«Non voleva che andassi a lavorare, mi telefonava di continuo, mi controllava. Poi ad un certo punto ha cominciato anche a togliermi il bancomat. Qualsiasi cosa mi servisse, anche una medicina per una delle nostre tre bimbe, dovevo chiederla a lui». È la storia di Grazia (il nome è di fantasia) fuggita di casa una notte di tre anni fa ed accolta in un Centro Antiviolenza alla periferia ovest della Capitale
«Non voleva che andassi a lavorare, mi telefonava di continuo, mi controllava. Poi ad un certo punto ha cominciato anche a togliermi il bancomat. Qualsiasi cosa mi servisse, anche una medicina per una delle nostre tre bimbe, dovevo chiederla a lui».
È la storia di Grazia (il nome è di fantasia) fuggita di casa una notte di tre anni fa ed accolta in un Centro Antiviolenza alla periferia ovest della Capitale. Come Grazia, ogni anno sono circa 50 mila le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza. «Togliermi i soldi, non farmi lavorare – continua Grazia – era un modo per gestirmi totalmente». Nel 2020, le donne assistite senza lavoro o risorse per rendersi autonome erano il 60,5%. E la quota sale al 70% tra le giovani dai 18 a 29 anni. Dati che confermano come gli strumenti adottati dall’Italia per supportare economicamente e finanziariamente le donne vittime di violenza siano ancora troppo pochi.
Le donne in uscita da Centri antiviolenza e Case Rifugio vivono un percorso accidentato, fatto di ostacoli e difficoltà, che le espone ad una estrema vulnerabilità socioeconomica e al rischio di ricadere nella spirale della violenza. A denunciarlo è ActionAid che, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre, ha presentato il Report “Diritti in bilico”.
Il “Reddito di libertà”, istituito nel maggio 2020 con il DL Rilancio, è uno strumento per l’indipendenza economica delle donne in condizioni di povertà che hanno subito violenza. Si tratta di un supporto di 400 euro al mese per massimo 12 mesi. Il RdL è finanziato con 12 milioni di euro per il periodo 2020-2022: nel primo anno solo 600 donne ne hanno beneficiato a fronte delle 3.283 richieste presentate (dati Inps). Tuttavia, sarebbero circa 21 mila all’anno le donne che ne avrebbero necessità (elaborazione Dati Istat).
«Tra i vari supporti che mi ha dato il mio Centro Antiviolenza c’è stato anche quello economico – dice Grazia -. Ho potuto prendere il Reddito di libertà e ho avuto 5 mila euro, che possono sembrare pochi ma per me sono stati tanti. La Regione Lazio stanzia questi fondi fino ad un certo punto poi quando finiscono è facile che tu, purtroppo, non ci rientri. Di concreto, col Reddito di libertà avrei sempre voluto avere una mia piccola casina, anche in affitto, e quello che mi ha fatto tanto male è che quando poi sono andata a voler chiedere l’affitto di una casa, non corrispondendo il reddito di libertà a una busta paga, la casa non mi è stata data. D’accordo che io ho coraggio e esco dalle mie mura domestiche e vado in un Centro Antiviolenza, ma poi? E dopo lo Stato dove sta quando io ho bisogno di avere, per esempio, una casa o una busta paga per poter avere l’opportunità di poter ricominciare da capo?», chiede la donna.
La condizione di Grazia e di tutte le donne come lei ActionAid l’ha rappresentato con una statua di ghiaccio, simbolo della campagna #FreeNotFreezed. «Immaginate di aver avuto la forza di liberarvi da una situazione di violenza domestica e di aver intrapreso un percorso in un centro antiviolenza – dice Claudia Gerini, ambasciatrice dell’iniziativa che, nei giorni scorsi ha svelato l’opera in Piazza di Pietra a Roma -. Immaginate di aver avuto il coraggio di lasciare la vostra casa, le vostre abitudini, tutto, per ricominciare da capo. Immaginate, a questo punto, di scoprire di non avere i mezzi e l’aiuto sufficienti da parte dello Stato per poter riprendere in mano la vostra vita. Come vi sentireste? Vi sentireste congelate e congelati», assicura l’attrice.
Con la campagna #FreeNotFreezed è stata lanciata anche una petizione, sul sito, per chiedere al nuovo Governo strumenti e politiche per garantire alle donne fuggite dalla violenza un adeguato supporto economico, un lavoro dignitoso e un alloggio sicuro. «Per vivere una vita libere dalla violenza le donne hanno bisogno di un reddito sufficiente una casa sicura, un lavoro dignitoso e servizi pubblici funzionanti: diritti fondamentali che le istituzioni italiane non sono in grado di garantire a tutte e in tutti i territori – conferma Isabella Orfano, esperta diritti delle donne di ActionAid -. Il rischio è di far tornare le donne, spesso con figlie e figli, dagli autori di violenza, vanificando il loro percorso verso l’autonomia. Quanto tempo ancora le migliaia e migliaia di donne che hanno subito violenza dovranno aspettare prima di poter beneficiare di politiche e servizi strutturali che rispondano alle loro esigenze? Al Governo chiediamo per l’ennesima volta di adottare politiche integrate e strutturali coinvolgendo tutti i Ministeri e gli uffici competenti. È questa l’unica via possibile affinché le donne possano affrancarsi con successo dalla violenza e affermare la loro libertà», assicura Orfano.
La violenza contro le donne è un problema globale. Lo dimostrano storie di donne come Sita, che vive in Nepal. Era giovanissima quando un uomo, che voleva sposarla, l’ha rapita ed ha abusato di lei, arrivando persino a darle fuoco. Sita ha lottato per mesi in bilico tra la vita e la morte. «Mentre ero in ospedale tutti mi facevano notare che non sarei più stata in grado di sopravvivere e guadagnarmi da mangiare nei giorni a venire. Io ero determinata a lottare per i miei diritti, ma non avevo nessuno che mi aiutasse», racconta la donna. In Nepal, secondo i dati UNFPA, 1 donna su 2 ha subito una qualche forma di violenza nella sua vita. Negli anni la situazione non sta migliorando e gli attacchi con l’acido e le ustioni sono sempre più frequenti. Le armi utilizzate, acidi e kerosene, sono facili da reperire e a buon mercato per la maggior parte delle famiglie e non esistono norme legali che ne regolino la vendita e la distribuzione. A sostenere Sita e tante altre donne come lei c’è ActionAid che sta intervenendo a livello locale e nazionale. «Quello che manca è un’assistenza adeguata da parte del Governo. Vogliamo essere trattate equamente, non vogliamo dipendere da una terza persona e vogliamo farcela da sole. Grazie ad ActionAid e al sostegno ricevuto ho potuto seguire corsi professionali di cucito e un corso di counseling che ha aumentato la mia sicurezza e autostima. Oggi ho un lavoro e vivo una vita dignitosa. Prima le persone come noi – conclude la donna – non avevano nessuna possibilità di trovare lavoro».
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