In base a un’indagine di www.doveecomemicuro.it nel 2020 è calata, per molti indicatori, la percentuale di ospedali in linea con le soglie minime di volume di attività fissate dalle autorità ministeriali: una conseguenza del crollo dei ricoveri dovuto alla pandemia da Covid-19
La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto notevole sull’assistenza sanitaria: nel 2020 si sono registrati 1 milione e 700 mila ricoveri in meno rispetto al 2019. I ricoveri urgenti hanno registrato un consistente calo pari a un -13%, ma i più penalizzati sono stati i ricoveri programmati (differibili) scesi addirittura di un quarto, in base al Programma Nazionale Esiti 2021 (relativo all’anno 2020) curato da Agenas in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e il Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma 1.
In che misura il crollo dei ricoveri ha inciso sul rispetto degli standard qualitativi relativi all’assistenza ospedaliera? Il portale di public reporting in ambito sanitario www.doveecomemicuro.it ha indagato questo aspetto mettendo a confronto la situazione del 2020 con quella del 2019. «Le strutture sanitarie sono chiamate a raggiungere volumi minimi di attività, in base a quanto stabilito dal Decreto Ministeriale n° 70 del 2015 sugli standard relativi all’assistenza ospedaliera. Secondo quanto dimostrano le evidenze scientifiche, infatti, alti volumi hanno un impatto significativo sull’efficacia degli interventi e sull’esito delle cure. La contrazione dei ricoveri totali ha, però, inciso sulla quota di ospedali in linea con le soglie fissate per molti indicatori», spiega Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e membro del comitato scientifico di Doveecomemicuro.it.
Ciò che emerge dall’indagine è un netto passo indietro rispetto al passato. La quota di strutture sanitarie “rispettose” nel 2020 ha infatti subìto una forte contrazione in molti ambiti. Tra i dati che più colpiscono ci sono quelli relativi al bypass aorto-coronarico isolato – cioè non associato ad interventi sulle valvole o di rimozione di placche dalle arterie -, dove le strutture che hanno eseguito minimo 200 interventi annui si sono addirittura dimezzate, passando da 20 a 10.
Vediamo in che misura è calata la quota di strutture ospedaliere in linea con gli standard nazionali per quanto riguarda una selezione di indicatori dell’area cardiovascolare, dell’area muscolo-scheletrica e di chirurgia oncologica.
Nel 2020, su 555 strutture solo 328 (pari al 59,1% del totale) rispettano la soglia fissata dalle autorità ministeriali di minimo 100 ricoveri annui per IMA. Nel 2019, invece, a rispettare lo standard erano 362 centri (pari al 62,4% delle 580 strutture totali). (N.B.: nel calcolo si è tenuto conto solo dei centri che hanno eseguito minimo 10 interventi).
I ricoveri per IMA nel 2020, in base al PNE 2021, hanno registrato complessivamente un -14% in confronto al 2019 (alla pandemia da Covid-19, secondo gli autori del report, va attribuito un -12% rispetto al totale, che si traduce in circa 14.800 ricoveri in meno rispetto all’atteso).
Il calo delle ospedalizzazioni per infarto miocardico acuto, grazie anche alle numerose iniziative volte a contrastare i fattori di rischio per gli eventi cardiovascolari, era già in atto in epoca pre-pandemica. «Nel 2020 si è assistito, però, a una riduzione particolarmente marcata, non completamente spiegata dal trend», ha detto Giovanni Baglio, Coordinatore Nazionale del PNE, alla presentazione del PNE 2021. «Tra le ipotesi in grado di spiegare l’andamento, vi è una possibile diminuzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari, in conseguenza della diminuita esposizione durante il lockdown a fattori scatenanti quali l’inquinamento atmosferico e lo stress fisico. Inoltre, potrebbe aver pesato una minore richiesta di assistenza alle strutture di emergenza-urgenza da parte dei soggetti colpiti da eventi ischemici acuti».
La mortalità a 30 giorni dal ricovero in ospedale per IMA, nel corso del 2020 è aumentata lievemente rispetto al passato, passando da 7,9% a 8,3%.
«Nel periodo pre-pandemico era in calo, ma nel 2020 ha dato segnali di controtendenza: l’incremento stimato rispetto al valore atteso è intorno all’1% ed è attribuibile probabilmente a un minor accesso in ospedale da parte dei pazienti meno gravi», ha spiegato Giovanni Baglio.
