Salute 13 Luglio 2022 10:04

«Ho una malattia senza nome: aiutatemi a dargliene uno». L’appello di Federica

Il racconto della ventitreenne in una lettera a Sanità Informazione: «Ho smesso di camminare e mantenere la posizione eretta. Ho continui tremori, non sono più in grado di fare nemmeno le azioni più semplici e naturali come vestirmi, lavarmi, andare al bagno. Sono costretta a chiedere aiuto per tutto»

«Ho una malattia senza nome: aiutatemi a dargliene uno». L’appello di Federica

«Sono Federica ed ho 23 anni. A luglio dello scorso anno ho avuto la rabdomiolisi (un grave danno muscolo scheletrico, ndr) con CPK a 4.000 U/L. Da quel momento ho smesso di camminare e mantenere la posizione eretta. Ho continui tremori, non sono più in grado di fare nemmeno le azioni più semplici e naturali come vestirmi, lavarmi, andare al bagno. Sono costretta a chiedere aiuto per tutto». Comincia così la lettera che Federica Tomassini ha inviato alla redazione di Sanità Informazione. Sono stati i medici a consigliarle di diffondere la sua storia «perché – spiega la giovane – la mia è una malattia senza nome e senza cura. La mia unica salvezza potrebbe essere trovare un caso simile al mio».

Quando tutto ha avuto inizio

Ed è per aiutare Federica ad inseguire questa sua unica speranza che le chiediamo di ripercorrere la sua malattia, fin dal suo esordio, probabilmente il momento più doloroso di tutta la vicenda. «Era la notte del 27 luglio del 2021.  Mi sono svegliata di colpo in preda a mal di pancia fortissimi: ho cominciato a vomitare ed avere scariche di diarrea ininterrottamente. In poche ore ne ho contate almeno 15 – dice la giovane -. La temperatura corporea aveva superato di poco i 38 gradi. Non era di certo la febbre a preoccuparmi. Ma quello che è accaduto a distanza di qualche ora: sono comparsi dolori muscolari diffusi, vertigini, tachicardia e palpitazioni. Ero convinta che la mia morte fosse vicina», racconta Federica.

La prima ipotesi di diagnosi

La notte è passata, ma il malessere no. «I dolori sono peggiorati e il mio corpo pareva incapace di rispondere agli stimoli. Le mie gambe non le comandavo più: non potevo camminare, al massimo riuscivo a strisciare. Anche il volto mi si è paralizzato: non potevo né parlare, né mangiare. Non capivo cosa mi stesse capitando». E non l’hanno capito nemmeno i medici del pronto soccorso che hanno rilevato solo un’alterazione, nemmeno tanto significativa, del CPK, la creatina fosfochinasi, un enzima presente in vari tessuti e cellule dell’organismo ed in particolare nelle fibre muscolari. È solo a questo punto che qualcuno, un neurologo di una struttura privata, ha pronunciato una prima possibile diagnosi: polimiosite acuta (una malattia del tessuto connettivo che provoca infiammazione muscolare, ndr). «Lo stesso specialista mi ha prescritto una terapia con Deltacortene (100 mg/die per circa 1 mese) ed una Tac al cranio dalla quale non è emersa alcuna anomalia», aggiunge la ragazza.

Il primo ricovero

Diagnosi e terapia si rivelano presto un buco nell’acqua. Le condizioni di Federica continuano a peggiorare. Il 17 agosto viene ricoverata presso l’Istituto Neurologico Neuromed, dove viene seguita elettromiografia e riscontrata una sofferenza miogena. «Avevo un’oggettiva difficoltà a camminare, tremori continui, deficit di forza tanto da non riuscire nemmeno a portare la forchetta alla bocca per mangiare. Ho continuato ad assumere la terapia steroidea già prescritta, iniziando l’assunzione di Lyrica (75 mg x 2/die) e Cymbalta (60 mg/die). Dalle analisi è emerso un incremento di mioglobina nelle urine. Con le terapia i valori sono migliorati, ma non le mie condizioni generali».

Il prolasso utero vescicale

Ad ottobre è subentrata un’ulteriore complicanza: il prolasso utero vescicale. «Anche in questo caso i medici non mi hanno prospettato alcuna soluzione. L’intervento chirurgico, solitamente indicato per le donne in post menopausa che si trovano nelle mie stesse condizioni, a me è stato sconsigliato. Non conoscendo le cause del mio prolasso, che probabilmente è l’ennesima conseguenza della mia malattia senza nome, l’operazione chirurgica potrebbe essere vana», dice la 23enne.

Nuove speranze di cura

Il 12 aprile di quest’anno Federica è stata visitata per la prima volta al Policlinico Agostino Gemelli di Roma. «Sono stati gli specialisti del policlinico romano a consigliarmi di diffondere la mia storia, nella speranza di trovare un caso simile al mio. Dopo diversi esami già effettuati sono in attesa di sottopormi ad una serie di risonanze magnetiche muscolo-scheletriche. Ma per questi accertamenti, come per tutti quelli effettuati finora ci sono sempre liste di attesa enormi che possono essere scavalcate solo mettendo mano al portafogli. Per fortuna, se fortuna possiamo definirla, ho ottenuto il riconoscimento dell’’invalidità al 100% che mi dà diritto ad una indennità di accompagnamento che mi permette di coprire almeno in parte le spese mediche. La pensione è poco più di 400 euro al mese ed una sola delle 15 risonanze a cui attendo di sottopormi costa circa 700 euro».

Una vita da supereroe?

Ed è così che trascorre la vita di Federica da un anno a questa parte: tra un’attesa e l’altra, tra un esame diagnostico ed una visita specialistica. «Eppure – dice – a volte stento a credere che sia accaduto proprio a me. Immagino di addormentarmi e risvegliarmi nel cuore della notte del 27 luglio del 2021, senza febbre, né dolori. Per riaddormentarmi ed aprire gli occhi al mattino. Per prepararmi e andare a lavoro. Ancora pochi mesi ed avrei ottenuto il patentino da agente immobiliare. Tutto svanito. Ora – conclude – anche stare seduta a lungo su una sedia mi sembra un’impresa da supereroi».

 

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