Le testimonianze dei medici mentre il governo prepara nuovi tagli: «Necessario un cambio di rotta per il bene della professione». Ondata di ricorsi per la violazione della direttiva europea 2003/88
Coscienza, spirito di sacrificio e professionalità. Così i medici vanno avanti nonostante le tante difficoltà che devono affrontare. Non da ultimi i tagli alla sanità nella manovra attualmente in discussione che, se da un lato – nelle intenzioni dell’esecutivo – andranno a colpire «sprechi e doppioni», dall’altro potrebbero gravare ancora di più su un personale medico già ridotto all’osso.
Ed uno dei problemi più sentiti resta quello dei turni massacranti: a causa della riduzione del personale e del turn over bloccato, si lavora ben oltre i limiti fisici ed anche quelli orari, imposti dalla direttiva europea 2003/88. Una violazione che sta già producendo una valanga di ricorsi e ha smosso anche il mondo delle istituzioni. Nel frattempo ai microfoni di Sanità informazione continuano ad arrivare le testimonianze dei diretti interessati. Come nel caso della dottoressa Antonia Francesca Braione e il dottor Antonio Laborante.
«Ora sforo solo di qualche ora – racconta la dottoressa Braione, specialista in diabetologia – non facendo più i turni di notte. Quando li facevo, invece, arrivavo anche alle 18 ore di lavoro ininterrotto. Lavoravo non solo la notte, ma anche il mattino successivo».
«Credo che il medico debba lavorare in serenità – osserva invece il dottor Laborante, oftalmologo – ma in molti ospedali, purtroppo, gli orari di lavoro sono davvero insostenibili: ho testimonianze di coordinatori infermieristici e di altri miei colleghi responsabili di reparto che hanno difficoltà a far quadrare i turni». Fatto, questo, che «determina una ingiustizia lavorativa», per colpa della quale «il professionista trova difficoltà nell’esprimere al meglio le proprie potenzialità», con conseguente aumento dei rischi corsi dal paziente: «Quando si lavora con poca serenità e con la pressione di turni lavorativi eccessivi aumentano, purtroppo, le possibilità di errore».
E con il super carico di lavoro, aumenta a dismisura anche lo stress dei camici bianchi, che arrivano spremuti davanti a pazienti con la denuncia sempre più facile. Ed anche se statisticamente sono quasi tutte infondate e la percentuale delle condanne infinitesimale, si genera comunque un circola vizioso.
«Non è un problema di mera turnazione – continua il dottor Laborante – ma di mentalità. Ed è una mentalità che allontana i medici dalle sale operatorie. A meno di un’inversione di tendenza, ci saranno sempre meno chirurghi disposti a correre rischi eccessivi. L’atteggiamento persecutorio nei confronti dell’intera categoria medica è controproducente. E’ giusto colpire il singolo se sbaglia – conclude il medico – ma è anche opportuno distinguere quando, spesso, le responsabilità sono organizzative o amministrative».
Appare evidente, però, che nei professionisti sanitari sottoposti a questo tipo di orari di lavoro scatti una molla che li spinge, qualunque cosa accada, a non fermarsi mai: «Abbiamo davanti esseri umani – osserva la dottoressa Braione – e in certe cose il lavoro non può essere fatto a metà. Non è come una pratica che lasci in un cassetto e la ritrovi il giorno dopo. Il “giorno dopo”, con un paziente, potrebbe essere troppo tardi».