Il medico di guardia che non visita a domicilio una paziente grave può incorrere in un reato penale. Così la Cassazione in una recente sentenza
Il medico di guardia non può esimersi dal visitare a domicilio un paziente se questi è in condizioni particolarmente difficili. Così sostiene una recente sentenza della Cassazione, la 44057/2022 dello scorso ottobre. Il tema del rapporto tra medico di guardia e visita domiciliare è indubbiamente molto controverso, ma quest’ultima pronuncia degli ermellini chiarisce piuttosto bene alcuni punti dirimenti della questione. Vediamo meglio di seguito il caso.
La corte d’appello di Torino sostanzialmente conferma – riducendone il peso – la condanna per omissione di atti d’ufficio ad un medico di guardia. Costui si era rifiutato a suo tempo di recarsi in visita da una paziente anziana non deambulante, dopo che il figlio di questa aveva denunciato al 118 le gravi difficoltà respiratorie della signora.
Due i motivi del ricorso in cassazione da parte del medico della continuità assistenziale.
Con il primo motivo, il ricorrente sostiene l’errata applicazione dell’Art.328 del Codice Penale (Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione). La visita domiciliare da parte del medico di guardia non è affatto obbligatoria, si sostiene, bensì discrezionale, ovvero rimessa alla decisione del professionista. Nel caso specifico, si sottolinea non solo come la centralinista del 118 avesse assegnato “codice bianco” alla chiamata del figlio della paziente, ossia una condizione di salute tale da non richiedere alcuna assistenza d’urgenza, ma anche come lo stesso collega del ricorrente, recatosi a visita dalla signora dopo il rifiuto di quest’ultimo, avesse confermato lo stesso codice, ribadendo con ciò l’insussistenza di alcun serio rischio per la salute.
Con il secondo motivo viene contestata l’applicazione della legge penale, in quanto il dolo – nel caso in questione – non parrebbe sussistere: «[…] per la sussistenza del dolo occorre che l’agente rifiuti di porre in essere un atto che sa di dover compiere senza ritardo, ciò che nella fattispecie secondo la valutazione del ricorrente, ex post rivelatasi peraltro corretta, non era».
In relazione al primo motivo gli ermellini, pur riconoscendo la discrezionalità del medico di continuità assistenziale nel valutare – caso per caso – il da farsi con il paziente, riportano un passaggio del Manuale per il medico di continuità assistenziale, approvato dal Comitato permanente aziendale della ASL competente. In esso si legge che il medico «[…] deve valutare, sotto la propria responsabilità, l’opportunità di fornire un consiglio telefonico, recarsi al domicilio per una visita, invitare l’assistito in ambulatorio», Ora, appurato il fatto che pareva impossibile far giungere in ambulatorio la paziente, viste la difficoltà di deambulazione, il medico di guardia non avrebbe però neppure effettuato un reale consulto telefonico. Non può infatti considerarsi tale né la richiesta di far intervenire una ambulanza né il consiglio di recarsi dal medico curante il giorno successivo. Inoltre, durante la sommaria telefonata, il professionista non si sarebbe neanche preoccupato di ricostruire un, se pur impreciso, quadro clinico della paziente, ossia l’unico elemento reale che avrebbe potuto giustificare il diniego ad una visita domiciliare.
Il fatto che il collega del ricorrente, essendosi recato in visita, abbia ex post confermato il codice bianco, non modifica la valutazione sull’operato dell’imputato.
Anche il secondo motivo, addotto dal ricorrente, viene dai giudici contestato. Il dolo è infatti rilevabile in quanto già al momento della telefonata il professionista – sulla base delle condizioni della paziente – avrebbe dovuto considerare indifferibile l’atto d’ufficio e pertanto recarsi a visita.
Di conseguenza, il ricorso è considerato inammissibile.
La strategia difensiva impostata dal medico di guardia si è rivelata non soddisfacente, portando il professionista al pagamento delle spese processuali e di un ulteriore somma in favore della Cassa delle Ammende. In casi come questi è sempre bene sapersi protetti anche sul piano della difesa legale, con una buona polizza assicurativa. SanitAssicura offre una consulenza specifica sul tema. Val la pena approfittarne.
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