Antiepilettici, antidepressivi, diuretici, antipertensivi sono diventati quasi introvabili. Così come il paracetamolo e l’ibuprofene, in particolare ai dosaggi indicati per i bambini. In totale in Italia sarebbero circa 3mila i farmaci a rischio reperibilità. Le cause sono diverse e dipendono in parte dalla pandemia e in parte dall’attuale crisi internazionale
In questo momento moltissimi italiani fanno fatica a trovare in farmacia le medicine di cui hanno bisogno, anche quelle che possiamo considerare «salva-vita». Antiepilettici, antidepressivi, diuretici, antipertensivi sono diventati difficilmente reperibili. Così come il paracetamolo e l’ibuprofene, in particolare ai dosaggi indicati per i bambini. In totale la Federazione degli ordini dei farmacisti (Fofi) stima che in in Italia circa 3mila farmaci siano attualmente a rischio reperibilità. Le cause sono diverse e dipendono in parte dalla pandemia e in parte dall’attuale crisi internazionale.
«Purtroppo in questo momento i farmacisti si trovano in grossa difficoltà», conferma Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma. «Capita spesso che siano costretti a dire di no ai pazienti che chiedono loro alcuni specifici farmaci che oggi sono difficilmente reperibili», aggiunge. Per alcuni farmaci, come il paracetamolo e l’ibuprofene, la carenza è gran parte dovuta alla pandemia. «Si tratta di farmaci che sono stati ampiamenti utilizzati nella terapia domiciliare», spiega Tobia. «Abbiamo registrato una tendenza importante da parte dei pazienti di fare gran rifornimento di questi farmaci che ormai sono carenti da diverso tempo», aggiunge. A questo si unisce anche il fatto che molti principi attivi arrivano da paesi come Cina e India e i lockdown hanno rallentato le catene produttive negli stabilimenti.
Anche la guerra tra Ucraina e Russia ha il suo peso. «Le difficoltà di approvvigionamento – spiega Andrea Mandelli, presidente Fofi – riguardano i principi attivi, ma anche i materiali necessari per il confezionamento dei prodotti farmaceutici, come il vetro delle fiale, la pellicola di alluminio che chiude il blister o la plastica conformata per alloggiare le compresse». Molti di questi materiali arrivano dai paesi dell’Est. «C’è poi il problema dell’aumento dei costi dell’energia e del caro carburante – sottolinea Mandelli – che si riversano sulle imprese produttrici e sulla catena distributiva, non essendo possibili fluttuazioni del prezzo dei farmaci che è deciso dallo Stato. Per questo ci uniamo all’appello rivolto alla politica da parte di tutti gli attori della filiera, affinché si affronti al più presto e con una visione di sistema una questione complessa che riguarda da vicino la salute e il diritto alla cura degli italiani».
In risposta a questa situazione i farmacisti hanno aumentato la loro produzione di farmaci galenici, come gli sciroppi a base di ibuprofene. «Inoltre, il farmacista propone al paziente farmaci equivalenti a quelli di marca che sono difficilmente reperibili», spiega Tobia. Un farmaco equivalente, infatti, è altrettanto sicuro ed efficace di quello con il brand. «Tuttavia, nel nostro paese continuano a essere poco diffusi – evidenzia Tobia -. Non a caso l’Italia è il paese in Europa con la più bassa percentuale di utilizzo di farmaci equivalenti. Ogni anno gli italiani spendono ben 1 miliardo e mezzo di euro per aggiungere di tasca propria la differenza di prezzo del farmaco di marca rispetto al suo equivalente».
Oltre a riporre maggiore fiducia sui farmaci equivalenti, quello che si chiede agli italiani è un maggior senso di responsabilità all’acquisto dei farmaci. «L’invito ai cittadini – conclude Mandelli – resta quello di evitare inutili corse per l’accaparramento dei medicinali e di rivolgersi al farmacista di fiducia che è sempre a disposizione per informare e orientare sulla scelta del farmaco».
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