Stanchezza, brividi, dolore alle ossa e ai muscoli. Poi anche febbre che appare bruscamente, tosse, mal di gola, raffreddore, congiuntivite e mal di testa. L’influenza australiana può mettere KO
Stanchezza, brividi, dolore alle ossa e ai muscoli. Poi anche febbre che appare bruscamente, tosse, mal di gola, raffreddore, congiuntivite e mal di testa. L’influenza australiana può mettere KO. Se ci si basa su quanto è accaduto negli scorsi mesi in Australia, dove la stagione influenzale ha raggiunto un picco di casi circa 3 volte superiore alla media di quel periodo e lo ha fatto circa due mesi prima della norma. Il picco nel nostro paese, secondo le previsioni degli esperti, sarà raggiunto proprio in questi giorni. «Con l’influenza australiana sarà una bella stagione tosta», conferma Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi di Milano.
«L’influenza – si legge su Epicentro dell’Istituto superiore di sanità (Iss) – è contraddistinta da un repentino manifestarsi di sintomi generali e respiratori, dopo un’incubazione in genere abbastanza breve (circa 1-2 giorni) e che durano solitamente per 3-4 giorni, potendo tuttavia prolungarsi per una/due settimane. La maggior parte delle persone guarisce entro una settimana senza che siano necessarie cure mediche e nei soggetti sani è raro che insorgano complicazioni». Particolare attenzione va riservata, quindi, alle categorie «fragili», come le donne in gravidanza, i bambini fra i 6 mesi e i 5 anni, anziani, pazienti con malattie croniche o sottoposti a terapie che indeboliscono il sistema immunitario, obesi gravi e personale sanitario.
«Le persone in forma e sane, di solito – spiega Epicentro – non hanno necessità di consultare un medico nel caso in cui contraggano l’influenza o abbiamo sintomi simil-influenzali. Il miglior rimedio è il riposo a casa, stare al caldo e bere molta acqua per evitare la disidratazione. Si può assumerne se necessario, paracetamolo o ibuprofene per abbassare la temperatura se la febbre è elevata e alleviare i dolori; astenersi dal lavoro o da scuola fino alla guarigione che per la maggior parte delle persone, richiede circa una settimana». Se sono invece presenti condizioni di rischio, o altre situazioni di fragilità, si consiglia di prendere in considerazione una visita dal medico di famiglia. «In particolare – spiega l’Iss – nel caso di: soggetti di 65 anni di età o oltre, donne incinte, presenza di malattie croniche, indebolimento del sistema immunitario – per esempio, per chemioterapia, se si sviluppa dolore al petto, mancanza di respiro o difficoltà di respirazione, o tosse con sangue, peggioramento del quadro clinico dopo una settimana. In queste situazioni, potrebbe essere necessaria una terapia farmacologica per attenuare i sintomi e aiutare a recuperare più rapidamente.
Esistono due classi di farmaci antivirali impiegabili nell’influenza: gli inibitori della neuraminidasi (oseltamivir -Tamiflu e zanamivir -Relenza) e gli inibitori della proteina virale M2 (amantadina e rimantadina). L’impiego degli antivirali è stato oggetto di un vivace dibattito e, attualmente, le indicazioni espresse dalle linee guida dell’Oms e dell’Ecdc concordano nel limitarlo a casi selezionati. «L’uso di routine – si legge su Epicentro – non è appropriato, data l’irrilevanza degli esiti (riduzione statisticamente significativa ma non clinicamente significativa del decorso: diminuzione di circa un giorno della febbre negli adulti e di circa mezza giornata nei bambini), a fronte della possibilità di eventi avversi (nausea, vomito, disturbi neuropsichiatrici, alterazioni della funzione renale), oltre che di fenomeni di resistenza. In ogni modo devono essere somministrati precocemente (al massimo entro 48 dall’insorgenza dei sintomi)».
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