L’Associazione Malattie Ansia e Depressione aiuterà gli operatori dei centri antiviolenza e i Centri di Salute Mentale a prendersi cura delle donne vittima di violenza. «Queste donne possono andare incontro a uno stress cronico, che non si esaurisce nei mesi successivi all’evento», spiega Marina Cannavò, psichiatra e fondatrice di AMAD
«La violenza sulle donne non è solo un problema sociale ma anche un grande problema di salute pubblica. Le conseguenze di queste aggressioni possono portare gravi problemi di salute, a cominciare da quelli psichiatrici». Ne è fermamente convinta Marina Cannavò, psichiatra e fondatrice dell’associazione di AMAD (Associazione per le Malattie Ansia e Depressione) tra le promotrici di un evento che avrà luogo alla Camera dei deputati venerdì 25 novembre presso la Sala del refettorio, in occasione della Giornata mondiale, dove il tema della violenza sulle donne sarà affrontato a 360 gradi, con testimonianze anche dal mondo della sanità. Tra i soggetti promotori anche l’’UIF (Unione Italiana Forense), il sindacato Confintesa per l’autonomia sindacale e l’Istituto di Medicina Solidale.
«La violenza nei confronti delle donne è sempre stata considerato un problema sociale e psicologico – spiega Cannavò a Sanità Informazione -. La sindrome delle donne maltrattate è stata descritta per la prima volta nel 1975 e veniva considerato principalmente un problema sociale e non medico. Oggi c’è stato un cambio di visione: anche l’OMS riconosce questo come un grande problema di salute pubblica perché la violenza sulle donne determina gravi conseguenze sulla salute fisica, psicologica e su quella sessuale e riproduttiva delle donne».
Lo stato di salute della donna può essere fortemente compromesso, anche lungo tutto l’arco della vita, dalle conseguenze della violenza. «Queste donne – spiega Cannavò – possono andare incontro a uno stress cronico, che non si esaurisce nei mesi successivi all’evento. Oggi si tende a lavorare sulla crisi ma in realtà studi scientifici a livello mondiale hanno visto che le conseguenze della violenza sono a lungo termine, anche a distanza di anni dalla separazione dal coniuge violento».
Ci possono inoltre essere conseguenze sui figli, che spesso assistono a scene di violenza o possono essere loro stessi oggetto di violenza. «Non bisogna dimenticare – spiega la psichiatra – che soprattutto le persone che hanno subito maltrattamenti nell’infanzia sono ad alto rischio nell’età adulta di diventare delle persone con comportamenti violenti e se sono donne hanno un elevato rischio di subire violenza».
Mancano però dati scientifici su cui basare eventuali campagne e interventi strategici efficaci, un vulnus che andrà riempito. Il rischio psichiatrico resta quello maggiore: «Sembra che si sia un nesso di causalità diretta tra malattia psichiatrica e violenza sulle donne: le malate sono più a rischio di violenza ma la violenza più generare patologie psichiatriche» aggiunge Cannavò che poi sottolinea come non sempre gli operatori della sanità siano preparati ad affrontare queste tipologie di pazienti: «Queste donne vanno nei Centri Salute Mentale ma gli operatori non sempre riescono a riconoscerle. Spesso queste donne non dicono di aver subito violenza. Bisogna fare uno screening accurato. L’AMAD associazione per le Malattie Ansia e Depressione si occupa di tutelare i diritti dei lavoratori ma soprattutto delle conseguenze della violenza. Vogliamo colmare questa lacuna collaborando con i centri antiviolenza e con i Centri di Salute Mentale».
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