Nel 2020, delle 92 strutture che effettuano questo tipo di intervento solo 10 (pari al 10,9% del totale) rispettano la soglia fissata dalle autorità ministeriali di minimo 200 interventi annui per il bypass aorto-coronarico. Nel 2019, invece, a rispettare lo standard erano 20 centri (pari al 21,3% delle 94 strutture totali). (N.B.: nel calcolo si è tenuto conto solo dei centri che hanno eseguito minimo 5 interventi).
Nel 2020, in base al PNE 2021, gli interventi di bypass aorto-coronarico isolato sono scesi del 24% rispetto al valore atteso: ne mancano all’appello 3.504.
«Il ricorso a questa procedura era in calo in epoca pre-pandemica, ma nel 2020 la riduzione è stata ancora più netta in base al trend. Alla significativa contrazione della casistica corrisponde una crescente difficoltà a concentrare gli interventi in strutture al di sopra della soglia minima di 200 interventi l’anno», ha detto Giovanni Baglio.
Nel 2020, su 574 strutture solo 407 (pari al 70,9% del totale) rispettano la soglia fissata dalle autorità ministeriali di minimo 75 interventi annui per frattura del collo del femore. Nel 2019, invece, a rispettare lo standard erano 426 centri (pari al 76,3% delle 558 strutture totali). (N.B.: nel calcolo si è tenuto conto solo dei centri che hanno eseguito minimo 5 interventi).
Nel 2020, in base al PNE 2021, si sono registrati 6.435 ricoveri in meno rispetto all’anno precedente (-6,8%). Se si tiene conto dell’andamento in atto prima dell’ondata pandemica, la riduzione è stimabile intorno a -8% (valore corrispondente a circa 7.200 ricoveri in meno rispetto all’atteso).
«La riduzione con ogni probabilità è da addebitare a un minor numero di traumatismi a seguito della limitata mobilità durante il lockdown», ha spiegato Giovanni Baglio.
Nel 2020, su 724 strutture solo 364 (pari al 50,3% del totale) rispettano la soglia fissata dalle autorità ministeriali di minimo 100 interventi annui per protesi d’anca. Nel 2019, invece, a rispettare lo standard erano 415 centri (pari al 57% delle 728 strutture totali). (N.B.: nel calcolo si è tenuto conto solo dei centri che hanno eseguito minimo 5 interventi).
Nel 2020, secondo il PNE 2021, si è registrata una decisa contrazione della casistica di interventi per protesi d’anca, quantificabile in 19.167 ricoveri in meno (-16,5%) rispetto al 2019. Se si considera il trend pre-pandemico, la riduzione attribuibile al Covid-19 è stimabile intorno al -18% (che si traduce in circa 21.000 ricoveri in meno rispetto all’atteso).
«La riduzione dei ricoveri riguarda più le procedure programmate di quelle eseguite in urgenza. Questo vale anche per l’intervento per protesi d’anca, uno dei più frequenti in Italia nell’ambito della chirurgia protesica, che in epoca pre-pandemica era in netto aumento», ha spiegato Giovanni Baglio.
Nel 2020, su 399 strutture solo 122 (pari al 30,6% del totale) rispettano la soglia fissata dalle autorità ministeriali di minimo 150 interventi annui per interventi per tumore alla mammella. Nel 2019, invece, a rispettare lo standard erano 142 centri (pari al 33,5% delle 424 strutture totali). (N.B.: nel calcolo si è tenuto conto solo dei centri che hanno eseguito minimo 5 interventi).
Nel 2020, in base al PNE 2021, gli interventi per tumore della mammella hanno registrato un -10,1% rispetto al 2019. Se si tiene conto dell’andamento in atto prima della pandemia, il dato si traduce in circa 7.000 ricoveri in meno rispetto all’atteso.
«Per quanto riguarda questa tipologia di interventi è interessante osservare come il picco negativo sia posticipato di circa due mesi rispetto all’inizio del lockdown. Alla base della contrazione nel numero di interventi c’è probabilmente una battuta d’arresto dei programmi di screening con il conseguente decremento delle diagnosi», ha spiegato Giovanni Baglio.
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