Le società scientifiche e le federazioni professionali italiane dell’area perinatale e pediatrica hanno unito forze e conoscenze per far aumentare le percentuali di allattamento al seno, calate durante la pandemia da Covid-19. Un riconoscimento ufficiale verrà attribuito ai reparti che riusciranno ad implementare la politica aziendale. Salvatori (Sip): «In Italia, l’avvio dell’allattamento materno nei Centri di Neonatologia e di Ginecologia ed Ostetricia è ancora troppo disomogeneo»
«Nei Paesi a basso reddito o in via di sviluppo i neonati vengono allattati al seno dalle proprie madri nella quasi totalità dei casi, circa il 99%. La percentuale supera i 90 punti nel Nord Europa: in Finlandia, Norvegia e Svezia, ad esempio, sono, rispettivamente, al 92%, 95% e 98%. In altri Paesi ad alto reddito la diffusione, anche se in aumento, è di gran lunga inferiore: in Italia il tasso di allattamento al seno è dell’86%, in Germania dell’82% e nel Regno Unito dell’81%. Negli ultimi anni, molta strada è stata fatta, soprattutto dal punto di vista della comunicazione e della sensibilizzazione, ma tanta ne resta ancora da percorrere».
A delineare lo stato dell’arte, in occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno, in corso dall’1 al 7 ottobre 2022, è Gugliemo Salvatori, responsabile del tavolo tecnico Allattamento al Seno della Società Italiana di pediatria e responsabile dell’UO Educazione nutrizionale neonatale e Banca del Latte Umano Donato (Blud) dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
«In Italia, l’avvio dell’allattamento materno nei Centri di Neonatologia e di Ginecologia ed Ostetricia è, attualmente, disomogeneo e per facilitarlo occorre una presa di posizione che lo tuteli, da parte delle direzioni delle Aziende Sanitarie», aggiunge Salvatori. Ed è proprio per raggiungere questo obiettivo che le Società scientifiche dell’area perinatale e pediatrica (SIN, SIP, SIGO, SINUPE, AOGOI, FNOPO, FNOPI, SIN INF, SIPINF) hanno avviato un progetto inter-societario di tutela e promozione dell’allattamento materno, d’intesa con l’associazione dei genitori VIVERE onlus.
«Neonatologi, pediatri, specialisti in ginecologia ed ostetricia, infermieri e ostetrici hanno costituito un gruppo multidisciplinare che ha lavorato all’elaborazione di una proposta di una politica aziendale sull’allattamento condivisa a livello nazionale», spiega Salvatori. A novembre 2022 inizierà l’arruolamento dei dipartimenti materno-infantili aderenti all’iniziativa e i centri che riusciranno a declinare localmente e ad implementare una propria politica aziendale riceveranno, da parte di un comitato formato dalle società scientifiche e dagli organi professionali coinvolti, un riconoscimento ad hoc di “Ospedale per l’Allattamento”.
«Già negli anni scorsi, con l’introduzione dello skin to skin, una procedura per cui subito dopo la nascita, in un parto spontaneo e fisiologico, il bimbo viene avvicinato al seno della madre pochissimi minuti dopo essere venuto alla luce, molti specialisti del settore si sono personalmente impegnati per promuovere e incentivare l’allattamento materno – racconta lo specialista -. Questo contatto pelle a pelle tra madre e figlio, fin dai primissimi attimi di vita del neonato, si è rivelato così importante da essere stato incentivato dalle società scientifiche anche durante la pandemia da Covid-19.
Con le misure di contenimento dei contagi applicate all’interno delle sale parto, che inizialmente impedivano anche il contatto madre-figlio, infatti, il rischio che la percentuale di donne che allatta al seno calasse ulteriormente era concreto. E questo non poteva accadere allora e non può accadere nemmeno oggi – continua Salvatori -, poiché l’allattamento materno non è un semplice atto nutrizionale, ma un vero e proprio investimento per la vita che apporta benefici sia alla salute della madre e del bambino, che vantaggi per la società, l’economia e l’ambiente».
Tuttavia, allattare al seno non sempre è possibile. «Esistono dei casi in cui, per patologie o altri fattori esterni, la madre non può allattare al seno o il bambino non può alimentarsi in modo naturale. In entrambi casi la soluzione è la donazione del latte umano: le mamme di bambini impossibilitati a nutrirsi per via orale possono donare il proprio latte ad altri bambini venuti alla luce da madri che, invece, non riescono a produrre latte – spiega Salvatori -. In Italia esistono 40 banche che raccolgono, tracciano e pastorizzano il latte materno. Questo latte donato è destinato soprattutto ad alimentare bambini che hanno avuto problemi alla nascita, che sono venuti alla luce prematuri o con un peso inferiore ad 1.5 Kg. Per questo, proprio perché destinata ai più fragili, la donazione di latte materno è un vero e proprio atto d’amore verso i più bisognosi, che – conclude l’esperto – chiunque ne abbia la possibilità dovrebbe sperimentare».
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