Su Nature si discute del “booster migliore”. Privilegiare il tempo o l’accuratezza? Vella: «Il vero obiettivo? Un vaccino universale»
L’autunno è alle porte e il timore di una (ennesima) recrudescenza del Covid-19 torna a insediarsi nei pensieri degli italiani di ritorno dalle vacanze estive. Soprattutto di coloro che si sono fermati alle canoniche tre dosi di vaccino, che magari hanno anche contratto il virus, e si stanno chiedendo se e quando fare l’ulteriore booster. Anche perché, quest’autunno, accanto ai tradizionali vaccini a mRNA basati sulla proteina spike della versione originale di Sars-CoV-2, ne arriveranno altri rimodulati sulle nuove varianti Omicron.
Su un articolo pubblicato da Nature, nei giorni scorsi, gli esperti si sono divisi sull’opportunità di consigliare la somministrazione dei booster tradizionali, subito disponibili, o quelli rimodulati sulla variante Omicron BA.1. Nonostante gli studi sulla protezione offerta da questi ultimi non appaiano particolarmente incoraggianti, forse perché la copertura riguarda una variante ormai superata, oppure aspettare i dati riguardanti i vaccini aggiornati alle varianti Omicron BA.4 e BA.5.
La questione riguarda principalmente due aspetti: il primo è il fattore tempo. Meglio immunizzarsi subito con ciò che è disponibile o aspettare l’arrivo di “armi più affilate”? Un tema che coinvolge soprattutto la popolazione a rischio, vale a dire gli anziani e i fragili. Il secondo punto riguarda, invece, il nesso tra specificità dei vaccini e la loro efficacia nella fase attuale della pandemia. Oggi come oggi, sottolineano gli esperti su Nature, «se avessimo una popolazione immunologicamente vergine di persone che non sono state mai infettate o vaccinate, avrebbe assolutamente senso che il vaccino provenisse dalla famiglia Omicron. Ma quante persone non sono né infette né vaccinate?».
Ai nostri microfoni l’immunologo Stefano Vella ha così commentato la questione: «I vaccini di prima generazione contro il Sars- CoV-2 hanno ancora la capacità di proteggere dalla malattia. Non ci proteggono dall’infezione – sottolinea Vella – ma non lo faranno neanche i nuovi vaccini che arriveranno, presumibilmente, non prima di ottobre. Il mio punto di vista, soprattutto per quanto riguarda i pazienti cronici o anziani fermi alle tre dosi, che in questo caso è meglio un uovo oggi che una gallina domani: immunizzarsi con la quarta dose il prima possibile, insomma, per far fronte alla probabilissima recrudescenza di Covid-19 autunnale che potrebbe essere, per questi soggetti, ancora molto pericoloso».
«Tutti gli altri soggetti, invece – prosegue l’immunologo – per evitare di sovraccaricare il sistema immunitario con dosi di vaccino troppo ravvicinate, possono a mio parere aspettare l’arrivo dei nuovi vaccini. Ma non dimentichiamo – osserva – che oggi la nostra percezione della pericolosità del Covid-19 è cambiata non solo per l’efficacia delle vaccinazioni contro lo sviluppo della malattia, ma anche perché sappiamo come trattare i casi critici e i casi a rischio».
«L’arrivo di questi nuovi vaccini aggiornati alle varianti di volta in volta in circolazione, inoltre – spiega ancora Vella – ci fa capire che l’approccio contro il Covid-19 assomiglia sempre più a quello cui siamo abituati, da anni, contro l’influenza stagionale. È molto probabile anche che, così come con l’influenza, ci attesteremo a breve su un’unica dose di vaccino anti Covid-19 all’anno. L’obiettivo più ambizioso resta, tuttavia, la realizzazione di un vaccino universale che protegga, una volta e per sempre, da tutte le varianti presenti e future del Sars-CoV-2. Prima o poi – conclude – sono fiducioso, ci arriveremo».
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