Contributi e Opinioni 14 Novembre 2022 15:54

La relazione di cura: la legge 219/2017

Il 22 dicembre 2017, dopo un lungo percorso parlamentare in Italia, è stata finalmente approvata la Legge 219/2017 dal titolo “Previsioni in materia di consenso informato e direttive anticipate di trattamento”, legge che ha rappresentato per la sanità e per la medicina legale un punto di svolta normativo epocale, andando per la prima volta a disciplinare il processo di acquisizione del consenso informato relativo ai trattamenti sanitari

La relazione di cura: la legge 219/2017

Il 22 dicembre 2017, dopo un lungo percorso parlamentare in Italia, è stata finalmente approvata la Legge 219/2017 dal titolo “Previsioni in materia di consenso informato e direttive anticipate di trattamento”, legge che ha rappresentato per la sanità e per la medicina legale un punto di svolta normativo epocale, andando per la prima volta a disciplinare il processo di acquisizione del consenso informato relativo ai trattamenti sanitari.

L’intento della legge non si è però limitato a normare il processo di acquisizione del consenso informato ad un trattamento ma è andato oltre, disciplinando plurimi aspetti inerenti il diritto all’autodeterminazione del paziente e quindi del suo diritto a scegliere in ambito sanitario.

La legge si compone di un totale di 8 articoli, di cui i primi cinque costituiscono il nucleo fondante della legge mentre i successivi tre si limitano a disciplinare e ad armonizzare i dettami normativi del testo di legge con l’ordinamento legislativo vigente.

Andando nello specifico della legge, all’articolo 1 della legge 219/2017 si legge: «La presente legge, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge».

Dalla lettura dell’articolo risulta immediatamente evidente il riferimento alla Costituzione Italiana con l’espresso richiamo agli articoli 2, 13 e 32, articoli connessi alla tutela delle libertà personali dell’individuo.

Notevole interesse assume anche quanto riportato nel successivo comma 2, nel quale viene posto l’accento sulla valorizzazione della relazione di cura che si instaura tra medico e paziente.

Nell’articolo è scritto infatti: «È promossa e valorizzata la relazione di cura e fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e l’autonomia professionale e la responsabilità del medico. Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’équipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo».

Dalla lettura dell’ultima parte del comma in esame appare quindi evidente l’idea del legislatore di valorizzare al massimo la relazione di cura e fiducia che si instaura tra il medico e il suo paziente, relazione che costituisce la base fondante dell’espressione di un consenso informato, processo nel quale si incastrano tra di loro l’autonomia decisionale del paziente con l’autonomia professionale del medico.

Viene quindi introdotta la possibilità del coinvolgimento dei familiari, conviventi di fatto o persone di fiducia all’interno del processo informativo-decisionale legato all’espressione di un consenso informato ad un determinato trattamento.

Nel successivo comma 3 invece vengono elencati quelli che rappresentano i requisiti fondamentali di un adeguato consenso informato. Nell’articolo si scrive infatti: «Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico».

La ratio della legge è quella di valorizzare al massimo il diritto di un malato a ricevere delle informazioni che siano complete e tali da metterlo nelle condizioni di esercitare in maniera realmente informata il suo diritto all’autodeterminazione. Affinché ciò avvenga è quindi necessario che le informazioni fornite al paziente siano complete contenendo la diagnosi, la prognosi, i benefici e rischi legati sia all’accettazione che al rifiuto del trattamento diagnostico e/o terapeutico proposto dai sanitari.

Fondamentale è la  possibilità offerta al paziente di rifiutare del tutto o in parte le informazioni, delegando eventualmente una persona di fiducia (familiari o altri) ai quali fornire le stesse.

Al comma 4 dell’articolo 1, vi è un ulteriore passaggio innovativo in quanto viene ad essere introdotta la possibilità di poter adottare forme alternative nel processo di acquisizione del consenso informato. Si legge infatti: «Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico».

Con tale articolo si introduce la possibilità di acquisire il consenso informato in forme diverse da quella scritta in presenza di condizioni che si associno ad una impossibilità ad esprimerlo in forma scritta. La norma apre quindi la via all’utilizzo di modalità alternative di acquisizione del consenso informato tra le quali il ricorso alle videoregistrazioni, il contenuto delle quali entra di diritto a far parte della cartella clinica o del fascicolo sanitario del paziente.

