La pandemia ha avuto un impatto maggiore sulle donne sia in termini sanitari che sociali. Il quadro tracciato nel libro bianco di Fondazione Onda e Farmindustria “Criticità emergenti nell’era post Covid-19. Nuove opportunità della medicina territoriale” evidenzia la necessità di una riorganizzazione di genere nel Ssn
La pandemia da Covid ha gravato maggiormente sulle donne. Secondo i dati dell’ European Institute for Gender Equality, pubblicati nell’ottava edizione del libro bianco di Fondazione Onda, dei 49 milioni di professionisti impiegati nel settore sanitario – dunque maggiormente esposti al virus -, il 76 percento degli infermieri e il 52 percento dei medici è donna. Ancora più significativo l’impatto che la pandemia ha avuto da un punto di vista sociale sulle donne che rappresentano l’80 percento dei caregiver e che hanno dovuto sostenere carichi di lavoro maggiori a causa della interruzione delle attività scolastiche, dei servizi per l’infanzia e per gli anziani. Se a tutto questo aggiungiamo che la violenza contro le donne è cresciuta a causa dei lunghi periodi di lockdown e dei problemi annessi di natura psico fisica ed economica, ne esce un quadro preoccupante. Per contro occorre anche dire che nello scenario che si profila per la sanità del futuro il ruolo della donna sarà sempre più determinante. Quindi alle maggiori difficoltà faranno da contrappeso le maggiori opportunità che si profilano.
«Nella visione della evoluzione della sanità del futuro verso una medicina sempre più personalizzata e di prossimità non possiamo non avere come target di riferimento anche la differenziazione di genere per soddisfare al meglio i bisogni dei pazienti – ha commentato la Senatrice Maria Cristina Cantù, vice presidente della commissione affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale alla presentazione del volume realizzato da Fondazione Onda – anche mediante l’uso dell’intelligenza artificiale e potenziando il rapporto tra ospedale e territorio. In questo scenario, il ruolo di Farmindustria sarà determinante al fine di fornire alle donne una prospettiva di miglioramento della qualità di vita soprattutto in età adulta e geriatrica grazie all’innovazione farmacologica».
Il libro di Fondazione Onda pone dunque l’accento su quanto debba essere fatto per risolvere le criticità emerse in modo evidente durante la recente pandemia, anche da un punto di vista legislativo per una equa fruibilità e accessibilità dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e sociosanitaria territoriale, andando ad investire sia sul versante organizzativo-strutturale che di capitale umano e formazione, puntando su telemedicina, rete territoriale di prossimità e valorizzazione delle nuove professionalità integrate a medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali e farmacie dei servizi.
«La medicina territoriale deve essere coinvolta sia nella formazione che nell’arruolamento dei pazienti secondo protocolli integrati ospedale-territorio e nell’ottimizzazione dei percorsi diagnostico terapeutici delle patologie croniche – ha aggiunto la senatrice Cantù -. Imperativo deve essere indirizzare la ricerca verso le differenze di genere. Questa strategia permetterà di recuperare strutturalmente i ritardi maturati nella diagnosi precoce, nella cura di molte delle patologie durante la pandemia da Covid con un decisivo potenziamento della medicina territoriale». Un impegno che la senatrice Cantù sta portando avanti anche con un disegno di legge (227) di prossima pubblicazione che prevede maggiore centralità per il medico di base, quale garante della continuità assistenziale del paziente e dell’effettiva presa in carico dei suoi bisogni e delle cronicità, con l’ausilio di sistemi quale la telemedicina e con un supporto specialistico diagnostico integrato alla rete territoriale di prossimità.
Sempre più donne, dunque, impegnate a curare altre donne, essendo queste più longeve, ma che ancora non ricoprono ruoli apicali nella sanità e quindi non sono in grado di incidere nelle politiche sanitarie. «Per questo motivo il potenziamento della prossimità, la transizione digitale e l’integrazione ospedale territorio, che sono i perni del PNRR, devono per forza passare attraverso una riorganizzazione dei ruoli di tutte le figure sanitarie professionali – ha sottolineato Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione Onda -, ma anche attraverso un cambio di paradigma che faciliti le carriere femminili». Al riguardo uno studio della Bocconi ha evidenziato che solo il 32 percento dei direttori di struttura semplice negli ospedali sono donne, un dato che si riduce al 16 percento quando si parla di struttura complessa. Dei 28 IRCCS pubblici e 32 privati, poi, solo 4 hanno come direttore scientifico una donna. «Qualcosa deve cambiare e l’esempio può arrivare proprio dalle aziende del farmaco dove esistono realtà, dove la percentuale di donne impiegate nella ricerca è maggiore e dove esiste un’attenzione in termini di welfare non indifferente» ha posto l’’accento Merzagora.
Il settore farmaceutico è primo al mondo per ricerca e innovazione con 1,7 miliardi di euro all’anno e ciò che lo contraddistingue è l’essere il settore manufatturiero con la quota rosa più alta. «Oggi il ruolo femminile nel settore farmaceutico è la massima espressione, il che significa una media del 40 percento di rappresentanza femminile, ovvero circa 70 mila in Italia, con punte che arrivano anche all’80/90 percento nella ricerca, dove le competenze scientifiche, tecnologiche e digitali sono massime – ha fatto notare Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria – ma lo sforzo che stiamo facendo è anche quello di aumentare l’equità, ad esempio, e ridurre il gap salariale. Oggi le nostre aziende sono impegnate in politiche che vanno in questa direzione e cerchiamo di essere un settore di riferimento per aiutare a colmare il gap che il nostro paese ha nei confronti delle donne che vogliono conciliare carriera e famiglia. Per noi questo è uno stimolo forte al pari di quello che il settore mette nella ricerca e sviluppo anche perché dove ci sono donne al vertice c’è più umanità, tolleranza e inclusione. In questo ambito però molto è ancora da fare».
«Negli ultimi anni però c’è stato un importante cambio di paradigma – ha puntualizzato Maria Domenica Castellone vicepresidente del Senato -. Per la prima volta, infatti, si parla concretamente di parità di genere tanto che nella scorsa legislatura è stata approvata una legge che ha l’obiettivo di colmare sempre più il gap salariale tra uomini e donne». In sanità il 70 percento è donna, ma poche sono le professioniste in ruoli dirigenziali e in ambito universitario. Al riguardo è stato recentemente presentato in Senato il progetto “Donne protagoniste in sanità”, una community di professioniste che vogliano dare il proprio contributo ai decisori politici su come fare per conciliare sempre meglio gli impegni e i carichi socioassistenziali che ricadono soprattutto sulle donne.
«Molto c’è ancora da fare perché le donne possano essere protagoniste e possano conciliare al meglio vita famigliare e vita lavorativa – ha ribadito Castellone -. È opportuno investire nell’assunzione del personale, oggi carente (mancano 20 mila MMG, 70 mila infermieri e con i prossimi pensionamenti 100 mila medici ospedalieri); nell’adeguamento dei salari del personale al resto d’Europa e anche nei concorsi, in alcuni ambiti come il pronto soccorso non ci sono candidati perché i turni sono massacranti. Occorre fare prevenzione e potenziare gli screening che sono fondamentali anche coinvolgendo le farmacie territoriali. Infine, è importante immaginare un nuovo ruolo integrato della sanità privata e pubblica e una governance farmaceutica più oculata in cui il SSN rimborsi terapie molto costose quando queste possano fare la differenza tra la vita e la morte, evitare ricoveri e migliorare la qualità di vita del paziente che a lungo andare può diventare un risparmio di spesa e un rapporto tra Stato centrale e regioni che diventi sempre più costruttivo».
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