Piero Barbanti (IRCCS San Raffaele Pisana) spiega come effettuare lo screening del paziente, impostare la terapia sintomatica e prescrivere in sicurezza i triptani
Nell’intervista a Sanità Informazione, il professor Piero Barbanti, Responsabile del Centro Diagnosi e Terapia delle Cefalee e del Dolore dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, illustra i benefici dei triptani nella terapia sintomatica del paziente emicranico.
In primis, l’esperto fornisce indicazioni ai colleghi per condurre un corretto screening del paziente con emicrania ed impostare la terapia idonea. «Partiamo da un sintomo frequentemente frainteso: il dolore al collo. Quando il paziente riferisce di un dolore che parte dal collo e si irradia davanti si pensa alla cefalea di tipo tensivo; invece, quelle sono tutte emicranie – esordisce il professore -. Il primo consiglio ai colleghi è non cadere nell’equivoco di una falsa diagnosi. Diagnosticare l’emicrania è molto semplice – prosegue – è l’unico mal di testa che si associa ai sintomi del mal di mare: fono e fotofobia, nausea ed è un mal di testa che può durare diversi giorni fino a tre giorni. In presenza di dubbio diagnostico, far attenzione alla durata, se peggiora con l’attività fisica e al comportamento del paziente durante l’attacco. Chi ha l’emicrania tende ad appartarsi, chi ha la forma cefalea tensiva cerca invece di svagarsi».
La maggior parte delle persone colpite da emicrania assumono antinfiammatori per alleviare il dolore. Un errore, secondo il professore, perché «non ha senso trattare l’emicrania con farmaci non selettivi e non specifici. Gli antinfiammatori si possono prendere senza ricetta medica, sono diffusi e senza dubbio utili per la cura dell’emicrania ma, personalmente, credo che i triptani debbano rappresentare la prima scelta». La terapia acuta dell’emicrania con triptani, infatti, riflette una selettività di azioni: «I triptani – spiega Barbanti – agiscono non solo sul dolore ma anche sui sintomi associati come la nausea il vomito, la foto, la fonofobia, a differenza degli antinfiammatori».
Il professor Barbanti definisce «ampissima» la platea di persone che possono beneficiare di una terapia mirata con triptani, discutendo le linee guida che invitano ad utilizzare in prima battuta gli antinfiammatori. «Questa decisione riflette evidentemente aspetti di ordine farmaco economico. Non c’è dubbio che oggi i triptani siano i farmaci più selettivi, specifici, efficaci e sicuri per la terapia acuta dell’emicrania».
Nell’ottica di massimizzare l’efficacia e la sicurezza del trattamento, è necessario educare i pazienti all’uso corretto dei triptani. Barbanti richiama i temi su cui insistere maggiormente. «È importante ricordare al paziente di prendere il farmaco ai primi sintomi dell’emicrania – spiega -. I triptani sono molto veloci, quindi ad una precoce assunzione aggiungiamo una velocità d’azione notevole. L’emicrania è come un temporale che si sviluppa nel corso delle ore, a volte dei minuti. Prima si colpisce e prima si riesce a fermare. Se abbiamo un ombrello dobbiamo aprirlo subito e deve essere ampio per difenderci».
Il paziente deve sapere di avere a disposizione un’arma terapeutica efficace, selettiva, da usare con velocità. Ma oltre alla rapidità di azione i triptani presentano praticità di assunzione, perché sono soluzioni orodispersibili, non richiedono l’assunzione di acqua e questo consente al paziente di prenderli subito e non mandare giù liquidi che possano aumentare la nausea. «La capsula raramente la si deglutisce senza acqua e se l’attacco di emicrania ci raggiunge nel traffico avere qualcosa che si prende e scioglie in bocca accelera notevolmente i tempi» precisa lo specialista.
Nel trattamento sintomatico dell’emicrania, si osservano spesso problemi di compliance da parte del paziente. Ecco gli errori più comuni che possono diminuire l’efficacia e la sicurezza del trattamento. «Il primo è se il paziente prende il farmaco tardi – continua il professore – il secondo è se il paziente prende il farmaco sotto dosato. I prodotti da banco sono per definizione a dosaggi contenuti. Un altro errore è quello di utilizzare i farmaci con le vie di introduzione sbagliate. Un soggetto che abbia vomito precoce – prosegue – e debba prendere un antinfiammatorio con un grosso sorso d’acqua per deglutirlo meglio è chiaramente esposto al rischio di incrementare la nausea. Viceversa, ci sono soggetti che abbondano nell’uso di supposte pensando che non diano fastidio allo stomaco – sottolinea Barbanti – ma il principio antinfiammatorio ovunque sia introdotto, anche per via iniettiva, può aumentare il rischio di gastriti e sofferenza gastrica».
Infine, il professore spiega come ci si deve regolare in pazienti con particolari profili di rischio, come quello cardiovascolare. «I pazienti con rischio cardiovascolare nell’emicrania fortunatamente non sono tantissimi – conclude Barbanti – perché colpisce le persone in giovane età, sotto ai 50 anni in genere. Dobbiamo ricordare ai nostri pazienti che alcuni farmaci considerati molto tranquilli come gli antinfiammatori, se assunti cronicamente aumentano il rischio cardiovascolare».
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