«Gli antileucotrieni troverebbero indicazione ideale nel paziente che soffre sia di rinite che di asma bronchiale. Possono assumerli gli sportivi e le donne in gravidanza» così il professor Oliviero Rossi a Sanità Informazione
In questi anni c’è stato un forte incremento della prevalenza di tutte le malattie allergiche, in buona parte per cause ambientali. Nell’intervista a Sanità Informazione il professor Oliviero Rossi – SOD Immunoallergologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze ha delineato, in primis, l’inquadramento epidemiologico e la prevalenza di asma bronchiale e rinite allergica in Italia. Ha specificato quali fattori, genetici o ambientali, possono predisporre allo sviluppo di entrambe. Ha aggiunto, poi, come arrivare al corretto inquadramento diagnostico del paziente con rinite allergica e in quali casi è opportuno il trattamento con antileucotrieni per l’asma bronchiale.
«Oggi si stima che l’asma bronchiale possa interessare dal 5% al 7% della popolazione italiana – spiega il professor Rossi al nostro giornale -. Un dato in linea con gli altri paesi occidentali. La prevalenza della rinite è maggiore: la stima è tra il 20% e il 30% della popolazione con punte del 50% in certe fasce d’età, come negli adolescenti». Oltre all’impatto clinico ed economico, queste patologie condizionano la qualità di vita, anche sociale, di chi ne è affetto.
Una recente indagine sull’accesso alle terapie ha mostrato che «circa il 50% dei pazienti con rinite allergica si cura in maniera autonoma – aggiunge il professore -. Molti utilizzano la medicina alternativa». La rinite allergica, soprattutto nella sua forma perenne e l’asma sono spesso disturbi concomitanti. Quali fattori, genetici o ambientali, possono predisporre allo sviluppo di entrambi? «Le due patologie sono strettamente correlate, oggi si parla di una via aerea unica. L’80% dei pazienti che ha l’asma allergica soffre anche di rinite allergica. E il 30% dei soggetti con la rinite ha anche l’asma bronchiale». I dati confermano la presenza di «un denominatore comune rappresentato da quello che è ormai noto come infiammazione allergica. Negli ultimi tempi le conoscenze sui meccanismi alla base di queste patologie hanno fatto un enorme avanzamento. Oggi sappiamo che sono coinvolti fattori genetici – sottolinea -. Quanti più geni uno eredita tanto maggiore è il rischio di sviluppare una malattia allergica. Così come un ambiente sfavorevole e l’esposizione agli allergeni».
Qual è il corretto inquadramento diagnostico del paziente con rinite allergica?. «Un soggetto che sta male in primavera con arrossamento e prurito agli occhi e al naso, starnutazione a salve, senso di ostruzione nasale e rinorrea è già inquadrato da un punto di vista clinico. È sicuramente allergico ai pollini». Ad ogni modo alla diagnosi si arriva con le classiche prove allergologiche cutanee, i prick test, che permettono di capire verso quali sostanze il soggetto è allergico. Si ricorre agli esami sul sangue, i sierologici, sulle persone che non possono effettuare i test allergologi cutanei perché hanno preso antistaminici. Oppure, è il caso delle donne in gravidanza o di coloro che hanno manifestazioni cutanee che lo impediscono. «Andiamo alla ricerca delle IgE, gli anticorpi specifici dell’allergia nei confronti dei singoli allergeni. Con la diagnostica allergologica molecolare – continua il professore – possiamo sapere qual è la specifica molecola di un allergene verso cui il soggetto è sensibilizzato. Dai test può risultare poli sensibile: con la diagnostica molecolare possiamo capire se è un’allergia vera a 5-6-7 sostanze o sono delle cosiddette reazioni crociate che vanno valutate per la loro importanza. Questo tipo di diagnostica ci serve per capire chi potrà beneficiare dell’immunoterapia specifica, il famoso vaccino per le allergie».
Per il trattamento della rinite allergica e dell’asma bronchiale si seguono le linee guida internazionali. Si tratta di una strategia “a gradini” calibrata sulla gravità dei sintomi e sulle caratteristiche individuali del paziente. «La terapia farmacologica si personalizza sul paziente per ottenere un controllo ottimale della malattia. L’obiettivo è far sì che il paziente assuma questi farmaci – evidenzia Rossi – perché l’ostacolo maggiore è la mancata aderenza al trattamento, come per tutte le malattie croniche. Avere un’infiammazione cronica necessita di un trattamento costante e per periodi anche lunghi. L’altro aspetto educazionale riguarda il comportamento ambientale. Bisogna spiegare come evitare il contatto con gli acari, l’esposizione al fumo di sigaretta, gli inquinamenti atmosferici ma anche l’assunzione di farmaci e alimenti che potrebbero aumentare o scatenare la sintomatologia».
«Gli antileucotrieni troverebbero indicazione ideale nel paziente che soffre sia di rinite che di asma bronchiale. Con questo farmaco riusciamo a trattare entrambe le patologie. Inoltre, ci dà dei vantaggi sicuramente importanti: può consentire di controllare meglio i sintomi, in certi casi di ridurre il dosaggio degli antistaminici in chi ha la rinite o in chi non li tollera e dei corticosteroidi per uso inalatorio». I vantaggi degli antileucotrieni sono molteplici: possono essere assunti dalle donne in gravidanza sia per la rinite che per l‘asma bronchiale. Hanno un’efficacia rilevante nell’asma da sforzo per gli sportivi e non rientrano nella normativa relativa al doping. «L’ultima indicazione che vorrei segnalare – conclude il professore – sono i pazienti con rinite, asma e con rinosinusite cronica con poliposi nasale per i quali gli antileucotrieni risultano particolarmente efficaci».
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