Scarsa attrattività delle professioni nell’attuale sistema sanitario e forte carenza di personale che dal DM 77 in poi deve essere invece impegnato nella fase post pandemica per rilanciare l’assistenza pubblica. Queste le priorità su cui si è articolato il primo incontro del Ministro Schillaci con le dieci Federazioni nazionali delle professioni sociosanitarie
Scarsa attrattività delle professioni nell’attuale sistema sanitario (troppi professionisti “fuggono” dal Ssn), forte carenza di personale che dal DM 77 in poi deve essere invece impegnato nella fase post pandemica per rilanciare l’assistenza pubblica. Queste le priorità su cui si è articolato il primo incontro del Ministro Orazio Schillaci con le dieci Federazioni nazionali delle professioni sociosanitarie che rappresentano oltre 1,5 milioni di professionisti e che hanno ascoltato il Ministro e manifestato la preoccupazione che possa esserci una sottovalutazione dell’impegno di chi oggi opera nella sanità pubblica.
Le Federazioni sostengono l’irrinunciabilità di una rappresentanza comune perché il Ssn non può che basarsi sulla collaborazione tra professioni sociosanitarie e la preoccupazione è che il sistema è stato sì finanziato, ma quasi nulla è andato ai professionisti. E il Ministro Schillaci ha proposto un Osservatorio nazionale con tutti gli stakeholder del sistema sanità in grado di raccogliere i consigli di chi lavora in prima persona nel mondo della sanità, per cercare di superare e migliorare le tante difficoltà che oggi sono presenti nel Ssn, dove società scientifiche, sindacati e federazioni possano trovare le soluzioni ai problemi attuali del sistema sanitario pubblico.
Primo problema da risolvere: il sistema è sempre meno attrattivo e questo compromette la tenuta del Ssn. «Si assiste a una riduzione dell’efficacia del servizio pubblico e a una spinta verso il mercato che si organizza in maniera diversa da quelli che sono gli obiettivi del Ssn – si legge in una nota -. È necessario invece affrontare i temi come quello della carenza, a 360° perché non si parli solo di alcune professioni, ma di tutte, comprese quelle tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e sociali».
Il Ministro ha confermato ai rappresentanti di medici e odontoiatri, infermieri, farmacisti, tecnici sanitari, professioni della riabilitazione e della prevenzione, chimici, fisici, veterinari, psicologi, assistenti sociali, ostetriche, biologi, la disponibilità a un confronto, ad ascoltare e capire le esigenze di chi opera nel Ssn con la volontà di incentivare chi per il Ssn ha dato e dà tanto. E ha assicurato che non si tratta solo di un’incentivazione economica per quanto possibile, ma anche in termini di motivazione e di attrattività, grazie a una migliore organizzazione del lavoro.
Giudizio positivo delle professioni sulle parole del ministro perché, hanno sottolineato, non si può pensare che dopo la pandemia si possa tornare a una situazione analoga a quella pre-Covid e finora le risorse del PNRR hanno riguardato solo strutture e non personale, con il rischio di vanificare gli sforzi fatti finora.
Le Federazioni delle professioni sanitarie hanno anche ricordato al ministro che altri aspetti da affrontare: il superamento dell’esclusività del rapporto di impiego che permetterebbe un recupero di risorse umane avviando un processo di deburocratizzazione del sistema, una maggiore formazione e specializzazione e un’evoluzione della formazione continua (ECM) perché sia maggiormente mirato alle reali esigenze dei cittadini, un recupero certo e immediato delle prestazioni preste durante la pandemia.
«E si deve pensare – hanno concluso – a migliorare l’assistenza, ma anche la prevenzione e le altre attività che consentono un reale miglioramento della salute e del benessere dei cittadini, obiettivo comune di tutte le professioni».
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