, non ha prodotto alcun beneficio concreto nei processi di conoscenza dell’Autorità. Comunque troppo poco per le 43 associazioni che lottano per un maggiore coinvolgimento.
«Vogliamo essere protagonisti – insiste Mancuso -. Si parla tanto di inclusione dei cittadini, poi quando si tratta di decidere cose fondamentali non veniamo coinvolti. Da queste decisioni può dipendere la nostra vita. Io sono una ex paziente oncologica, per ben tre volte ho avuto il cancro. Conosciamo bene la malattia. Ci sono pazienti che in alcune regioni hanno i farmaci e in altre no. Vogliamo capire quali sono i criteri per cui alcune decisioni assunte dall’EMA poi non hanno la stessa celerità in Italia».
Da parte delle associazioni non c’è nessuna volta di interferire nei processi decisionali, ma solo di avere quella condivisione che può aiutare a spiegare determinate scelte. «Potremmo anche aiutare AIFA a spiegare alcune decisioni ai pazienti» aggiunge la presidente di Salute Donna. Poi, spiega quanto il coinvolgimento delle associazioni possa essere utile non solo AIFA ma alla politica in generale per prendere decisioni quanto più appropriate in tema di sanità: «Abbiamo creato un intergruppo parlamentare a livello nazionale e quattro intergruppi regionali. Dovrebbe essere così in tutta Italia, va istituzionalizzato questo modo di lavorare. Il coinvolgimento dei pazienti può aiutare il processo decisionale ad ogni livello».
«Dove c’è la collaborazione dei pazienti le cose vanno meglio – conclude Mancuso -. In regione Sicilia, in Lombardia e ora anche nel Lazio hanno aperto alle associazioni i tavoli sulla prevenzione. Si tratta di un metodo costruttivo. Il contributo dei pazienti è fondamentale per migliorare la sanità. Vorremmo essere coinvolti anche nella riforma della medicina territoriale: del resto già raccogliamo le problematiche sui territori».
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