Rimborsato in Italia dal Servizio Sanitario Nazionale, il farmaco zanubrutinib è destinato in prevalenza a pazienti affetti da Macrobulinemia di Waldenstrom non idonei alla chemio -immunoterapia. Garantisce una maggiore sopravvivenza e pochi effetti collaterali
Si chiamano linfomi indolenti o a basso grado, rappresentano il 40% di tutti i linfomi e colpiscono in prevalenza la popolazione anziana, anche se negli ultimi tempi sono aumentati i casi nei soggetti più giovani. Sono malattie rare come la Macrobulinemia di Waldenstrom su cui si sono concentrati i ricercatori dello studio di fase tre ASPEN. Con un tasso di incidenza stimato intorno a sette su un milione di uomini colpiti e quattro su un milione di donne, è una malattia caratterizzata dall’infiltrazione del midollo osseo da parte di linfociti, plasmacellule e linfoplasmociti che secernono una proteina monoclonale di tipo IgM.
«Sono una categoria di linfomi a lento sviluppo e a lenta progressione – ha spiegato Marzia Varettoni, dirigente medico della divisione di ematologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, a margine del convegno che si è tenuto lo scorso 24 novembre a Milano per la presentazione del nuovo farmaco – . È localizzata in prevalenza nel midollo osseo, sebbene anche i linfonodi e la milza possano essere interessati. Oggi, è una malattia curabile, se pur non guaribile, che, grazie ad un nuovo farmaco non chemioterapico a somministrazione orale ed alta tollerabilità, permette una prospettiva e una qualità di vita migliore».
Al centro di studi da anni, i pazienti affetti da questi tumori rari, oggi hanno dunque una speranza in più. Si tratta di una molecola, zanubrutinib, disponibile anche in Italia in regime di rimborsabilità del Servizio Sanitario Nazionale. Prodotta dalla casa farmaceutica Beigene, la molecola è destinata a pazienti adulti affetti da macroglobulinemia di Waldenstrom che presentano recidive dopo un trattamento chemioterapico o come trattamento di prima linea per pazienti non idonei alla chemio- immunoterapia.
«Questi farmaci, che fanno parte della categoria degli inibitori della brutonchinasi, si possono somministrare a tutti i pazienti , anche se occorre una maggiore attenzione verso quei pazienti che hanno una storia di cardiopatia – ha evidenziato Varettoni – perché gli eventi avversi di questa classe di farmaci sono di natura cardiovascolare». In particolare, si parla di fibrillazione atriale, ipertensione arteriosa e altre complicanze cardiovascolari più rare. «Il vantaggio dello zanubrutinib, rispetto ad ubrutinib, che è il capostipite di questi farmaci – ha ripreso il medico del San Matteo -, è di avere minori effetti avversi e dunque una migliore aderenza terapeutica».
Lo studio Aspen ha dimostrato dunque un profilo di sicurezza più favorevole, con minore frequenza di reazioni avverse: fibrillazione atriale, sanguinamento, emorragia. «Questo significa che, se già con la chemio immunoterapia la sopravvivenza dei pazienti affetti da macroglobulinemia di Waldenstrom era di oltre dieci anni, con questi nuovi farmaci è possibile fare meglio – conclude Varettoni -. Anche se il periodo di osservazione è relativamente breve, perché solo da qualche anno sono in Italia, ci aspettiamo che la sopravvivenza dei pazienti aumenti in modo significativo e quindi possano convivere con una malattia cronicizzata dall’uso di questi farmaci».
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