Il comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi ha preparato e diffuso un documento in cui informa sui fenomeni di discriminazione che molti ex pazienti oncologici devono subire quotidianamente; illustra il quadro delle normative adottate sul tema da altri Paesi Europei e la posizione delle istituzioni UE; e avanza alcune raccomandazioni in merito all’auspicata futura disciplina italiana sul diritto all’oblio oncologico
Dopo la guarigione ogni persona che ha sconfitto un tumore merita di tornare alla propria vita, senza discriminazioni in base alla propria storia clinica. Per questo è necessario «agire subito per il riconoscimenti in Italia del diritto all’oblio oncologico». Questo, in estrema sintesi, è il messaggio contenuto in un documento realizzato e diffuso dal comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi. Nel documento vengono messi in evidenza i fenomeni di discriminazione che molti ex pazienti oncologici subiscono quotidianamente; il quadro delle normative adottate sul tema da altri paesi europei e la posizione delle istituzioni UE; e alcune raccomandazioni in merito all’auspicata futura disciplina italiana sul diritto all’oblio oncologico.
Negli ultimi trent’anni lo sviluppo di nuovi percorsi diagnostici e di cura ha permesso una crescita costante della popolazione guarita da neoplasie, per cui oggi si stima che, a cinque anni dalla diagnosi oncologica, 3 persone su 5 siano ancora in vita, e i dati relativi ai pazienti in età pediatrica sono ancora più incoraggianti. In Europa, vi sono 20 milioni di persone ancora in vita dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore, il cui 35% appartiene al gruppo dei cosiddetti «lungo sopravviventi». Tuttavia, superare la malattia a livello clinico, non significa smettere di essere considerati dei «pazienti».
«Infatti, per accedere ad alcuni servizi finanziari, bancari e assicurativi spesso le persone devono dichiarare le neoplasie da cui sono state affette in passato, e pertanto possono essere classificate come clienti “a rischio”, con conseguente aggravio del trattamento», spiega Fondazione Veronesi. Secondo un’indagine della Irish Cancer Society, il 75% delle persone colpite dal cancro pensa di non essere stata trattata in modo equo riguardo all’accesso ai servizi finanziari. Inoltre, essere sopravvissuti a una diagnosi oncologica può altresì influenzare in alcuni casi il giudizio di idoneità all’adozione, e dunque alla genitorialità.
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Per tutelare gli ex pazienti oncologici da queste forme di discriminazione, negli ultimi anni diversi paesi europei hanno deciso di dotarsi di legislazioni a favore del riconoscimento del cosiddetto «diritto all’oblio oncologico»: lo scopo di queste normative è quello di stabilire dei termini temporali oltre i quali, dopo la guarigione, gli operatori finanziari e altre realtà non possono più esigere informazioni in merito alla storia clinica pregressa di chi è guarito da un tumore. Inoltre, con risoluzione del 16 febbraio 2022, il Parlamento europeo ha chiesto che – entro il 2025 – tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all’oblio oncologico agli ex pazienti dopo dieci anni dalla fine del trattamento (tale termine è ridotto a cinque anni per i pazienti minori d’età).
Su esempio delle altre esperienze europee, nella passata Legislatura è stato presentato al Senato della Repubblica un disegno di legge recante «Disposizioni in materia di parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche», al fine di introdurre anche in Italia il diritto all’oblio oncologico, che tuttavia non è stato mai tradotto in testo normativo. Nel parere rilasciato recentemente il comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi, oltre ad auspicare la rapida adozione da parte del legislatore di una disciplina nazionale in materia, evidenzia altri aspetti di cui il dibattito pubblico e la discussione parlamentare dovrebbe tenere conto, al fine di riconoscere maggiori livelli di garanzia della dignità e dell’eguaglianza delle persone guarite da neoplasia.
«Solo implementando tutti questi accorgimenti, saranno adeguatamente garantiti i diritti, la salute e la dignità degli ex pazienti oncologici, evitando così che una diagnosi di tumore si traduca in una sorta di “doppia condanna”: la prima inflitta dalla malattia, e la seconda inflitta dallo stigma che permane anche dopo la guarigione», conclude Fondazione Veronesi.
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