di Ciro Isidoro, Professore Ordinario di Patologia Generale e Immunologia (Scuola di Medicina dell’Università del Piemonte Orientale, Novara)
Egregio Direttore,
con riferimento alla pandemia, il nuovo governo nelle parole dell’On. Giorgia Meloni si è subito espresso per un cambio di passo dichiarando che «non sarebbe stato riproposto il modello di gestione dei precedenti governi» e che «non sarebbe stato prorogato l’obbligo di vaccinazione anti-Covid per i professionisti della sanità», e come primo atto dimostrativo ha disposto «il reintegro dei medici e dei sanitari sospesi dal 2 novembre». Ciò ha scatenato le rimostranze non solo dei partiti politici di opposizione (prima al governo), ma anche degli esperti consiglieri del precedente governo e dei commentatori televisivi (giornalisti e cosiddetti “virologi da salotto tv”).
Alcune delle motivazioni della protesta, come ad esempio «è diseducativo premiare i traditori» e «non si possono abbandonare gli eroi che si sono vaccinati», lasciano francamente perplessi riguardo la scientificità delle argomentazioni. Per fare chiarezza tra le posizioni, è bene sottolineare che: vaccinarsi non è un atto eroico, bensì un atto medico di profilassi per eventualmente proteggersi da una infezione per la quale si teme per la propria salute; non vaccinarsi è una scelta che può essere dettata da motivazioni varie che includono l’essere già immuni da guarigione, l’avere il timore (legittimo e rispettabile) di subire eventi avversi, l’essere dubbioso circa l’efficacia protettiva a fronte dei rischi da continue sollecitazioni del sistema immunitario verso un virus mutevole, e il rifiutarsi a fare la quarta dose vista l’inefficacia delle prime tre.
Quale che sia stata la scelta, non è stata presa a cuor leggero e a cervello spento. Moltissimi colleghi, e soprattutto quelli che hanno vissuto in prima persona il rischio di morte da infezione con il virus SARS-CoV-2, si sono vaccinati nella convinzione che il vaccino fosse efficace fino al 100% nel proteggere sé stessi e anche i propri pazienti. Moltissimi altri colleghi si sono sottoposti alla vaccinazione perché obbligati per decreto politico (DL 44/ 2021), volendo o dovendo continuare a esercitare. Per contro, tanti altri colleghi hanno dubitato e hanno rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione a costo di non poter esercitare la professione. Non vaccinarsi non è stata scelta facile, in quanto il non vaccinato non solo si è esposto al rischio di malattia (che ha evidentemente soppesato) e ha rinunciato allo stipendio, ma ha anche subìto il dileggio, la denigrazione professionale e l’emarginazione. Addirittura, i non-vaccinati sono stati equiparati a criminali terroristi e a malati psichiatrici da curare.
L’aspetto più triste e preoccupante è proprio quest’ultimo, che ha compromesso i rapporti umani e professionali tra i colleghi pro e anti-vax, con tanto di accuse verbali violente fomentate anche da certa stampa e televisione. Questo ha segnato l’apice del declino culturale e formativo della professione medica. E così, in questo clima, i colleghi medici e sanitari non-vaccinati, con cucita sul camice l’etichetta “no-vax”, si apprestano a timbrare il cartellino. Rientrano, ma ancora “sospesi” in attesa di essere assegnati a mansioni che non mettono a rischio di contagio i pazienti!
La decisione del governo neo-insediato di anticipare di due mesi il rientro dei medici e sanitari non-vaccinati sospesi è stata interpretata dall’opposizione come “ideologica” ed accolta dagli altri come un “segnale di cambiamento”. Forse, né l’una, né l’altra. Il ministro della Salute Prof. Orazio Schillaci, collega medico nucleare, ha giustificato il provvedimento con il fatto che «il quadro epidemiologico attuale è mutato (rispetto a quando fu imposto l’obbligo)» e con la necessità di sopperire alla «carenza di personale medico e sanitario nei nostri ospedali». Il Ministro ha poi precisato che «la scelta di non vaccinarsi è un problema deontologico, che dovranno affrontare gli Ordini dei medici». Gli ha fatto subito eco il Dr Silvestro Scotti, segretario della Fimmg, secondo cui è «necessaria una discussione all’interno della categoria per stabilire se è etico fare il medico senza fare vaccinazioni che possono evitare di esporre i pazienti a rischi».
Mi trova perfettamente d’accordo sul principio. Ma, è questo il caso dei vaccini anti-Covid a mRNA per i quali sussiste l’obbligo?
La Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni, nel suo discorso di insediamento, a proposito del COVID ha dichiarato: «Mai più misure non basate su evidenze scientifiche». E allora, vale la pena rivedere queste evidenze scientifiche. Il DL 44 del 1° aprile 2021 stabilisce che la vaccinazione anti-Covid con i vaccini autorizzati a mRNA è un obbligo per il sanitario, pena la sospensione dall’esercizio della professione, «al fine di tutelare la salute pubblica… e per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV2…». I dati epidemiologici e di letteratura scientifica internazionale, così come l’esperienza quotidiana, hanno ampiamente dimostrato che i vaccini a mRNA in uso in Italia non proteggono dall’infezione e non impediscono la trasmissione del virus, e dunque non rispondono ai requisiti per i quali l’obbligo vaccinale è stato imposto. Per quanto ciò fosse noto sin dai primi documenti rilasciati da Pfeizer (come rilevato da Peter Doshi), la dichiarazione rilasciata il 10 ottobre u.s. al parlamento Europeo da Janine Small (in sostituzione di Albert Bourla) non lascia dubbi: il vaccino di Pfeizer non era stato saggiato per la capacità di bloccare la trasmissione del virus, contraddicendo quanto invece dichiarato in precedenza.
L’obbligo alla vaccinazione anti-Covid con gli attuali vaccini a mRNA per i medici e i sanitari allo scopo di proteggere gli assistiti non aveva e non ha dunque alcun presupposto scientifico e andrebbe revocato, e per gli stessi motivi non è giustificata l’introduzione nel codice deontologico. L’atto di sospensione dei medici da parte dell’Ordine dei Medici non è stato solo un atto amministrativo dovuto in ottemperanza a una disposizione di legge, è stato molto di più, è stato lesivo della dignità professionale e umana in quanto accompagnata dal dileggio e dalla denigrazione con l’etichetta di ascientifici e no-vax, cosa che ha compromesso il rapporto di fiducia dei pazienti nei confronti del proprio curante. Le responsabilità personali di chi ha agito in malafede saranno vagliate dai giudici. Adesso è tempo di riflettere e prendere atto degli errori commessi in stato di emergenza, e avviare una pacificazione nella sanità e nel tessuto sociale del Paese di cui tutti noi sentiamo il bisogno non solo per ritrovare il piacere della professione ma anche e soprattutto nell’interesse del paziente.
Di Ciro Isidoro, Professore Ordinario di Patologia Generale e Immunologia (Scuola di Medicina dell’Università del Piemonte Orientale, Novara)
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