La psicologa Paola Medde: «Un atto che scaturisce da una crisi e che implica profonda consapevolezza. Impariamo a declutterare anche relazioni e abitudini tossiche»
Si scrive decluttering, si legge “riordinare i propri spazi sbarazzandosi delle cose superflue”. Una vera e propria arte, e anche un momento di rinnovo materiale e spirituale che, dagli oggetti, incide su una riorganizzazione emotiva e psicologica dell’individuo che la pone in essere. Il metodo, coniato dalla scrittrice giapponese di libri di economia domestica Marie Kondo nel 2014 ha riscosso un enorme successo e oggi si sono moltiplicati adepti e influencer che declinano in vari modi il “magico potere del riordino”, mutuando la dicitura dell’autrice. Ma davvero un’operazione di decluttering può apportare così significativi benefici di natura psicologica? E soprattutto, possiamo applicare il decluttering anche a situazioni, contesti, abitudini o addirittura persone che iniziano a “starci strette” esattamente come ci sta stretto un armadio pieno di vestiti mai indossati o che mai più indosseremo? Lo abbiamo chiesto alla psicologa Paola Medde, consigliera dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
«Sicuramente quest’attività hai dei benefici, non solo per quello che ne consegue (maggiore ordine e spazio a disposizione) ma per le implicazioni che quest’attività ha nel momento stesso in cui si decide di eseguirla e la si esegue materialmente. Non si tratta infatti di un semplice alleggerimento – osserva Medde – ma di un orientamento verso il futuro, una presa di consapevolezza dei propri bisogni e dei propri desideri. Quando facciamo decluttering dobbiamo necessariamente porci in una condizione metacognitiva, e farci delle domande: di cosa mi voglio sbarazzare? Perché voglio sbarazzarmi di questa cosa? Quanto questa cosa è utile alla mia vita? Ecco perché l’azione che precede e accompagna il decluttering implica l’essere davvero centrati su sé stessi».
«La nostra vita, dal punto di vista cognitivo e non solo cronologico, non può soffrire di immobilismo – afferma Medde -. Ci sono delle tappe che mettono in discussione quanto vissuto precedentemente, pensiamo alla crisi adolescenziale o alla crisi da nido vuoto: momenti di rottura che ci spingono a ripensare ciò che siamo e che vogliamo essere in futuro. Quando non troviamo ancora il tempo per “centrarci”, quando cioè la crisi non è ancora così solida è facile procrastinare. Allo stesso modo il decluttering arriva quando la crisi è al suo picco – spiega la psicologa – e la sensazione è di non poterne più, quando la nostra stessa vita diventa pesante e non ci corrisponde più. Così come si arriva talvolta cambiare lavoro, a cambiare città, altre volte il cambiamento parte dal qui ed ora, dalla propria stanza, per cercare di ritrovare un ambiente che ci corrisponda».
«Ci sono oggetti di cui abbiamo difficoltà a disfarci – osserva ancora Medde – perché ci danno sicurezza o perché ci ricordano le nostre radici, e abbiamo paura di dimenticare, di diventare altro tradendo il nostro passato, di perdere delle parti di noi che non abbiamo mai avuto il coraggio di rinnovare. Ma il decluttering, in base a questi concetti, può applicarsi non solo agli oggetti ma anche a situazioni, abitudini, persone. Tagliare i rami secchi, per usare un detto popolare molto pertinente. Eliminare dal nostro albero della vita tutti quei rami che non costituiscono più una risorsa o uno stimolo – spiega – ma solo una zavorra che rischia di far appassire tutta la pianta per usare una metafora, che ci impediscono cioè di vivere serenamente il nostro quotidiano. È chiaro però – sottolinea la psicologa – che un’operazione di decluttering su persone e contesti riveste un ambito pubblico e sociale e richiede un livello di consapevolezza molto maggiore rispetto a quello che anima un semplice decluttering sugli oggetti. Anche perché se è vero che l’attività di decluttering applicata agli oggetti dovrebbe essere iniziata e portata a termine nell’arco di un tempo ben definito – conclude – lo stesso sarebbe impossibile per un decluttering che coinvolga le relazioni tra le persone, con l’inevitabile bagaglio di sentimenti, contraddizioni e…burocrazia di cui tener conto».
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