Notevole di interesse risulta inoltre il successivo comma 5 in quanto rappresenta un’importante novità nel contesto normativo italiano. Infatti, il legislatore interviene nel disciplinare una materia spinosa quale può essere il rifiuto di accertamenti diagnostici e terapeutici, trattamenti nei quali sono stati ricompresi la nutrizione e l’idratazione artificiale.

Nell’articolo si scrive infatti: «Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento. Ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici. Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico».

Dalla lettura del comma appare evidente l’obiettivo del legislatore di voler garantire la massima tutela del diritto all’autodeterminazione del paziente e quindi della sua libertà di scegliere o rifiutare un qualsiasi trattamento sanitario. Con il termine qualsiasi vengono infatti ricompresi anche quei trattamenti ritenuti necessari per la sua stessa sopravvivenza e in cui sono stati ricompresi anche due trattamenti che negli anni antecedenti erano stati considerati alla stregua di trattamenti di supporto quali la nutrizione e l’idratazione artificiale.

La possibilità di poter rifiutare trattamenti anche necessari per la sopravvivenza non trasforma il medico in un semplice esecutore delle volontà del paziente ma proprio l’espressione di un dissenso comporta a carico del medico uno sforzo ulteriore nel processo comunicativo con il paziente e i suoi familiari. Infatti, come peraltro descritto nel comma di legge, il medico è tenuto a dover informare chiaramente il paziente delle conseguenze delle proprie scelte, delle eventuali alternative terapeutiche nonché dovrà coinvolgere nel processo informativo i familiari del paziente oltre a predisporre un’assistenza psicologica al paziente.

Sempre nell’ottica dell’espressione di un rifiuto ad un determinato trattamento si inserisce il successivo comma 6. In particolare, viene garantita l’esenzione da profili di responsabilità civile e/o penale per il medico che assiste un paziente che rifiuta un trattamento. Si legge infatti: «Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali».

Come risulta ben evidente dalla lettura dell’articolo, la presenza dell’esimente da responsabilità penale e/o civile non autorizza il medico, pur in presenza di una chiara volontà del paziente, a mettere in atto trattamenti vietati dalla legge o in contrasto con l’etica deontologica del professionista. Con tale esplicito riferimento si sgombra quindi il campo dalla possibile adozione di pratiche eutanasiche.

Proseguendo nell’analisi del testo dell’articolo 1, al comma 7 si legge: «Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla».

Con tale dicitura viene quindi rafforzato il riferimento al cosiddetto “stato di necessità” cioè all’obbligo che il medico ha di intervenire in situazioni di emergenza e/o urgenza, condizioni in cui il consenso del paziente può anche essere di tipo presunto salvo la sussistenza di elementi di senso contrario.7

Al comma 8 viene invece sottolineato un elemento spesso sottovalutato nella pratica clinica quotidiana ma che il legislatore ha voluto sottolineare in quanto spesso determinante nella relazione di cura che si instaura tra medico e paziente.

Si scrive infatti: «Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura». Appare quindi innegabile il tentativo del legislatore di rimarcare ancora di più l’importanza del processo comunicativo che si instaura tra il medico e il paziente durante l’erogazione delle cure sanitarie.

Nei successivi commi dell’articolo 1 viene prevista la piena libertà delle aziende sanitarie nell’applicazione dei principi stabiliti dalla legge purché venga garantita l’informazione al paziente e venga assicurata un’adeguata e continua formazione del personale anche e soprattutto in termini di comunicazione con il paziente. Al comma 9 si legge infatti: «Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale».

Mentre al successivo comma 10 si legge: «La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative».

L’ultimo comma dell’articolo 1 (comma 11) interviene nel merito dell’acquisizione del consenso informato per determinati atti o trattamenti sanitari per i quali sussistono delle norme speciali e per i quali sono previste specifiche modalità di acquisizione del consenso informato. Nel testo di legge si legge infatti: «È fatta salva l’applicazione delle norme speciali che disciplinano l’acquisizione del consenso informato per determinati atti o trattamenti sanitari».

 

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