L’allarme di Guida (SITOP e Ospedale Santobono): «Aumento anomalo di traumi da tentato suicidio. Abusi sui minori? Anche nelle famiglie insospettabili»
Traumi da defenestrazione, sindrome del neonato scosso, fratture violente. Un incremento anomalo, correlato in modo inquietante con i postumi e gli strascichi dell’emergenza pandemica. Il grido d’allarme è lanciato dal dottor Pasquale Guida, presidente uscente della SITOP (Società Italiana Traumatologia e Ortopedia Pediatrica) e primario di Ortopedia e Traumatologia del più grande ospedale pediatrico del Sud Italia, il Santobono di Napoli. Ecco cosa ci ha raccontato.
«Fino a pochi anni fa era un caso assolutamente eccezionale che un pre-adolescente giungesse da noi con traumi da defenestrazione per tentato suicidio… oggi non è più così. Se prima della pandemia ne vedevamo un caso ogni tre, quattro anni, oggi ne vediamo uno ogni tre, quattro mesi. Purtroppo – osserva Guida – molti disagi psichici, causati o esacerbati dal contesto pandemico, sfociano oggi anche in atteggiamenti autodistruttivi messi in atto da adolescenti e preadolescenti, in primis tentativi di suicidio tramite defenestrazione».
«Il defenestrato è un caso clinico a sé – spiega Guida – a causa della complessità e della molteplicità dei traumi che questi eventi comportano, la presa in carico deve per forza avvenire in un ospedale centralizzato. Nella defenestrazione tipicamente il trauma avviene per caduta in stazionamento verticale, quindi con frattura dei calcagni con lesione da scoppio, fratture di femori e tibie, di bacino. Statisticamente questi episodi avvengono maggiormente nelle prime ore del mattino. C’è verosimilmente – osserva – una spiegazione psicologica a questo, forse un accumulo di angosce e pensieri negativi durante la notte che può fornire l’ultima spinta necessaria a compiere il gesto».
«In generale riscontriamo, oltre ad un aumentato disagio psichico che sfocia in fenomeni altamente traumatici, la presenza di una violenza intrinseca e diffusa. A Ferragosto, ad esempio – racconta il primario – abbiamo avuto un ragazzino con un importante trauma di bacino, fratturato a tal punto che la vescica era uscita dal suo assetto, con un’emorragia gravissima in corso. Sia che si trattasse di un atto di bullismo, o di una defenestrazione, traumi di una tale violenza sono assolutamente fuori dalla norma, si ritrovano in incidenti stradali a 180 km/h in cui il corpo viene sbalzato sul guardrail… di certo non in un contesto di “gioco tra ragazzi finito male”, che è stata la motivazione ufficiale addotta».
«Un altro fenomeno aumentato – afferma ancora Guida – è la sindrome del neonato scosso. Dopo un episodio traumatico, ad esempio una riferita caduta dal fasciatoio, il bambino viene portato in Pronto soccorso e viene effettuata una radiografia. Questo esame è spesso dirimente non solo per accertare la natura del trauma, ma per riconoscere ed intercettare segnali di maltrattamenti e abusi ripetuti. Se infatti, specialmente al torace o agli arti inferiori, la radiografia evidenzia, oltre alla lesione attuale, altre fratture in diverso stato di riparazione, questo è un campanello di allarme importante. Sicuramente – prosegue – fratture a livello costale e trauma cranico sono suggestive di scuotimento, così come fratture a vario grado di riparazione degli arti inferiori e lesioni cutanee possono indicare la presenza di maltrattamenti. Nei casi sospetti, il bambino non viene refertato e dimesso ma ospedalizzato, per intraprendere un percorso diagnostico completo. È vero che ci sono casi di maltrattamenti, ma ci sono anche sindromi specifiche, come l’osteogenesi imperfetta (sindrome delle ossa di vetro) che possono spiegare queste lesioni».
«C’è sicuramente un lavoro in sinergia tra ortopedico, pediatra, e rianimatore, per identificare le cause del trauma. Quello che riscontriamo – afferma Guida – è che questi fenomeni sono assolutamente trasversali a livello sociale, e per intercettarli correttamente bisogna togliersi le lenti del pregiudizio. Un grande lavoro osservazionale viene senza dubbio svolto dal personale infermieristico, che può guardare il bambino anche da un’angolazione diversa: il suo stato di igiene, l’atteggiamento dei genitori, il cosiddetto “fattore umano” – conclude il primario – che a noi specialisti talvolta sfugge e che può essere, invece, un pezzo dirimente del puzzle».
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